Il grave problema del terrorismo internazionale meritava, senza alcun dubbio, una decisa e immediata presa di posizione da parte del legislatore, anche se la fretta nell’affrontare una questione così articolata e complessa, richiedeva un approccio sicuramente più meditato. Invece, il legislatore ha riproposto l’ennesimo provvedimento di tipo emergenziale, ancorato a messaggi simbolico-espressivi, che alla violazione dei principi costituzionali unisce strategie di contrasto inevitabilmente destinate a produrre risultati assai modesti, se non, paradossalmente, a porsi come fonte di ulteriori problemi. Il legislatore con i provvedimenti di contrasto al terrorismo ha dato assoluta priorità – ponendo in essere una risposta fortemente repressiva, anche nelle forme di prevenzione – alle ragioni di difesa sociale, disinteressandosi di un giusto equilibrio tra esigenze di sicurezza e garanzie individuali costituzionalmente sancite. Infatti, riconoscere potere di fermo e di perquisizione all’esercito, oppure consentire espulsioni preventive di soggetti sulla base del semplice sospetto di essere possibili fiancheggiatori di terroristi o, ancora, consentire intercettazioni telefoniche preventive sine die, così come sottoporre a forti restrizioni le comunicazioni in via telematica, significa affermare un’impostazione, tanto discutibile quanto pericolosa, di law and order, che, se appare in grado di assecondare quella diffusa voglia di forte repressione, certamente, finisce per operare una improvvida sospensione delle garanzie connaturate ad uno Stato di diritto, come quello nostro di derivazione costituzionale. Non convince, pertanto, la risposta del legislatore perché finisce per ipotizzare una dicotomia, in realtà solo apparente, libertà individuali/sicurezza collettiva. Si ritiene, invece, che alla globalizzazione del terrorismo occorra replicare, sul piano della repressione, con risposte globalizzate e razionali, fermo restando l’intervento sanzionatorio per fatti caratterizzati da una lesione o, quanto meno, una messa in pericolo concreto di beni giuridici rapportabili a quelli che vengono sacrificati dall’uso dello strumento penale. Un problema così complesso presuppone, sul piano della prevenzione, la valorizzazione di processi di tipo omnicomprensivo che veda impegnato ogni settore dell’ordinamento, secondo le proprie peculiarità, orientato sinergicamente nell’ottica di un sistema integrato di interventi; occorre, cioè, pensare ad una risposta diversificata, integrata e coordinata a livello interno e internazionale. Anche la questione terrorismo va affrontata e risolta nell’ambito della normativa costituzionale di riferimento che preme verso il rispetto di un irrinunciabile binomio: sicurezza/garanzie.

GLI INTERVENTI IN TEMA DI MISURE DI PREVENZIONE: IL PROBLEMA DEL CONGELAMENTO DI BENI

LO MONTE, Elio
2006-01-01

Abstract

Il grave problema del terrorismo internazionale meritava, senza alcun dubbio, una decisa e immediata presa di posizione da parte del legislatore, anche se la fretta nell’affrontare una questione così articolata e complessa, richiedeva un approccio sicuramente più meditato. Invece, il legislatore ha riproposto l’ennesimo provvedimento di tipo emergenziale, ancorato a messaggi simbolico-espressivi, che alla violazione dei principi costituzionali unisce strategie di contrasto inevitabilmente destinate a produrre risultati assai modesti, se non, paradossalmente, a porsi come fonte di ulteriori problemi. Il legislatore con i provvedimenti di contrasto al terrorismo ha dato assoluta priorità – ponendo in essere una risposta fortemente repressiva, anche nelle forme di prevenzione – alle ragioni di difesa sociale, disinteressandosi di un giusto equilibrio tra esigenze di sicurezza e garanzie individuali costituzionalmente sancite. Infatti, riconoscere potere di fermo e di perquisizione all’esercito, oppure consentire espulsioni preventive di soggetti sulla base del semplice sospetto di essere possibili fiancheggiatori di terroristi o, ancora, consentire intercettazioni telefoniche preventive sine die, così come sottoporre a forti restrizioni le comunicazioni in via telematica, significa affermare un’impostazione, tanto discutibile quanto pericolosa, di law and order, che, se appare in grado di assecondare quella diffusa voglia di forte repressione, certamente, finisce per operare una improvvida sospensione delle garanzie connaturate ad uno Stato di diritto, come quello nostro di derivazione costituzionale. Non convince, pertanto, la risposta del legislatore perché finisce per ipotizzare una dicotomia, in realtà solo apparente, libertà individuali/sicurezza collettiva. Si ritiene, invece, che alla globalizzazione del terrorismo occorra replicare, sul piano della repressione, con risposte globalizzate e razionali, fermo restando l’intervento sanzionatorio per fatti caratterizzati da una lesione o, quanto meno, una messa in pericolo concreto di beni giuridici rapportabili a quelli che vengono sacrificati dall’uso dello strumento penale. Un problema così complesso presuppone, sul piano della prevenzione, la valorizzazione di processi di tipo omnicomprensivo che veda impegnato ogni settore dell’ordinamento, secondo le proprie peculiarità, orientato sinergicamente nell’ottica di un sistema integrato di interventi; occorre, cioè, pensare ad una risposta diversificata, integrata e coordinata a livello interno e internazionale. Anche la questione terrorismo va affrontata e risolta nell’ambito della normativa costituzionale di riferimento che preme verso il rispetto di un irrinunciabile binomio: sicurezza/garanzie.
2006
8814126232
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1534559
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