Alla fine del XIX secolo, nell’avvallamento tra la collina della Pnice e l’Acropoli, immediatamente a sud-ovest dell’Areopago, gli scavi dell’Istituto Archeologico Germanico di Atene portarono alla luce un denso quartiere abitativo i cui resti sono spesso trascurati. Eppure presso le pendici occidentali dell’Acropoli, che hanno dato il nome a una classe ceramica a vernice nera, graffita o sovraddipinta, in uso tra il IV e il I sec. a.C. (West-Slope Pottery), vi è una delle poche aree della città dove sarebbe ancora possibile effettuare scavi. Nonostante queste potenzialità, svelate tra il 1891 e il 1898 grazie alle intense ricerche effettuate dall’archeologo tedesco Wilhelm Dörpfeld, nessuna équipe ha proseguito le indagini a eccezione di piccoli interventi della Scuola Americana negli anni Sessanta. L’area archeologica, purtroppo visibile solo dal muro di delimitazione della strada moderna, è caratterizzata dalla presenza di una via che attraversa la valle da nord a sud e che mette in collegamento la parte meridionale della città con le pendici settentrionali dell’Areopago e il Ceramico interno. Su questo importante asse viario si innestano strade di minori dimensioni, non ortogonali, alcune delle quali, mediante tagli nella roccia, si prolungano sulle pendici delle colline adiacenti. Ancora oggi è possibile apprezzare la densità abitativa di un quartiere fondamentale per l’organizzazione urbana: da questa strada si raggiungevano a est l’Acropoli, a nord-est l’Areopago e l’Agora del Ceramico, a ovest la Pnice con l’ekklesiasterion, a sud-ovest Koile e, a sud-est, i quartieri meridionali e la valle dell’Ilisso. Questo asse stradale principale, dopo aver delimitato a occidente l’Areopago, si diramava in tre ulteriori percorsi: a nord-ovest piegava in direzione dell’Agora, a nord proseguiva in direzione del Dipylon (era questa la via di Melite, nel quartiere abitato da Temistocle), mentre a sud-ovest si dirigeva verso la Pnice, sede delle assemblee cittadine. Molto probabilmente questa strada corrisponde allo stenopos Kollyttos menzionato dalle fonti letterarie. Se l’identificazione è corretta tutto il settore della città in esame doveva far parte del demos di Kollyttos, un quartiere molto vivace, abitato da etere, come ricordano Plutarco e Alcifrone, e dove i bambini, come testimonia Tertulliano, non certo per caso, cominciavano a parlare prima che altrove. Oggi il ‘quartiere’ è convenzionalmente identificato con il nome del direttore dell’Istituto Archeologico Germanico che diresse gli scavi nell’ultima decade del XIX secolo. I risultati di quella intensa stagione di ricerche sul campo furono rapidamente pubblicati in relazioni preliminari apparse sulle Athenische Mitteilungen dalle quali si comprendono le modalità di scavo consistenti per lo più in ampi sterri che oggi rendono difficile la comprensione dei contesti di rinvenimento e le cronologie dei differenti complessi monumentali. Se grande attenzione fu posta alle aree di culto, scarso fu l’interesse verso le strutture abitative sebbene queste siano ancora in buono stato di conservazione e presentino, a volte ancora a vista, decorazioni musive. L’indagine, e quindi i risultati raggiunti da Dörpfeld, furono condizionati da una lettura pregiudiziale: lo studioso tedesco pensava infatti di aver localizzato in quest’area la primitiva agora di Atene. Più precisamente Dörpfeld aveva ritenuto di riconoscere l’Enneakrounos (la fontana realizzata da Pisistrato e ricordata da Pausania) in una fontana-cisterna alle pendici orientali della Pnice e il santuario di Dionysos en Limnais, da lui assimilato al Lenaion, nella stessa area dove in epoca tardo-imperiale sorgeva un edificio a tre navate identificato, sulla base di un’iscrizione del II sec. d.C., come Baccheion, la sede della corporazione degli Iobacchi. Ricostruire il quadro dell’occupazione privata di quest’area in epoca arcaica è pressoché impossibile in assenza di dati. Frustuli di muri, pozzi e cisterne testimoniano la densità abitativa, ma la mancanza di una dettagliata documentazione non consente di affrontare una discussione di carattere diacronico e, quindi, di cogliere il processo di trasformazione dell’area. In epoca tardo classica il quartiere è occupato da alcune abitazioni; di queste conosciamo i nomi di proprietari costretti a ipotecare i loro beni: è il caso di Periandro di Cholargos, un personaggio politico del IV secolo a.C., e di Aristodemo di Aphidna, non altrimenti noto.

L'Areaopago e le pendici. Quadro storico-topografico e i paragrafi: Sepolture protogeometriche e geometriche alle pendici nord e nord-ovest dell'Areopago;Le case di età classica sotto la Casa Omega; La Casa di Thamneus; Gli isolati di età classica alle pendici nord dell'Areopago; Le terme; La Casa di Mikion e Memnon; La Casa romana con giardino; Sepolture protogeometriche alle pendici nord-ovest dell'Acropoli; Le Case C e D; La Casa N; L'Edificio in poros (cd. Prigione); Le terme Sud-Ovest e gli impianti termali dell'Areopago; Il recinto funerario arcaico.

Longo, Fausto;
2015-01-01

Abstract

Alla fine del XIX secolo, nell’avvallamento tra la collina della Pnice e l’Acropoli, immediatamente a sud-ovest dell’Areopago, gli scavi dell’Istituto Archeologico Germanico di Atene portarono alla luce un denso quartiere abitativo i cui resti sono spesso trascurati. Eppure presso le pendici occidentali dell’Acropoli, che hanno dato il nome a una classe ceramica a vernice nera, graffita o sovraddipinta, in uso tra il IV e il I sec. a.C. (West-Slope Pottery), vi è una delle poche aree della città dove sarebbe ancora possibile effettuare scavi. Nonostante queste potenzialità, svelate tra il 1891 e il 1898 grazie alle intense ricerche effettuate dall’archeologo tedesco Wilhelm Dörpfeld, nessuna équipe ha proseguito le indagini a eccezione di piccoli interventi della Scuola Americana negli anni Sessanta. L’area archeologica, purtroppo visibile solo dal muro di delimitazione della strada moderna, è caratterizzata dalla presenza di una via che attraversa la valle da nord a sud e che mette in collegamento la parte meridionale della città con le pendici settentrionali dell’Areopago e il Ceramico interno. Su questo importante asse viario si innestano strade di minori dimensioni, non ortogonali, alcune delle quali, mediante tagli nella roccia, si prolungano sulle pendici delle colline adiacenti. Ancora oggi è possibile apprezzare la densità abitativa di un quartiere fondamentale per l’organizzazione urbana: da questa strada si raggiungevano a est l’Acropoli, a nord-est l’Areopago e l’Agora del Ceramico, a ovest la Pnice con l’ekklesiasterion, a sud-ovest Koile e, a sud-est, i quartieri meridionali e la valle dell’Ilisso. Questo asse stradale principale, dopo aver delimitato a occidente l’Areopago, si diramava in tre ulteriori percorsi: a nord-ovest piegava in direzione dell’Agora, a nord proseguiva in direzione del Dipylon (era questa la via di Melite, nel quartiere abitato da Temistocle), mentre a sud-ovest si dirigeva verso la Pnice, sede delle assemblee cittadine. Molto probabilmente questa strada corrisponde allo stenopos Kollyttos menzionato dalle fonti letterarie. Se l’identificazione è corretta tutto il settore della città in esame doveva far parte del demos di Kollyttos, un quartiere molto vivace, abitato da etere, come ricordano Plutarco e Alcifrone, e dove i bambini, come testimonia Tertulliano, non certo per caso, cominciavano a parlare prima che altrove. Oggi il ‘quartiere’ è convenzionalmente identificato con il nome del direttore dell’Istituto Archeologico Germanico che diresse gli scavi nell’ultima decade del XIX secolo. I risultati di quella intensa stagione di ricerche sul campo furono rapidamente pubblicati in relazioni preliminari apparse sulle Athenische Mitteilungen dalle quali si comprendono le modalità di scavo consistenti per lo più in ampi sterri che oggi rendono difficile la comprensione dei contesti di rinvenimento e le cronologie dei differenti complessi monumentali. Se grande attenzione fu posta alle aree di culto, scarso fu l’interesse verso le strutture abitative sebbene queste siano ancora in buono stato di conservazione e presentino, a volte ancora a vista, decorazioni musive. L’indagine, e quindi i risultati raggiunti da Dörpfeld, furono condizionati da una lettura pregiudiziale: lo studioso tedesco pensava infatti di aver localizzato in quest’area la primitiva agora di Atene. Più precisamente Dörpfeld aveva ritenuto di riconoscere l’Enneakrounos (la fontana realizzata da Pisistrato e ricordata da Pausania) in una fontana-cisterna alle pendici orientali della Pnice e il santuario di Dionysos en Limnais, da lui assimilato al Lenaion, nella stessa area dove in epoca tardo-imperiale sorgeva un edificio a tre navate identificato, sulla base di un’iscrizione del II sec. d.C., come Baccheion, la sede della corporazione degli Iobacchi. Ricostruire il quadro dell’occupazione privata di quest’area in epoca arcaica è pressoché impossibile in assenza di dati. Frustuli di muri, pozzi e cisterne testimoniano la densità abitativa, ma la mancanza di una dettagliata documentazione non consente di affrontare una discussione di carattere diacronico e, quindi, di cogliere il processo di trasformazione dell’area. In epoca tardo classica il quartiere è occupato da alcune abitazioni; di queste conosciamo i nomi di proprietari costretti a ipotecare i loro beni: è il caso di Periandro di Cholargos, un personaggio politico del IV secolo a.C., e di Aristodemo di Aphidna, non altrimenti noto.
2015
9788887744347
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