Il saggio ricostruisce la tematiche dei concorsi pubblici, finalizzati sia all’assunzione sia alle progressioni in carriera. La materia è stata inclusa nel disegno riformatore della legge n. 15/09 e del d.lgs. 150/09 con una forte valenza simbolica. Il principio di concorsualità viene affermato e ribadito in più punti della normativa e indicato come strumento fondamentale per perseguire gli obiettivi del merito e della premialità . Il ruolo del principio concorsuale nel lavoro pubblico riformato è stato al centro di un acceso dibattito. All’indomani della legge del ’92 (la legge delega n. 421/92) che ha dato il via alla “contrattualizzazione” del lavoro pubblico, era stata sottolineata l’ambiguità di alcune scelte del legislatore proprio nelle materie in esame: infatti concorsi, procedure per l’accesso e progressioni in carriera sono state “vittime” di scelte ambigue e per certi versi poco coraggiose del legislatore degli anni ’90, venendo collocati in un’area “grigia” tra regime pubblicistico e regime privatistico. La citata legge delega n. 421/92, in tema di reclutamento, ha aderito all’opzione che vuole coperta dal principio di riserva di legge, di cui all’art. 97 Cost., anche l’area delle assunzioni, ponendo sullo stesso piano organizzazione degli uffici ed accesso all’impiego; in altri termini la regolamentazione di tutta l’attività che l’ente pubblico svolge per selezionare i più meritevoli, è stata attribuita al legislatore, con facoltà di affidare la disciplina di dettaglio solo alle fonti secondarie (atti normativi o amministrativi) . Non era per nulla scontata l’estensione del regime pubblicistico anche alle progressioni in carriera. Infatti, inizialmente l’area delle promozioni veniva collocata decisamente tra le materie “privatizzate”, sulla base dell’argomentazione che le selezioni interne costituiscono una vicenda modificativa del rapporto di lavoro, rispetto alla quale il processo di contrattualizzazione ha prodotto integralmente i suoi effetti. In particolare la giurisprudenza, muovendo dal presupposto che il riformatore del ’92 avesse inteso promuovere l’unificazione normativa a partire dalla stipulazione del contratto di lavoro, ha inizialmente ritenuto che lo strumento concorsuale, allorquando mira a selezionare dipendenti da promuovere alla qualifica superiore, costituisse un’attività di tipo privatistico, mirata a modificare un rapporto già instaurato. La scelta di questa soluzione veniva condivisibilmente sostenuta sulla base della considerazione che il passaggio alla qualifica superiore non realizza alcuna novazione, dal momento che il rapporto è sempre il medesimo, che prosegue senza soluzione di continuità e quindi senza estinzione del precedente e contestuale costituzione del nuovo” . L’indirizzo della S.C. è mutato con la decisione a Sezioni Unite, n. 15403 del 2003: con questa pronuncia si è pervenuti alla piena equiparazione tra procedure finalizzate alla costituzione del rapporto di lavoro e procedure funzionali alla progressione in carriera, dal momento che in entrambe le situazioni l’amministrazione è tenuta a fare ricorso allo strumento del concorso pubblico. Per giustificare la conformità di questa posizione al testo dell’art. 63, co. 4, del d.lgs. 165/01 (secondo cui al giudice amministrativo spettano solamente le controversie in materia di «procedure concorsuali per l'assunzione»), la giurisprudenza è costretta a fornire un’interpretazione estensiva del termine assunzione, affermando che esso “deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica”. La S.C. ha così operato un distinguo a seconda della finalizzazione della procedura: se questa comporta il passaggio del candidato dipendente “in una diversa area, venendosi a configurare una vicenda assimilabile ad una vera e propria assunzione”, la natura dell’attività è pubblicistica e la posizione giuridica del candidato è di interesse legittimo (e quindi la giurisdizione è assegnata al giudice amministrativo); se essa comporta la progressione del dipendente “da una qualifica ad altra, ma nell'ambito della stessa area”, gli atti posti in essere dall’ente devono essere considerati di natura privatistica, come qualsiasi atto di gestione del rapporto di lavoro da parte dell’ente pubblico, e la posizione del candidato è di diritto soggettivo (di conseguenza il relativo contenzioso rimane al giudice ordinario). Nonostante si tratti sempre di un avanzamento professionale, si ritiene che nel secondo caso (mobilità all’interno dell’area) “si è in presenza di una mobilità verticale funzionalizzata unicamente a consentire il transito di dipendenti dotati di specifica professionalità e capacità ad una qualifica superiore e ad un più adeguato trattamento economico”. Pertanto, le procedure concorsuali finalizzate al reclutamento ed al passaggio da un’area funzionale all’altra hanno natura pubblicistica, le procedure mirate a selezionare i dipendenti che passano da una qualifica all’altra rimanendo nella medesima area funzionale hanno natura privatistica. Ricostruita la natura giuridica sia dei concorsi finalizzati all’assunzione sia dei concorsi per la progressione in carriera, il saggio analizza le novità introdotte dalla cd. riforma Brunetta (l. 15/2009 e il d.lgs. 150/09), osservando che tali interventi lasciano inalterato questo assetto, appropriandosi di nuovi spazi sottratti, soprattutto, alla contrattazione collettiva. a) Anzitutto viene ampiamente regolata dalla fonte legislativa l’area delle progressioni in carriera, finora rimasta ad appannaggio dell’autonomia collettiva. b) Ancora nell’ambito degli avanzamenti di carriera, il legislatore attrae, anche se parzialmente, la stessa mobilità professionale all’interno dell’area (progressione orizzontale) alla sfera “pubblicistica”, in quanto obbliga le amministrazioni a riservare la metà dei posti della fascia apicale a candidati esterni. c) La legge interviene nell’area dei requisiti d’accesso che (ad eccezione della cittadinanza) costituiva materia riservata alla contrattazione collettiva nonché alla competenza decisionale delle singole amministrazioni.

IL PRINCIPIO DI CONCORSUALITA' TRA ASSUNZIONI E PROGRESSIONI IN CARRIERA

LUCIANI, VINCENZO
2009-01-01

Abstract

Il saggio ricostruisce la tematiche dei concorsi pubblici, finalizzati sia all’assunzione sia alle progressioni in carriera. La materia è stata inclusa nel disegno riformatore della legge n. 15/09 e del d.lgs. 150/09 con una forte valenza simbolica. Il principio di concorsualità viene affermato e ribadito in più punti della normativa e indicato come strumento fondamentale per perseguire gli obiettivi del merito e della premialità . Il ruolo del principio concorsuale nel lavoro pubblico riformato è stato al centro di un acceso dibattito. All’indomani della legge del ’92 (la legge delega n. 421/92) che ha dato il via alla “contrattualizzazione” del lavoro pubblico, era stata sottolineata l’ambiguità di alcune scelte del legislatore proprio nelle materie in esame: infatti concorsi, procedure per l’accesso e progressioni in carriera sono state “vittime” di scelte ambigue e per certi versi poco coraggiose del legislatore degli anni ’90, venendo collocati in un’area “grigia” tra regime pubblicistico e regime privatistico. La citata legge delega n. 421/92, in tema di reclutamento, ha aderito all’opzione che vuole coperta dal principio di riserva di legge, di cui all’art. 97 Cost., anche l’area delle assunzioni, ponendo sullo stesso piano organizzazione degli uffici ed accesso all’impiego; in altri termini la regolamentazione di tutta l’attività che l’ente pubblico svolge per selezionare i più meritevoli, è stata attribuita al legislatore, con facoltà di affidare la disciplina di dettaglio solo alle fonti secondarie (atti normativi o amministrativi) . Non era per nulla scontata l’estensione del regime pubblicistico anche alle progressioni in carriera. Infatti, inizialmente l’area delle promozioni veniva collocata decisamente tra le materie “privatizzate”, sulla base dell’argomentazione che le selezioni interne costituiscono una vicenda modificativa del rapporto di lavoro, rispetto alla quale il processo di contrattualizzazione ha prodotto integralmente i suoi effetti. In particolare la giurisprudenza, muovendo dal presupposto che il riformatore del ’92 avesse inteso promuovere l’unificazione normativa a partire dalla stipulazione del contratto di lavoro, ha inizialmente ritenuto che lo strumento concorsuale, allorquando mira a selezionare dipendenti da promuovere alla qualifica superiore, costituisse un’attività di tipo privatistico, mirata a modificare un rapporto già instaurato. La scelta di questa soluzione veniva condivisibilmente sostenuta sulla base della considerazione che il passaggio alla qualifica superiore non realizza alcuna novazione, dal momento che il rapporto è sempre il medesimo, che prosegue senza soluzione di continuità e quindi senza estinzione del precedente e contestuale costituzione del nuovo” . L’indirizzo della S.C. è mutato con la decisione a Sezioni Unite, n. 15403 del 2003: con questa pronuncia si è pervenuti alla piena equiparazione tra procedure finalizzate alla costituzione del rapporto di lavoro e procedure funzionali alla progressione in carriera, dal momento che in entrambe le situazioni l’amministrazione è tenuta a fare ricorso allo strumento del concorso pubblico. Per giustificare la conformità di questa posizione al testo dell’art. 63, co. 4, del d.lgs. 165/01 (secondo cui al giudice amministrativo spettano solamente le controversie in materia di «procedure concorsuali per l'assunzione»), la giurisprudenza è costretta a fornire un’interpretazione estensiva del termine assunzione, affermando che esso “deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica”. La S.C. ha così operato un distinguo a seconda della finalizzazione della procedura: se questa comporta il passaggio del candidato dipendente “in una diversa area, venendosi a configurare una vicenda assimilabile ad una vera e propria assunzione”, la natura dell’attività è pubblicistica e la posizione giuridica del candidato è di interesse legittimo (e quindi la giurisdizione è assegnata al giudice amministrativo); se essa comporta la progressione del dipendente “da una qualifica ad altra, ma nell'ambito della stessa area”, gli atti posti in essere dall’ente devono essere considerati di natura privatistica, come qualsiasi atto di gestione del rapporto di lavoro da parte dell’ente pubblico, e la posizione del candidato è di diritto soggettivo (di conseguenza il relativo contenzioso rimane al giudice ordinario). Nonostante si tratti sempre di un avanzamento professionale, si ritiene che nel secondo caso (mobilità all’interno dell’area) “si è in presenza di una mobilità verticale funzionalizzata unicamente a consentire il transito di dipendenti dotati di specifica professionalità e capacità ad una qualifica superiore e ad un più adeguato trattamento economico”. Pertanto, le procedure concorsuali finalizzate al reclutamento ed al passaggio da un’area funzionale all’altra hanno natura pubblicistica, le procedure mirate a selezionare i dipendenti che passano da una qualifica all’altra rimanendo nella medesima area funzionale hanno natura privatistica. Ricostruita la natura giuridica sia dei concorsi finalizzati all’assunzione sia dei concorsi per la progressione in carriera, il saggio analizza le novità introdotte dalla cd. riforma Brunetta (l. 15/2009 e il d.lgs. 150/09), osservando che tali interventi lasciano inalterato questo assetto, appropriandosi di nuovi spazi sottratti, soprattutto, alla contrattazione collettiva. a) Anzitutto viene ampiamente regolata dalla fonte legislativa l’area delle progressioni in carriera, finora rimasta ad appannaggio dell’autonomia collettiva. b) Ancora nell’ambito degli avanzamenti di carriera, il legislatore attrae, anche se parzialmente, la stessa mobilità professionale all’interno dell’area (progressione orizzontale) alla sfera “pubblicistica”, in quanto obbliga le amministrazioni a riservare la metà dei posti della fascia apicale a candidati esterni. c) La legge interviene nell’area dei requisiti d’accesso che (ad eccezione della cittadinanza) costituiva materia riservata alla contrattazione collettiva nonché alla competenza decisionale delle singole amministrazioni.
2009
9788863421286
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