L’art. 1 del nuovo codice del consumo è espressione di una nuova sensibilità manifestata dal nostro ordinamento giuridico alle problematiche connesse alla qualità e all’efficienza dei servizi pubblici. Si impone quindi, la necessità di individuare una serie di misure idonee ad assicurare, da un lato, un buon livello delle prestazioni e, dall’altro, la tutela dell’utente, in forma singola o associata, perché siano effettivamente osservati gli standard qualitativi altrove precisati. Tale novità segna una decisa inversione di tendenza rispetto al passato: difatti, la posizione di supremazia assoluta rivestita dai pubblici poteri in questo settore, nel quale hanno agito per lungo tempo da monopolisti, unitamente all’idea che l’interesse pubblico sotteso all’organizzazione di tali servizi fosse riferibile solo ad una collettività astratta di fruitori, avevano fatto sì che l’interesse dell’utente concretamente destinatario dei servizi, anche di quelli essenziali allo sviluppo della propria identità, beneficiasse di forme di tutela solo indirette, quando addirittura non risultava del tutto soccombente di fronte al potere di gestione unilateralmente esercitato dai vari enti erogatori. L’importanza del profilo qualitativo del servizio erogato è frutto, in realtà, di un ripensamento verificatosi internamente al sistema dei principi operanti in ambito comunitario, all’indomani della sottoscrizione ed entrata in vigore del Trattato di Amsterdam:i principi ispiratori della politica economica perseguiti dalla Comunità, fondati sull’idea della realizzazione di una economia di mercato aperta, svolta secondo le regole della libera concorrenza, subiscono oggi un parziale temperamento a seguito dell’affermarsi dei valori di coesione sociale e territoriale, menzionati dal nuovo art. 16, il quale sancisce, altresì, l’obbligo per Comunità e Stati membri di provvedere affinché i servizi di interesse economico generale funzionino in base a criteri e condizioni idonei ad assolvere i loro compiti. Anzi, proprio l’affermarsi delle regole di mercato ha imposto agli Stati membri di prevedere una serie di deroghe alla loro generalizzata applicazione, almeno in tutti i casi in cui il regime comune non sia in grado di far adempiere alla missione di interesse pubblico a tali servizi attribuita: la creazione di un mercato comune ed aperto, in sostanza, non deve essere di danno per i fruitori dei servizi pubblici in termini di una riduzione della qualità e quantità delle prestazioni che devono garantire gli Stati membri. Un insieme minimo di prestazioni – il cd. servizio universale -, quindi, deve sempre poter essere assicurato, in nome del valore della solidarietà sociale e, laddove esse presentino carattere di antieconomicità, si giustifica la previsione dell’esenzione dalle regole della concorrenza, e quindi, la concessione di diritti esclusivi, quale meccanismo compensatorio, atto a permettere una gestione complessivamente redditizia dell’attività. Anche se le stesse regole competitive di per sé potrebbero contribuire a migliorare gli standard qualitativi delle prestazioni, tuttavia, non è comunque possibile, soprattutto per la maggior parte dei servizi a rete, ritenere del tutto compiuto il processo di liberalizzazione e, quindi, in diversi settori i benefici della concorrenza non si sono ancora avvertiti. Laddove vi sia stata una effettiva privatizzazione dei servizi, invece, l’interlocutore dell’utente è un soggetto formalmente e sostanzialmente privato che, agendo con regole imprenditoriali, tende, per il conseguimento del suo stesso interesse, a soddisfare le domande della clientela -utenza, ma solo nella misura in cui la prestazione del servizio richiesto appaia remunerativa per la sua attività. L’esigenza di tutela dell’utente, attraverso meccanismi che vincolino l’impresa a fornire prestazioni di un buon livello qualitativo rappresenta quindi in buona parte un bilanciamento delle situazioni di squilibrio prodotte dal processo di privatizzazione, con l’effetto che ora le imprese erogatrici sono vincolate agli standard qualitativi individuati dal contratto, tanto nei confronti del potere pubblico che degli utenti. L’art. 101, in commento, qualifica come diritti (e non come interessi legittimi) le situazioni giuridiche connesse agli adeguati livelli qualitativi delle prestazioni perseguiti dalle normative vigenti in materia, facendo trasparire di conseguenza, l’idea che il rapporto con la p.a. in questo campo- nel quale, peraltro, l’amministrazione agisce spesso iure privatorum- è assimilabile al rapporto privatistico, normalmente intercorrente tra produttore e consumatore. L’amministrazione stessa, però, deve anche farsi garante, per ogni servizio conferito a privati, della predisposizione e osservanza di meccanismi di protezione che conservino intatti gli interessi degli utenti a fronte degli interessi, prettamente economici, degli operatori medesimi. Tale funzione di garanzia viene distribuita dalla norma in commento in via paritaria a Stato e Regioni, in base alle rispettive competenze, con un margine assai ristretto per le scelte discrezionali dirette degli operatori. A parte i compiti attribuiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, volti a determinare le regole che sovrintendono alla emanazione delle carte dei servizi e, per i servizi degli enti locali, da adottare d’intesa con la conferenza unificata Stato- Città ed Autonomie locali e Stato- Regioni, un ruolo preminente nel sistema delle tutele lo rivestono altresì le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Collocate a livello istituzionale in una peculiare posizione di neutralità, esse sono deputate, tra l’altro, a regolamentare i settori in relazione ai quali sono state istituite e a vigilare su tariffe e qualità dei servizi pubblici erogati. Pertanto, in determinati settori, gli standard di qualità del servizio non sono più rimessi alle determinazioni unilaterali degli enti erogatori, ma vengono imposti dalle citate Autorità, alle quali sono attribuite una pluralità di ulteriori funzioni, tra cui quelle di controllo sulle modalità di accesso al servizio, sul suo svolgimento e sulla effettiva e corretta adozione della carta di servizio da parte dei soggetti esercenti, nonché la valutazione dei reclami degli utenti, la irrogazione di sanzioni per la inosservanza dei propri provvedimenti e l’imposizione di un indennizzo per comportamenti lesivi dei diritti degli utenti. Comunque, un ruolo chiave nella concreta realizzazione di questo complesso sistema di tutela è rivestito dalle Regioni, in quanto, per ogni servizio riguardante settori di loro competenza, spetta a queste ultime la titolarità delle funzioni relative alla individuazione degli indicatori oggettivi di qualità, alla predisposizione dei sistemi di monitoraggio. Il comma 3° dell’art. 101, poi, chiama in causa le associazioni di consumatori e utenti, attraverso le quali è assicurata agli utenti la partecipazione ai procedimenti di definizione e valutazione degli standard. Vanno inoltre considerate le carte dei servizi, cui è dato il compito di dare contenuto effettivo alle singole prestazioni che gli utenti hanno diritto di ottenere in modo da rendere concreta la sostanza della pretesa degli utenti medesimi: esse contribuiscono infatti a trasmettere quelle informazioni necessarie affinché l’utente possa compiere la sua valutazione in ordine alla rispondenza del servizio rispetto alle previsioni normative e, dunque, in ordine alla effettiva attuazione dei suoi diritti. Detto ciò, va, tuttavia, rilevato che l’art. 101 non contempla apposite misure di tutela dell’utente, per l’ipotesi che questi non riesca a conseguire delle prestazioni rispettose degli standard qualitativi prefissati, cui pure, ha diritto, in base al 2° comma. I mezzi di tutela giudiziali e di composizione extragiudiziale, come la dichiarazione della vessatorietà delle clausole, le azioni inibitorie e il diritto di recesso previsti espressamente dal codice a favore del consumatore e dell’utente, possono trovare applicazione in caso di atti e comportamenti lesivi posti in essere nei loro confronti, nell’ambito dello svolgimento di un rapporto privatistico ma le uniche misure predisposte dall’ordinamento sono quelle a tutela della p.a., nell’esercizio della propria capacità contrattuale o dei suoi poteri autoritativi, le quali presentano, solo in via mediata, una certa forza deterrente per contrastare l’inerzia o la non corretta attività degli soggetti erogatori, rispetto all’interesse dell’utente ad ottenere dei servizi di livello adeguato. Al più, eventuali procedure di reclamo attivate dagli utenti, singoli o associati, possono sfociare nel riconoscimento di un diritto ad un indennizzo forfettario e automatico a favore dell’utente, laddove sia accertato che i servizi forniti siano inferiori, per qualità e tempestività, rispetto agli standard previsti. Tuttavia, i limiti della disciplina in esame risiedono proprio nella circostanza che, per le caratteristiche sue proprie, l’indennizzo consente di evocare il concetto di una prestazione surrogatoria di un servizio, con funzione latamente reintegratoria, dovuta anche se il comportamento dell’ente erogatore non possa essere assoggettato ad un giudizio negativo sotto il profilo etico o semplicemente organizzativo; ma non si può assimilarlo, sotto il profilo della natura giuridica, a strumenti tipicamente civilistici, quali quello risarcitorio, contrattuale o extracontrattuale, ovvero alla penale, e neppure a misure di tipo sanzionatorio.

COMMENTO ALL'ART. 101

ORREI, Chiara Maria Annunziata
2006-01-01

Abstract

L’art. 1 del nuovo codice del consumo è espressione di una nuova sensibilità manifestata dal nostro ordinamento giuridico alle problematiche connesse alla qualità e all’efficienza dei servizi pubblici. Si impone quindi, la necessità di individuare una serie di misure idonee ad assicurare, da un lato, un buon livello delle prestazioni e, dall’altro, la tutela dell’utente, in forma singola o associata, perché siano effettivamente osservati gli standard qualitativi altrove precisati. Tale novità segna una decisa inversione di tendenza rispetto al passato: difatti, la posizione di supremazia assoluta rivestita dai pubblici poteri in questo settore, nel quale hanno agito per lungo tempo da monopolisti, unitamente all’idea che l’interesse pubblico sotteso all’organizzazione di tali servizi fosse riferibile solo ad una collettività astratta di fruitori, avevano fatto sì che l’interesse dell’utente concretamente destinatario dei servizi, anche di quelli essenziali allo sviluppo della propria identità, beneficiasse di forme di tutela solo indirette, quando addirittura non risultava del tutto soccombente di fronte al potere di gestione unilateralmente esercitato dai vari enti erogatori. L’importanza del profilo qualitativo del servizio erogato è frutto, in realtà, di un ripensamento verificatosi internamente al sistema dei principi operanti in ambito comunitario, all’indomani della sottoscrizione ed entrata in vigore del Trattato di Amsterdam:i principi ispiratori della politica economica perseguiti dalla Comunità, fondati sull’idea della realizzazione di una economia di mercato aperta, svolta secondo le regole della libera concorrenza, subiscono oggi un parziale temperamento a seguito dell’affermarsi dei valori di coesione sociale e territoriale, menzionati dal nuovo art. 16, il quale sancisce, altresì, l’obbligo per Comunità e Stati membri di provvedere affinché i servizi di interesse economico generale funzionino in base a criteri e condizioni idonei ad assolvere i loro compiti. Anzi, proprio l’affermarsi delle regole di mercato ha imposto agli Stati membri di prevedere una serie di deroghe alla loro generalizzata applicazione, almeno in tutti i casi in cui il regime comune non sia in grado di far adempiere alla missione di interesse pubblico a tali servizi attribuita: la creazione di un mercato comune ed aperto, in sostanza, non deve essere di danno per i fruitori dei servizi pubblici in termini di una riduzione della qualità e quantità delle prestazioni che devono garantire gli Stati membri. Un insieme minimo di prestazioni – il cd. servizio universale -, quindi, deve sempre poter essere assicurato, in nome del valore della solidarietà sociale e, laddove esse presentino carattere di antieconomicità, si giustifica la previsione dell’esenzione dalle regole della concorrenza, e quindi, la concessione di diritti esclusivi, quale meccanismo compensatorio, atto a permettere una gestione complessivamente redditizia dell’attività. Anche se le stesse regole competitive di per sé potrebbero contribuire a migliorare gli standard qualitativi delle prestazioni, tuttavia, non è comunque possibile, soprattutto per la maggior parte dei servizi a rete, ritenere del tutto compiuto il processo di liberalizzazione e, quindi, in diversi settori i benefici della concorrenza non si sono ancora avvertiti. Laddove vi sia stata una effettiva privatizzazione dei servizi, invece, l’interlocutore dell’utente è un soggetto formalmente e sostanzialmente privato che, agendo con regole imprenditoriali, tende, per il conseguimento del suo stesso interesse, a soddisfare le domande della clientela -utenza, ma solo nella misura in cui la prestazione del servizio richiesto appaia remunerativa per la sua attività. L’esigenza di tutela dell’utente, attraverso meccanismi che vincolino l’impresa a fornire prestazioni di un buon livello qualitativo rappresenta quindi in buona parte un bilanciamento delle situazioni di squilibrio prodotte dal processo di privatizzazione, con l’effetto che ora le imprese erogatrici sono vincolate agli standard qualitativi individuati dal contratto, tanto nei confronti del potere pubblico che degli utenti. L’art. 101, in commento, qualifica come diritti (e non come interessi legittimi) le situazioni giuridiche connesse agli adeguati livelli qualitativi delle prestazioni perseguiti dalle normative vigenti in materia, facendo trasparire di conseguenza, l’idea che il rapporto con la p.a. in questo campo- nel quale, peraltro, l’amministrazione agisce spesso iure privatorum- è assimilabile al rapporto privatistico, normalmente intercorrente tra produttore e consumatore. L’amministrazione stessa, però, deve anche farsi garante, per ogni servizio conferito a privati, della predisposizione e osservanza di meccanismi di protezione che conservino intatti gli interessi degli utenti a fronte degli interessi, prettamente economici, degli operatori medesimi. Tale funzione di garanzia viene distribuita dalla norma in commento in via paritaria a Stato e Regioni, in base alle rispettive competenze, con un margine assai ristretto per le scelte discrezionali dirette degli operatori. A parte i compiti attribuiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, volti a determinare le regole che sovrintendono alla emanazione delle carte dei servizi e, per i servizi degli enti locali, da adottare d’intesa con la conferenza unificata Stato- Città ed Autonomie locali e Stato- Regioni, un ruolo preminente nel sistema delle tutele lo rivestono altresì le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Collocate a livello istituzionale in una peculiare posizione di neutralità, esse sono deputate, tra l’altro, a regolamentare i settori in relazione ai quali sono state istituite e a vigilare su tariffe e qualità dei servizi pubblici erogati. Pertanto, in determinati settori, gli standard di qualità del servizio non sono più rimessi alle determinazioni unilaterali degli enti erogatori, ma vengono imposti dalle citate Autorità, alle quali sono attribuite una pluralità di ulteriori funzioni, tra cui quelle di controllo sulle modalità di accesso al servizio, sul suo svolgimento e sulla effettiva e corretta adozione della carta di servizio da parte dei soggetti esercenti, nonché la valutazione dei reclami degli utenti, la irrogazione di sanzioni per la inosservanza dei propri provvedimenti e l’imposizione di un indennizzo per comportamenti lesivi dei diritti degli utenti. Comunque, un ruolo chiave nella concreta realizzazione di questo complesso sistema di tutela è rivestito dalle Regioni, in quanto, per ogni servizio riguardante settori di loro competenza, spetta a queste ultime la titolarità delle funzioni relative alla individuazione degli indicatori oggettivi di qualità, alla predisposizione dei sistemi di monitoraggio. Il comma 3° dell’art. 101, poi, chiama in causa le associazioni di consumatori e utenti, attraverso le quali è assicurata agli utenti la partecipazione ai procedimenti di definizione e valutazione degli standard. Vanno inoltre considerate le carte dei servizi, cui è dato il compito di dare contenuto effettivo alle singole prestazioni che gli utenti hanno diritto di ottenere in modo da rendere concreta la sostanza della pretesa degli utenti medesimi: esse contribuiscono infatti a trasmettere quelle informazioni necessarie affinché l’utente possa compiere la sua valutazione in ordine alla rispondenza del servizio rispetto alle previsioni normative e, dunque, in ordine alla effettiva attuazione dei suoi diritti. Detto ciò, va, tuttavia, rilevato che l’art. 101 non contempla apposite misure di tutela dell’utente, per l’ipotesi che questi non riesca a conseguire delle prestazioni rispettose degli standard qualitativi prefissati, cui pure, ha diritto, in base al 2° comma. I mezzi di tutela giudiziali e di composizione extragiudiziale, come la dichiarazione della vessatorietà delle clausole, le azioni inibitorie e il diritto di recesso previsti espressamente dal codice a favore del consumatore e dell’utente, possono trovare applicazione in caso di atti e comportamenti lesivi posti in essere nei loro confronti, nell’ambito dello svolgimento di un rapporto privatistico ma le uniche misure predisposte dall’ordinamento sono quelle a tutela della p.a., nell’esercizio della propria capacità contrattuale o dei suoi poteri autoritativi, le quali presentano, solo in via mediata, una certa forza deterrente per contrastare l’inerzia o la non corretta attività degli soggetti erogatori, rispetto all’interesse dell’utente ad ottenere dei servizi di livello adeguato. Al più, eventuali procedure di reclamo attivate dagli utenti, singoli o associati, possono sfociare nel riconoscimento di un diritto ad un indennizzo forfettario e automatico a favore dell’utente, laddove sia accertato che i servizi forniti siano inferiori, per qualità e tempestività, rispetto agli standard previsti. Tuttavia, i limiti della disciplina in esame risiedono proprio nella circostanza che, per le caratteristiche sue proprie, l’indennizzo consente di evocare il concetto di una prestazione surrogatoria di un servizio, con funzione latamente reintegratoria, dovuta anche se il comportamento dell’ente erogatore non possa essere assoggettato ad un giudizio negativo sotto il profilo etico o semplicemente organizzativo; ma non si può assimilarlo, sotto il profilo della natura giuridica, a strumenti tipicamente civilistici, quali quello risarcitorio, contrattuale o extracontrattuale, ovvero alla penale, e neppure a misure di tipo sanzionatorio.
2006
8821723836
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