Il titolo fa riferimento a gruppi che, tutto sommato, dal punto di vista della storia religiosa sono marginali, pur avendo – come nel caso dei briganti – svolto un ruolo notevole sul piano sociale, politico e perfino militare, ruolo che, da un po’ di tempo a questa parte, la storiografia si è giustamente preoccupata di mettere in evidenza. Le riforme settecentesche, ispirate dal giurisdizionalismo e dall’anticurialismo, fecero sentire i loro effetti in particolare nel Decennio francese, allorché ebbero il conforto di una politica perfettamente in linea col nuovo assetto istituzionale e amministrativo imposto dai Napoleonidi. Il ruolo della Chiesa viene ridisegnato e ridimensionato, soprattutto in conseguenza dell’abolizione della feudalità, con la quale l’istituzione ecclesiastica aveva vissuto fino ad allora in simbiosi, ma non sono da trascurare le soppressioni di monasteri e conventi. Siamo autorizzati, in conseguenza di questi fatti, a parlare tout court di scristianizzazione? O non conviene piuttosto utilizzare termini meno compromettenti come “secolarizzazione” e “laicizzazione”? Quali furono i riflessi, i riverberi sulla vita religiosa e sulle strutture mentali dei fedeli? Di certo l’introduzione, nel XVIII secolo, del catasto onciario -con la conseguente tassazione dei beni ecclesiastici- e del regio assenso per le confraternite laicali, e la soppressione, nel 1809, di monasteri e conventi comportarono novità, per taluni aspetti, sconvolgenti. Soprattutto la soppressione fu un trauma per quel mondo meridionale che, insofferente dell’inquadramento parrocchiale, da secoli ruotava intorno alle strutture monastiche e conventuali, e che, abituato a seguire le direttive di monaci e frati, mal sopportava il controllo sociale del parroco, il cui ruolo, con le riforme “francesi”, era venuto crescendo: non solo curato, ma anche funzionario civile. Al laicato meridionale venne meno un punto di riferimento fondamentale, un sostegno materiale e spirituale. Il disagio non fu solo dei laici, ma anche degli stessi religiosi che, una volta “liberati”, andarono, in alcuni casi, ad alimentare il fenomeno del brigantaggio e, più in generale, del movimento controrivoluzionario. Queste innovazioni non potevano non influire sulla pietà dei laici, ma conviene sempre ricordare che la storia delle mentalità ha dei ritmi che non sono quelli della storia delle idee, della storia politica e della storia economica e sociale.

Tra «sorelle illuminate» e briganti devoti. La vita religiosa nel Mezzogiorno dal secolo dei Lumi alla Restaurazione

VISCARDI, Giuseppe Maria
2009-01-01

Abstract

Il titolo fa riferimento a gruppi che, tutto sommato, dal punto di vista della storia religiosa sono marginali, pur avendo – come nel caso dei briganti – svolto un ruolo notevole sul piano sociale, politico e perfino militare, ruolo che, da un po’ di tempo a questa parte, la storiografia si è giustamente preoccupata di mettere in evidenza. Le riforme settecentesche, ispirate dal giurisdizionalismo e dall’anticurialismo, fecero sentire i loro effetti in particolare nel Decennio francese, allorché ebbero il conforto di una politica perfettamente in linea col nuovo assetto istituzionale e amministrativo imposto dai Napoleonidi. Il ruolo della Chiesa viene ridisegnato e ridimensionato, soprattutto in conseguenza dell’abolizione della feudalità, con la quale l’istituzione ecclesiastica aveva vissuto fino ad allora in simbiosi, ma non sono da trascurare le soppressioni di monasteri e conventi. Siamo autorizzati, in conseguenza di questi fatti, a parlare tout court di scristianizzazione? O non conviene piuttosto utilizzare termini meno compromettenti come “secolarizzazione” e “laicizzazione”? Quali furono i riflessi, i riverberi sulla vita religiosa e sulle strutture mentali dei fedeli? Di certo l’introduzione, nel XVIII secolo, del catasto onciario -con la conseguente tassazione dei beni ecclesiastici- e del regio assenso per le confraternite laicali, e la soppressione, nel 1809, di monasteri e conventi comportarono novità, per taluni aspetti, sconvolgenti. Soprattutto la soppressione fu un trauma per quel mondo meridionale che, insofferente dell’inquadramento parrocchiale, da secoli ruotava intorno alle strutture monastiche e conventuali, e che, abituato a seguire le direttive di monaci e frati, mal sopportava il controllo sociale del parroco, il cui ruolo, con le riforme “francesi”, era venuto crescendo: non solo curato, ma anche funzionario civile. Al laicato meridionale venne meno un punto di riferimento fondamentale, un sostegno materiale e spirituale. Il disagio non fu solo dei laici, ma anche degli stessi religiosi che, una volta “liberati”, andarono, in alcuni casi, ad alimentare il fenomeno del brigantaggio e, più in generale, del movimento controrivoluzionario. Queste innovazioni non potevano non influire sulla pietà dei laici, ma conviene sempre ricordare che la storia delle mentalità ha dei ritmi che non sono quelli della storia delle idee, della storia politica e della storia economica e sociale.
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