Nel lavoro, dopo aver analizzato alcuni recenti pronunciamenti della giurisprudenza di legittimità, si sostiene che, diversamente da quanto immaginato nell’iniziale impostazione del D.Lgs. n. 546/1992, la categoria degli atti impugnabili autonomamente ai sensi dell’art. 19 del medesimo decreto, appare oggi effettivamente affidata, sia pure residualmente, all’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza. In altre parole, dopo le intervenute modifiche all'art. 2 D.Lgs. n. 546/1992, nelle more di un auspicato intervento ad opera del legislatore sull’art. 19, di fronte a posizioni soggettive tributarie lese da atti dell’amministrazione finanziaria non compresi nell’elenco, anche se relativi ad attività discrezionale, “deve” essere oggi recuperata una tutela innanzi al giudice tributario: se è possibile privilegiando la tutela differita rispetto ad una eccessiva dilatazione del criterio di assimilazione funzionale. Laddove, però, non sia applicabile la tutela differita né l’assimilazione funzionale, appare oggi inevitabile l’accettazione di una categoria residuale e “aperta” di atti impugnabili, da elaborare tenendo in primaria considerazione la salvaguardia dei principi contenuti negli art. 24 e 113 della Costituzione. A tal proposito si ritiene quindi che, continuando in ogni caso ad assumere rilievo privilegiato lo schema interpretativo di cui all’art. 19, gli unici profili caratterizzanti e imprescindibili di tale “categoria” di atti impugnabili autonomamente siano: la provenienza dell’atto dall’amministrazione finanziaria (o da altro degli enti indicati nell’art. 23 del D.Lgs. n. 546/1992) – limite soggettivo; la “lesività” degli stessi alla stregua delle regole del diritto processuale comune e con esso il carattere impugnatorio della tutela de qua; la stretta residualità di tale (ulteriore) tutela immediata rispetto alla impossibilità di applicazione della tutela differita. Nel concludere l'indagine si evidenzia come la residualità della tutela tributaria appare oggi particolarmente significativa in materia di atti discrezionali, di interpelli diversi da quelli aventi valenza meramente interpretativa oltre che in materia di finanza locale, laddove è particolarmente accentuata la già delineata tendenza alla flessibilità delle procedure di attuazione delle entrate tributarie.

I nuovi limiti “interni” della giurisdizione tributaria alla stregua dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione

FIORENTINO, STEFANO
2008-01-01

Abstract

Nel lavoro, dopo aver analizzato alcuni recenti pronunciamenti della giurisprudenza di legittimità, si sostiene che, diversamente da quanto immaginato nell’iniziale impostazione del D.Lgs. n. 546/1992, la categoria degli atti impugnabili autonomamente ai sensi dell’art. 19 del medesimo decreto, appare oggi effettivamente affidata, sia pure residualmente, all’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza. In altre parole, dopo le intervenute modifiche all'art. 2 D.Lgs. n. 546/1992, nelle more di un auspicato intervento ad opera del legislatore sull’art. 19, di fronte a posizioni soggettive tributarie lese da atti dell’amministrazione finanziaria non compresi nell’elenco, anche se relativi ad attività discrezionale, “deve” essere oggi recuperata una tutela innanzi al giudice tributario: se è possibile privilegiando la tutela differita rispetto ad una eccessiva dilatazione del criterio di assimilazione funzionale. Laddove, però, non sia applicabile la tutela differita né l’assimilazione funzionale, appare oggi inevitabile l’accettazione di una categoria residuale e “aperta” di atti impugnabili, da elaborare tenendo in primaria considerazione la salvaguardia dei principi contenuti negli art. 24 e 113 della Costituzione. A tal proposito si ritiene quindi che, continuando in ogni caso ad assumere rilievo privilegiato lo schema interpretativo di cui all’art. 19, gli unici profili caratterizzanti e imprescindibili di tale “categoria” di atti impugnabili autonomamente siano: la provenienza dell’atto dall’amministrazione finanziaria (o da altro degli enti indicati nell’art. 23 del D.Lgs. n. 546/1992) – limite soggettivo; la “lesività” degli stessi alla stregua delle regole del diritto processuale comune e con esso il carattere impugnatorio della tutela de qua; la stretta residualità di tale (ulteriore) tutela immediata rispetto alla impossibilità di applicazione della tutela differita. Nel concludere l'indagine si evidenzia come la residualità della tutela tributaria appare oggi particolarmente significativa in materia di atti discrezionali, di interpelli diversi da quelli aventi valenza meramente interpretativa oltre che in materia di finanza locale, laddove è particolarmente accentuata la già delineata tendenza alla flessibilità delle procedure di attuazione delle entrate tributarie.
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