Consapevoli che le immagini costruiscono il racconto mitico attraverso un sistema di rappresentazione autonomo all’interno del quale le variazioni e i singoli elementi individuabili contribuiscono a chiarire il loro significato, l’attenzione si è soffermata su due serie iconografiche, quelle di Ifigenia e di Polissena, che presentano, soprattutto nel corso del IV secolo a.C. nelle produzioni italiote, alcuni segni che, a nostro parere, fissano quegli elementi visivi evocati dal testo di Licofrone, ricco di sfumature e di tinte fosche, quasi grottesche. In particolare le rappresentazioni vascolari costruite intorno alla figura di Ifigenia a partire dai primi decenni del IV secolo propongono un completo ribaltamento della sua condizione, mostrandola non più vittima sacrificale ma sacerdotessa di Artemide ed in qualche modo carnefice essa stessa. Una serie di segni precisi di volta in volta sembrano evocare da un lato la connessione dell’immagine di Ifigenia con i sacrifici cruenti svolti sotto la protezione di Artemide, dall’altro sottolineano la centralità e la spettacolarizzazione del sacrificio, elementi già messi in risalto nel testo licofroneo. Nella seconda serie analizzata il sacrificio cruento e la morte di Polissena sono rappresentati in già nella ceramica attica che peraltro opera una stretta connessione tra le nozze mortali ed il sacrificio cruento cui è destinata. Tale sacrificio è esplicitato però in maniera chiara su un’anfora tirrenica databile alla metà del VI secolo a.C. e ritorna in maniera significativa nelle produzioni italiote di aria tirrenica nel corso del IV secolo a.C. Il rimando continuo nel testo licofroneo alle due figure di Ifigenia e Polissena, sottolineato da versi di efficace contrasto, che ne valorizzano, come ha mostrato Antonella Marandino, similitudini e contrappunti, sembra esplicitarsi nelle immagini attraverso un sistema di segni che giocano in opposizione tra loro; le immagini di Ifigenia, presenti soprattutto nelle produzioni apule, valorizzano principalmente il suo passaggio di statuto da vittima a sacerdotessa, ed un insieme di elementi che ne sottolineano la ritualità e la centralità degli elementi pertinenti alla sfera sacrificale; le raffigurazioni di Polissena, sebbene rare, significativamente mostrano una continuità in ambito tirrenico nel presentare la sua condizione estrema di vittima sacrificale e memoria di passati delitti.

Uccisioni sacrificali e rappresentazioni del grottesco in Licofrone e nella documentazione iconografica magnogreca

MUGIONE, Eliana
2014-01-01

Abstract

Consapevoli che le immagini costruiscono il racconto mitico attraverso un sistema di rappresentazione autonomo all’interno del quale le variazioni e i singoli elementi individuabili contribuiscono a chiarire il loro significato, l’attenzione si è soffermata su due serie iconografiche, quelle di Ifigenia e di Polissena, che presentano, soprattutto nel corso del IV secolo a.C. nelle produzioni italiote, alcuni segni che, a nostro parere, fissano quegli elementi visivi evocati dal testo di Licofrone, ricco di sfumature e di tinte fosche, quasi grottesche. In particolare le rappresentazioni vascolari costruite intorno alla figura di Ifigenia a partire dai primi decenni del IV secolo propongono un completo ribaltamento della sua condizione, mostrandola non più vittima sacrificale ma sacerdotessa di Artemide ed in qualche modo carnefice essa stessa. Una serie di segni precisi di volta in volta sembrano evocare da un lato la connessione dell’immagine di Ifigenia con i sacrifici cruenti svolti sotto la protezione di Artemide, dall’altro sottolineano la centralità e la spettacolarizzazione del sacrificio, elementi già messi in risalto nel testo licofroneo. Nella seconda serie analizzata il sacrificio cruento e la morte di Polissena sono rappresentati in già nella ceramica attica che peraltro opera una stretta connessione tra le nozze mortali ed il sacrificio cruento cui è destinata. Tale sacrificio è esplicitato però in maniera chiara su un’anfora tirrenica databile alla metà del VI secolo a.C. e ritorna in maniera significativa nelle produzioni italiote di aria tirrenica nel corso del IV secolo a.C. Il rimando continuo nel testo licofroneo alle due figure di Ifigenia e Polissena, sottolineato da versi di efficace contrasto, che ne valorizzano, come ha mostrato Antonella Marandino, similitudini e contrappunti, sembra esplicitarsi nelle immagini attraverso un sistema di segni che giocano in opposizione tra loro; le immagini di Ifigenia, presenti soprattutto nelle produzioni apule, valorizzano principalmente il suo passaggio di statuto da vittima a sacerdotessa, ed un insieme di elementi che ne sottolineano la ritualità e la centralità degli elementi pertinenti alla sfera sacrificale; le raffigurazioni di Polissena, sebbene rare, significativamente mostrano una continuità in ambito tirrenico nel presentare la sua condizione estrema di vittima sacrificale e memoria di passati delitti.
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