Il saggio pubblicato in questa rivista argentina multilingue propone una lettura inedita di Charlotte Temple (1791), primo bestseller sentimentale degli Stati Uniti, fondata sull’analisi degli spazi fisici che diventano luoghi, ossia sedi dell’esperienza e delle interazioni umane (in accordo con la seminale teorizzazione di Yi-Fu Tuan, poi ripresa in numerose riflessioni nell’ambito della geografia umanistica). Come accade in Inghilterra alle origini del romanzo borghese, anche nei primi romanzi americani di fine Settecento si riscontra una quasi totale assenza di descrizione della dimensione spaziale. Per diverse ragioni qui esplorate, ancor più ciò accade nella narrativa della corrente sentimentale che si sviluppa parallelamente al melodramma, e di esso registra l’influsso. Il romanziere tende ad esprimersi attraverso tableaux e lo spazio, nell’economia del testo, diventa ridotto ed essenziale com’è nella rappresentazione teatrale; l’attenzione risulta convogliata sui personaggi e sulla loro funzione ideologica, segnalando l’urgenza di avanzare istanze collettive di una nuova umanità scaturita da due recenti rivoluzioni. Eppure le vicende romanzesche s’innestano di necessità in segmenti spaziali, sia pure non descritti, che contribuiscono a costruire il progetto comunicativo del testo. In Charlotte Temple si indaga la funzione ermeneutica di tre ambienti significativi: il collegio femminile inglese di Chichester; la nave che conduce i protagonisti in America; e New York che si biforca in due frazioni, ossia la città e la casa di campagna in cui la protagonista viene relegata dal suo seduttore. Da essi emerge un confronto tra Europa e America (a nostro avviso tema essenziale del romanzo) comprensibilmente contraddittorio, date le vicende personali di Susanna Rowson che nasce in Inghilterra ma vive l’esperienza dell’emigrazione. Il convitto, luogo deputato di risveglio delle pulsioni sessuali e di esplosione sotterranea del desiderio, si presenta come la roccaforte del perbenismo inglese e dell’ipocrisia che connota un’aristocrazia in coma; l’integrità dell’educazione morale in esso impartita viene messa in dubbio attraverso diversi episodi e segni da decodificare. E’ anche specchio di una prigione sociale da cui i due personaggi femminili fuggono per raggiungere l’America rivoluzionaria, sinonimo di libertà. La nave è luogo di transito tra i due segmenti spaziali di tipo nazionale, e lascia aperta ogni possibilità di definizione della meta. E’ luogo in cui si manifesta una proiezione del desiderio di libertà dei due personaggi femminili (mito dell’America), ma in cui si delineano pure progetti acquisitivi di natura meramente materiale da parte dell’abile e spregiudicata Mademoiselle La Rue (corruzione del mito). La casa di campagna nei pressi di New York, con il richiamo all’ambiente idillico e alla quotidianità rurale, risulta una configurazione del falso Eden verso cui Charlotte si è diretta recandosi negli Stati Uniti. La ragazza vi apprende che per sopravvivere nel Paese bisogna adeguarsi all’etica protestante del lavoro, dimenticando i vecchi privilegi e la passività della decadente aristocrazia britannica. Per influsso di pregiudizi biblici nei confronti della città, come pure del mito agrario-pastorale jeffersoniano, New York appare luogo della competizione forzata, della falsità e dell’indifferenza, dello sfrenato desiderio di successo e benessere economico. La Rue vi costruisce la sua effimera fortuna non con il lavoro bensì con gli intrighi, e cade in disgrazia. Charlotte non sopravvive e lascia spazio alla sua antagonista americana. Nel complesso, il romanzo presenta l’America come a tratti è vista ancora oggi: nostalgia dell’Eden e al tempo stesso timore e presagio di una distruzione universale.

Lo spazio non descritto: i luoghi del desiderio in "Charlotte Temple" di Susanna Rowson.

BOTTALICO, Michele
2010-01-01

Abstract

Il saggio pubblicato in questa rivista argentina multilingue propone una lettura inedita di Charlotte Temple (1791), primo bestseller sentimentale degli Stati Uniti, fondata sull’analisi degli spazi fisici che diventano luoghi, ossia sedi dell’esperienza e delle interazioni umane (in accordo con la seminale teorizzazione di Yi-Fu Tuan, poi ripresa in numerose riflessioni nell’ambito della geografia umanistica). Come accade in Inghilterra alle origini del romanzo borghese, anche nei primi romanzi americani di fine Settecento si riscontra una quasi totale assenza di descrizione della dimensione spaziale. Per diverse ragioni qui esplorate, ancor più ciò accade nella narrativa della corrente sentimentale che si sviluppa parallelamente al melodramma, e di esso registra l’influsso. Il romanziere tende ad esprimersi attraverso tableaux e lo spazio, nell’economia del testo, diventa ridotto ed essenziale com’è nella rappresentazione teatrale; l’attenzione risulta convogliata sui personaggi e sulla loro funzione ideologica, segnalando l’urgenza di avanzare istanze collettive di una nuova umanità scaturita da due recenti rivoluzioni. Eppure le vicende romanzesche s’innestano di necessità in segmenti spaziali, sia pure non descritti, che contribuiscono a costruire il progetto comunicativo del testo. In Charlotte Temple si indaga la funzione ermeneutica di tre ambienti significativi: il collegio femminile inglese di Chichester; la nave che conduce i protagonisti in America; e New York che si biforca in due frazioni, ossia la città e la casa di campagna in cui la protagonista viene relegata dal suo seduttore. Da essi emerge un confronto tra Europa e America (a nostro avviso tema essenziale del romanzo) comprensibilmente contraddittorio, date le vicende personali di Susanna Rowson che nasce in Inghilterra ma vive l’esperienza dell’emigrazione. Il convitto, luogo deputato di risveglio delle pulsioni sessuali e di esplosione sotterranea del desiderio, si presenta come la roccaforte del perbenismo inglese e dell’ipocrisia che connota un’aristocrazia in coma; l’integrità dell’educazione morale in esso impartita viene messa in dubbio attraverso diversi episodi e segni da decodificare. E’ anche specchio di una prigione sociale da cui i due personaggi femminili fuggono per raggiungere l’America rivoluzionaria, sinonimo di libertà. La nave è luogo di transito tra i due segmenti spaziali di tipo nazionale, e lascia aperta ogni possibilità di definizione della meta. E’ luogo in cui si manifesta una proiezione del desiderio di libertà dei due personaggi femminili (mito dell’America), ma in cui si delineano pure progetti acquisitivi di natura meramente materiale da parte dell’abile e spregiudicata Mademoiselle La Rue (corruzione del mito). La casa di campagna nei pressi di New York, con il richiamo all’ambiente idillico e alla quotidianità rurale, risulta una configurazione del falso Eden verso cui Charlotte si è diretta recandosi negli Stati Uniti. La ragazza vi apprende che per sopravvivere nel Paese bisogna adeguarsi all’etica protestante del lavoro, dimenticando i vecchi privilegi e la passività della decadente aristocrazia britannica. Per influsso di pregiudizi biblici nei confronti della città, come pure del mito agrario-pastorale jeffersoniano, New York appare luogo della competizione forzata, della falsità e dell’indifferenza, dello sfrenato desiderio di successo e benessere economico. La Rue vi costruisce la sua effimera fortuna non con il lavoro bensì con gli intrighi, e cade in disgrazia. Charlotte non sopravvive e lascia spazio alla sua antagonista americana. Nel complesso, il romanzo presenta l’America come a tratti è vista ancora oggi: nostalgia dell’Eden e al tempo stesso timore e presagio di una distruzione universale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3016443
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