In base alle più comuni definizioni della parola passione, sembra delinearsi un quadro nel quale alcuni stati emotivi — alcuni relativamente stabili alcuni altri no — presentano fondamentalmente il carattere dell’eccesso e della sofferenza acuta. Delle passioni, più in particolare, sulla base della definizione del dizionario, appare dominante il carattere perturbante: la ragione, il giudizio, l’equilibrio, a loro contrapposti, sono condannati a subirne, a patirne, gli attacchi. L’universo del non-razionale, in tal senso, apparirebbe contraddistinto, non solo dall’assenza del logos, ma dalla presenza di slanci esplosivi volti alla negazione e alla distruzione di questo. Tra l’irrazionale, l’irragionevole e l’eccessivo costituirebbero una forza dirompente, difficilmente controllabile. Tali definizioni, in realtà, sembrano riprendere, semplificandola, la lunghissima e complessa tradizione che dall’epica omerica alle scienze cognitive contemporanee ha affrontato il tema delle passioni. Ad una di esse, quella primigenia dell’ira, è dedicato questo contributo di indagine lessico-sintattica. E’ possibile rintracciare l’ira (o il suo più immediato sinonimo rabbia) nella manualistica della psicologia delle emozioni. Ad esempio in essa si legge come la rabbia (o ira) sia un’emozione tipica considerata fondamentale e inclusa tra i “sette vizi capitali” anche se, diversamente dall’odio che è definito un tipico stato di lunga durata, l’ira presenta il carattere di un’accensione momentanea. Essa costituisce una fra le più precoci tra le emozioni insieme alla gioia e al dolore, ed è considerata come “la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione sia fisica che psicologica” e insieme al disgusto e al disprezzo fa parte della cosiddetta “triade dell’ostilità”. Per quanto sia sottoposta ad una forte pressione sociale negativa, essa colpisce individui di ogni classe ed età. Ad un “volto dell’ira” si accompagnano anche condizioni fisiche particolari come l’aumento del battito cardiaco e la respirazione accelerata ed irregolare. A ciò si associa anche un quadro sintetico dell’immagine dell’arrabbiato nel quale quasi ognuno può facilmente riconoscersi anche nelle modalità linguistico-comunicative: uso del tu, frasi tronche, espressioni dialettali, coprolaliche, a sfondo sessuale, uso di forme imperative ecc. Anche se probabilmente è tanto diffusa tra gli uomini come tra le donne, diverso è il grado di accettazione sociale rispettivo, infatti il giudizio negativo è più forte nei confronti delle seconde. Si può notare come vi siano molti termini della lingua che fanno riferimento a questa reazione emotiva. Infatti, ira, collera e rabbia sono considerati, in italiano, sinonimi di uno stato emotivo intenso, mentre se ne registrano altri che descrivono lo stesso sentimento ma in intensità minore (irritazione, fastidio, corruccio, impazienza) e anche qualcuno che, invece, ne accentua l’intensità (esasperazione, furore), oppure altri come accanimento che ne indicano il protrarsi. Si può notare ancora con gli autori, come in italiano sembri dominante la localizzazione e le conseguenze della rabbia nel corpo (non ci vide più dalla rabbia, si rodeva il fegato), l’espressione linguistica di una dimensione di passività e di patologia (è stato più forte di me, perdere le staffe, pazzo di rabbia) e la convinzione che il controllo della rabbia faccia male alla salute fisica ancor più che a quella mentale (se non glielo dicevo sarei scoppiato, era così controllato che gli è venuto l’ulcera, la cirrosi).

Grammatiche lessicalmente esaustive delle passioni. Il caso dell'Io collerico. Le forme nominali

D'AGOSTINO, Emilio
2004-01-01

Abstract

In base alle più comuni definizioni della parola passione, sembra delinearsi un quadro nel quale alcuni stati emotivi — alcuni relativamente stabili alcuni altri no — presentano fondamentalmente il carattere dell’eccesso e della sofferenza acuta. Delle passioni, più in particolare, sulla base della definizione del dizionario, appare dominante il carattere perturbante: la ragione, il giudizio, l’equilibrio, a loro contrapposti, sono condannati a subirne, a patirne, gli attacchi. L’universo del non-razionale, in tal senso, apparirebbe contraddistinto, non solo dall’assenza del logos, ma dalla presenza di slanci esplosivi volti alla negazione e alla distruzione di questo. Tra l’irrazionale, l’irragionevole e l’eccessivo costituirebbero una forza dirompente, difficilmente controllabile. Tali definizioni, in realtà, sembrano riprendere, semplificandola, la lunghissima e complessa tradizione che dall’epica omerica alle scienze cognitive contemporanee ha affrontato il tema delle passioni. Ad una di esse, quella primigenia dell’ira, è dedicato questo contributo di indagine lessico-sintattica. E’ possibile rintracciare l’ira (o il suo più immediato sinonimo rabbia) nella manualistica della psicologia delle emozioni. Ad esempio in essa si legge come la rabbia (o ira) sia un’emozione tipica considerata fondamentale e inclusa tra i “sette vizi capitali” anche se, diversamente dall’odio che è definito un tipico stato di lunga durata, l’ira presenta il carattere di un’accensione momentanea. Essa costituisce una fra le più precoci tra le emozioni insieme alla gioia e al dolore, ed è considerata come “la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione sia fisica che psicologica” e insieme al disgusto e al disprezzo fa parte della cosiddetta “triade dell’ostilità”. Per quanto sia sottoposta ad una forte pressione sociale negativa, essa colpisce individui di ogni classe ed età. Ad un “volto dell’ira” si accompagnano anche condizioni fisiche particolari come l’aumento del battito cardiaco e la respirazione accelerata ed irregolare. A ciò si associa anche un quadro sintetico dell’immagine dell’arrabbiato nel quale quasi ognuno può facilmente riconoscersi anche nelle modalità linguistico-comunicative: uso del tu, frasi tronche, espressioni dialettali, coprolaliche, a sfondo sessuale, uso di forme imperative ecc. Anche se probabilmente è tanto diffusa tra gli uomini come tra le donne, diverso è il grado di accettazione sociale rispettivo, infatti il giudizio negativo è più forte nei confronti delle seconde. Si può notare come vi siano molti termini della lingua che fanno riferimento a questa reazione emotiva. Infatti, ira, collera e rabbia sono considerati, in italiano, sinonimi di uno stato emotivo intenso, mentre se ne registrano altri che descrivono lo stesso sentimento ma in intensità minore (irritazione, fastidio, corruccio, impazienza) e anche qualcuno che, invece, ne accentua l’intensità (esasperazione, furore), oppure altri come accanimento che ne indicano il protrarsi. Si può notare ancora con gli autori, come in italiano sembri dominante la localizzazione e le conseguenze della rabbia nel corpo (non ci vide più dalla rabbia, si rodeva il fegato), l’espressione linguistica di una dimensione di passività e di patologia (è stato più forte di me, perdere le staffe, pazzo di rabbia) e la convinzione che il controllo della rabbia faccia male alla salute fisica ancor più che a quella mentale (se non glielo dicevo sarei scoppiato, era così controllato che gli è venuto l’ulcera, la cirrosi).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1068513
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