Nelle pagine segrete della sua Esegesi, Philip K. Dick confessava nel 1978 di non riuscire a trovare nella sua opera un «senso perfettamente compiuto». Anzi, aggiungeva, non c’era suo romanzo che non gli desse l’impressione di una matassa di capelli in cui s’intrecciavano tanti elementi disparati: il comico, la religione, l’orrore psicotico, una certa piega sociale, e riferimenti ad alcune «scienze complesse». Il tutto congegnato in un «rimescolio di possibilità» che avrebbe potuto infine «svelare qualcosa di importante e trascurato da un pensiero più ordinato». Se dunque un compito Dick affidò al suo «frugare in punti ellittici, entro strane angolazioni» (questo per lui era la letteratura di science fiction), fu quello di attraversare tutti i discorsi del suo presente (dalla teoria dei molti mondi della fisica teorica agli studi storico-religiosi sui manoscritti di Qumran e di Nag Hammadi, dalle innovazioni delle neuroscienze ai dibattiti degli economisti), e tutti i possibili punti di fuga (dalle utopie politiche alla fede, e persino alla droga), per organizzarli non in una visione incerta del futuro ma nell’improvviso manifestarsi di «altri mondi presenti». La ricerca di un’«intima verità» che lo ossessionò, finì per configurarsi come un metodo di analisi che gli consentì di scorgere nel mondo il profilarsi di quell’unico angoscioso stato distopico e neoliberista che avrebbe, a sua detta, preso il posto degli stati-nazione nel XXI secolo. Riletta alla luce dei corsi tenuti da Michel Foucault al Collège de France fra il 1975 e il 1979, la produzione di Philip K. Dick rischia di diventare così una sorta di «storiografia», per dirla con Theodor W. Adorno, «a se stessa inconscia».

L'oscuro scrutare di Philip K. Dick

FRASCA, Gabriele
2007-01-01

Abstract

Nelle pagine segrete della sua Esegesi, Philip K. Dick confessava nel 1978 di non riuscire a trovare nella sua opera un «senso perfettamente compiuto». Anzi, aggiungeva, non c’era suo romanzo che non gli desse l’impressione di una matassa di capelli in cui s’intrecciavano tanti elementi disparati: il comico, la religione, l’orrore psicotico, una certa piega sociale, e riferimenti ad alcune «scienze complesse». Il tutto congegnato in un «rimescolio di possibilità» che avrebbe potuto infine «svelare qualcosa di importante e trascurato da un pensiero più ordinato». Se dunque un compito Dick affidò al suo «frugare in punti ellittici, entro strane angolazioni» (questo per lui era la letteratura di science fiction), fu quello di attraversare tutti i discorsi del suo presente (dalla teoria dei molti mondi della fisica teorica agli studi storico-religiosi sui manoscritti di Qumran e di Nag Hammadi, dalle innovazioni delle neuroscienze ai dibattiti degli economisti), e tutti i possibili punti di fuga (dalle utopie politiche alla fede, e persino alla droga), per organizzarli non in una visione incerta del futuro ma nell’improvviso manifestarsi di «altri mondi presenti». La ricerca di un’«intima verità» che lo ossessionò, finì per configurarsi come un metodo di analisi che gli consentì di scorgere nel mondo il profilarsi di quell’unico angoscioso stato distopico e neoliberista che avrebbe, a sua detta, preso il posto degli stati-nazione nel XXI secolo. Riletta alla luce dei corsi tenuti da Michel Foucault al Collège de France fra il 1975 e il 1979, la produzione di Philip K. Dick rischia di diventare così una sorta di «storiografia», per dirla con Theodor W. Adorno, «a se stessa inconscia».
2007
9788883535383
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1658574
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