Il lavoro mette in luce la complessità-problematicità dell’essere adolescente e dell’essere educatore all’interno delle infinite sfaccettature e contraddizioni dello scenario culturale postmoderno, accostando alla constatazione della presenza di dinamiche devastanti e derive sistemiche apparentemente inarrestabili la proposta di vettori di senso e fondamenti per una speranza. Esso vuol leggere uno spaccato dell’adolescenza attuale che parte da una ricognizione su alcuni fenomeni quali l’aumento delle condotte a rischio e alcune forme di disagio di natura psicopatologica. Gli stili educativi familiari contemporanei assumono spesso i caratteri del permissivismo e/o dell’iperprotezionismo. Una tale pedagogia fa affidamento su una teoria motivazionale da tempo superata, secondo la quale l’uomo non necessita nel profondo e alla fine di null’altro che evitamento e riduzione della tensione attraverso il soddisfacimento dei bisogni. Ma minimizzando la tensione, lo sforzo, l’affrontamento delle difficoltà al giovane si induce in lui scarsa tolleranza alla frustrazione, una sorta di vera e propria “immunodeficienza psichica”. Nel tentativo di delineare possibili percorsi psicopedagogici si è indagato sul fenomeno della resilienza in adolescenza: le ricerche consultate l’hanno individuata come importante fattore di protezione nello sviluppo e fondamentale per l’attribuzione di senso alla propria esistenza, la perdita del quale avrebbe effetti devastanti sulla costruzione dell’identità. Lo sviluppo delle abilità di resilienza prevede funzioni di supporto ed incoraggiamento mediate da incontri di autentico valore che aiutino, nelle situazioni di solitudine, estraniamento ed alienazione, la individuazione-costruzione di un senso nella propria esistenza. Il lavoro analizza altresì il vissuto adolescenziale tra lutto ed autonomia, il ruolo della corporeità ed i vissuti di rabbia ed aggressività, il rapporto tra stili educativi ed influssi socioculturali. Vengono proposti indicatori di normalità che aiutino a differenziare reali patologie da patologie come strategie d’individuazione e percorsi psicopedagogici ispirati alla scoperta del senso della propria esistenza. Un’educazione antidoto al vuoto esistenziale parte dall’esperienza esistenziale dell’educatore quale esempio di esistenza vissuta nella ricerca di senso; si configura come sostegno alla progettualità esistenziale ed all’autenticità anche nelle situazioni limite della vita; è incentrata sull’affinamento della coscienza più che sulla trasmissione della conoscenza; ha come fine specifico quello di sviluppare la responsabilità e la capacità di decidere attraverso lo stile metodologico del dialogo socratico; si alimenta di una amore educativo quale capacità di accettare l’altro per ciò che è e schiudergli contemporaneamente le possibilità di crescita e di cambiamento. Tema portante del lavoro è l’educazione al senso che non prescrive ma orienta l’adolescente verso il suo futuro, aiutandolo a trovare un significato autentico, uno scopo nella sua esistenza, in modo da gestire l’angoscia che può condurre al disagio psicopatologico. L’educatore lavora con la parte sana del ragazzo focalizzandosi non necessariamente sull’obiettivo di alleviare la sofferenza psichica, ma decentrandolo da essa e favorendo contemporaneamente in lui la scoperta del senso e dei significati che può realizzare nella sua esistenza, incoraggiandone l’attivo perseguimento. Il metodo dialogico si fonda su un interrogare aperto e radicale che riproduce la natura stessa e la vita della coscienza; l’educare quale cura della vita della mente come luogo di un pensare interrogante che produce senso è capace di stare fenomeno logicamente fuori dai mondi anticipati e dare alla luce nuovi mondi di significato, suscitando quella sana inquietitudine che conduce a cercare continuamente il senso riposto nelle cose. La cura educativa dell’esistenza è pervasa da un atteggiamento non possessivo né manipolatorio, intrisa di un atteggiamento promozionale verso l’altro e sostenuto da una forza intenzionale e creativa affettivamente densa di amore pedagogico, che non significa soltanto accettare l’altro per quello che è ma intravedere, anticipandolo, il suo poter-essere e permettergli di realizzarlo.

Fenomenologia del disagio adolescenziale tra normalità e patologia. Per una psicopedagogia del senso.

D'ALESSIO Chiara
2008-01-01

Abstract

Il lavoro mette in luce la complessità-problematicità dell’essere adolescente e dell’essere educatore all’interno delle infinite sfaccettature e contraddizioni dello scenario culturale postmoderno, accostando alla constatazione della presenza di dinamiche devastanti e derive sistemiche apparentemente inarrestabili la proposta di vettori di senso e fondamenti per una speranza. Esso vuol leggere uno spaccato dell’adolescenza attuale che parte da una ricognizione su alcuni fenomeni quali l’aumento delle condotte a rischio e alcune forme di disagio di natura psicopatologica. Gli stili educativi familiari contemporanei assumono spesso i caratteri del permissivismo e/o dell’iperprotezionismo. Una tale pedagogia fa affidamento su una teoria motivazionale da tempo superata, secondo la quale l’uomo non necessita nel profondo e alla fine di null’altro che evitamento e riduzione della tensione attraverso il soddisfacimento dei bisogni. Ma minimizzando la tensione, lo sforzo, l’affrontamento delle difficoltà al giovane si induce in lui scarsa tolleranza alla frustrazione, una sorta di vera e propria “immunodeficienza psichica”. Nel tentativo di delineare possibili percorsi psicopedagogici si è indagato sul fenomeno della resilienza in adolescenza: le ricerche consultate l’hanno individuata come importante fattore di protezione nello sviluppo e fondamentale per l’attribuzione di senso alla propria esistenza, la perdita del quale avrebbe effetti devastanti sulla costruzione dell’identità. Lo sviluppo delle abilità di resilienza prevede funzioni di supporto ed incoraggiamento mediate da incontri di autentico valore che aiutino, nelle situazioni di solitudine, estraniamento ed alienazione, la individuazione-costruzione di un senso nella propria esistenza. Il lavoro analizza altresì il vissuto adolescenziale tra lutto ed autonomia, il ruolo della corporeità ed i vissuti di rabbia ed aggressività, il rapporto tra stili educativi ed influssi socioculturali. Vengono proposti indicatori di normalità che aiutino a differenziare reali patologie da patologie come strategie d’individuazione e percorsi psicopedagogici ispirati alla scoperta del senso della propria esistenza. Un’educazione antidoto al vuoto esistenziale parte dall’esperienza esistenziale dell’educatore quale esempio di esistenza vissuta nella ricerca di senso; si configura come sostegno alla progettualità esistenziale ed all’autenticità anche nelle situazioni limite della vita; è incentrata sull’affinamento della coscienza più che sulla trasmissione della conoscenza; ha come fine specifico quello di sviluppare la responsabilità e la capacità di decidere attraverso lo stile metodologico del dialogo socratico; si alimenta di una amore educativo quale capacità di accettare l’altro per ciò che è e schiudergli contemporaneamente le possibilità di crescita e di cambiamento. Tema portante del lavoro è l’educazione al senso che non prescrive ma orienta l’adolescente verso il suo futuro, aiutandolo a trovare un significato autentico, uno scopo nella sua esistenza, in modo da gestire l’angoscia che può condurre al disagio psicopatologico. L’educatore lavora con la parte sana del ragazzo focalizzandosi non necessariamente sull’obiettivo di alleviare la sofferenza psichica, ma decentrandolo da essa e favorendo contemporaneamente in lui la scoperta del senso e dei significati che può realizzare nella sua esistenza, incoraggiandone l’attivo perseguimento. Il metodo dialogico si fonda su un interrogare aperto e radicale che riproduce la natura stessa e la vita della coscienza; l’educare quale cura della vita della mente come luogo di un pensare interrogante che produce senso è capace di stare fenomeno logicamente fuori dai mondi anticipati e dare alla luce nuovi mondi di significato, suscitando quella sana inquietitudine che conduce a cercare continuamente il senso riposto nelle cose. La cura educativa dell’esistenza è pervasa da un atteggiamento non possessivo né manipolatorio, intrisa di un atteggiamento promozionale verso l’altro e sostenuto da una forza intenzionale e creativa affettivamente densa di amore pedagogico, che non significa soltanto accettare l’altro per quello che è ma intravedere, anticipandolo, il suo poter-essere e permettergli di realizzarlo.
2008
9788888991795
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1852597
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