L’indagine storica sugli episodi di ribellione collettiva al potere costituito, relativi alla prima età moderna, rivela un complicato intreccio di fattori, interessi e motivazioni. Lungi dal rappresentare l’improvvisa e irrazionale esplosione dei bisogni, i tumulti si configurano come una manifestazione estrema del processo di costruzione dell’identità e della coscienza politica dei gruppi e delle comunità, come una modalità straordinaria di confronto/scontro con il potere e per il potere. L’assolutismo statale va affermandosi progressivamente e mai compiutamente, attraverso una serie di compromessi e di limitazioni, che permeano lo sviluppo dei rapporti tra il centro e le periferie: queste ultime tendono a tutelare i propri privilegi, in un’ottica negoziale ispirata ad una logica pattizia; dal canto loro, invece, le autorità centrali sono portate a procedere in modo verticistico, invocando l’obbligo di fedeltà dei sudditi e facendo un largo ricorso alla sfera del reato di lesa maestà. La rivolta beneventana del 1566 assume un valore fortemente paradigmatico, pur conservando connotati di notevole peculiarità. Essa è un fenomeno pluridimensionale, che si presta a diversi livelli di analisi, coinvolgendo il piano politico, religioso e socio-economico. L’introduzione di procedure straordinarie di accertamento dei reati morali, che evoca lo spettro dell’esecrata inquisizione “al modo di Spagna”, provoca l’insurrezione della popolazione preoccupata per la pubblica quiete e il sereno svolgimento delle transazioni commerciali e finanziarie. Emerge, inoltre, la volontà di salvaguardare i privilegi riconosciuti alla città ab antiquo, considerati dai rivoltosi come patriae leges che vincolano il sovrano. L’analisi di questi tumulti consente anche di approfondire la natura duplice e complessa del potere papale, in cui l’autorità spirituale e quella temporale si alimentano e si rafforzano reciprocamente. Lo studio di questa vicenda svela un microcosmo nel quale si sviluppano dinamiche complesse, rispecchianti i flussi del pensiero politico, le trasformazioni sociali e istituzionali che, in generale, investono le comunità europee di antico regime. Gli avvenimenti qui esaminati discoprono contesti spaziali nei quali lo status di area di confine, complicato dalla condizione di isolamento geo-politico, dà luogo a precarie relazioni interstatuali, che favoriscono attriti diplomatici e sospetti. Nell’universo cittadino dell’enclave pontificia di Benevento, in cui si sperimentano ardite soluzioni politiche che reclamano il diritto di resistere all’autorità, l’assolutismo della monarchia papale si scontra con i tentativi di “negoziazione” della comunità, dove interessi corporativi, logiche fazionarie e brame di preminenza delle élites locali si intrecciano con latenti e plurisecolari aspirazioni annessionistiche al confinante Regno di Napoli. Il presente lavoro si propone come un case-study, che, ricostruendo un episodio territorialmente circoscritto ma profondamente connesso con gli eventi internazionali e la temperie politica di quei decenni, esamina a fondo documenti in gran parte inediti, al fine di offrire un utile tassello per l’ardua ricomposizione del mosaico raffigurante il duttile e multiforme processo di strutturazione delle entità statali nell’età moderna.

Viva la Chiesa, mora il Tiranno. Il sovrano, la legge, la comunità e i ribelli (Benevento 1566)

NOTO, Maria Anna
2010-01-01

Abstract

L’indagine storica sugli episodi di ribellione collettiva al potere costituito, relativi alla prima età moderna, rivela un complicato intreccio di fattori, interessi e motivazioni. Lungi dal rappresentare l’improvvisa e irrazionale esplosione dei bisogni, i tumulti si configurano come una manifestazione estrema del processo di costruzione dell’identità e della coscienza politica dei gruppi e delle comunità, come una modalità straordinaria di confronto/scontro con il potere e per il potere. L’assolutismo statale va affermandosi progressivamente e mai compiutamente, attraverso una serie di compromessi e di limitazioni, che permeano lo sviluppo dei rapporti tra il centro e le periferie: queste ultime tendono a tutelare i propri privilegi, in un’ottica negoziale ispirata ad una logica pattizia; dal canto loro, invece, le autorità centrali sono portate a procedere in modo verticistico, invocando l’obbligo di fedeltà dei sudditi e facendo un largo ricorso alla sfera del reato di lesa maestà. La rivolta beneventana del 1566 assume un valore fortemente paradigmatico, pur conservando connotati di notevole peculiarità. Essa è un fenomeno pluridimensionale, che si presta a diversi livelli di analisi, coinvolgendo il piano politico, religioso e socio-economico. L’introduzione di procedure straordinarie di accertamento dei reati morali, che evoca lo spettro dell’esecrata inquisizione “al modo di Spagna”, provoca l’insurrezione della popolazione preoccupata per la pubblica quiete e il sereno svolgimento delle transazioni commerciali e finanziarie. Emerge, inoltre, la volontà di salvaguardare i privilegi riconosciuti alla città ab antiquo, considerati dai rivoltosi come patriae leges che vincolano il sovrano. L’analisi di questi tumulti consente anche di approfondire la natura duplice e complessa del potere papale, in cui l’autorità spirituale e quella temporale si alimentano e si rafforzano reciprocamente. Lo studio di questa vicenda svela un microcosmo nel quale si sviluppano dinamiche complesse, rispecchianti i flussi del pensiero politico, le trasformazioni sociali e istituzionali che, in generale, investono le comunità europee di antico regime. Gli avvenimenti qui esaminati discoprono contesti spaziali nei quali lo status di area di confine, complicato dalla condizione di isolamento geo-politico, dà luogo a precarie relazioni interstatuali, che favoriscono attriti diplomatici e sospetti. Nell’universo cittadino dell’enclave pontificia di Benevento, in cui si sperimentano ardite soluzioni politiche che reclamano il diritto di resistere all’autorità, l’assolutismo della monarchia papale si scontra con i tentativi di “negoziazione” della comunità, dove interessi corporativi, logiche fazionarie e brame di preminenza delle élites locali si intrecciano con latenti e plurisecolari aspirazioni annessionistiche al confinante Regno di Napoli. Il presente lavoro si propone come un case-study, che, ricostruendo un episodio territorialmente circoscritto ma profondamente connesso con gli eventi internazionali e la temperie politica di quei decenni, esamina a fondo documenti in gran parte inediti, al fine di offrire un utile tassello per l’ardua ricomposizione del mosaico raffigurante il duttile e multiforme processo di strutturazione delle entità statali nell’età moderna.
2010
9788860427090
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/2600948
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