Il commento alla canzone estravagante di Petrarca "Quel ch’à nostra natura in sé più degno", pubblicato a Macerata nel 1577 dall’accademico ‘selvaggio’ Vincenzo Carrari da Ravenna, rappresenta non solo la prima 'interpretatio' a stampa di questa canzone (che non fu più commentata fino al secolo XIX, quando su di essa spesero le loro cure Francesco Berlan prima e Giosue Carducci poi), ma anche una tipologia di chiosa testuale abbastanza atipica nel panorama dell’esegesi petrarchesca del Cinquecento. A una 'explanatio textus' orientata, da un lato, verso la dichiarazione linguistico-retorica, l’individuazione delle fonti e la ricognizione filologica del testo, dall’altro verso un’utilizzazione di tipo scolastico del testo letterario, come supporto per minuziose esposizioni di filosofia aristotelica (indirizzi prevalenti il primo nei commenti continui a Petrarca prodotti in area lombardo-veneta e meridionale, l’altro nelle lezioni su singoli componimenti petrarcheschi promosse dall’Accademia Fiorentina), Vincenzo Carrari contrappone una chiosa di carattere prevalentemente storico-documentario, che fa della canzone dedicata alla liberazione di Parma dalla tirannide di Alberto e Mastino Della Scala, ad opera di Azzo da Correggio, l’occasione per un ricchissimo 'excursus' storiografico sulle vicende e sulle famiglie notabili non solo parmensi, ma romagnole in genere. La ricostruzione storica, in cui Carrari impiega proficuamente la sua esperienza di autore di una "Historia di Romagna", non eclissa tuttavia completamente l’annotazione propriamente letteraria, nell’ambito della quale le citazioni degli storici greco-latini risultano, comunque, decisamente prevalenti su quelle dei poeti antichi e moderni.

Un "assai copioso commentario". Vincenzo Carrari da Ravenna annotatore di Petrarca

PAOLINO, Laura
2012-01-01

Abstract

Il commento alla canzone estravagante di Petrarca "Quel ch’à nostra natura in sé più degno", pubblicato a Macerata nel 1577 dall’accademico ‘selvaggio’ Vincenzo Carrari da Ravenna, rappresenta non solo la prima 'interpretatio' a stampa di questa canzone (che non fu più commentata fino al secolo XIX, quando su di essa spesero le loro cure Francesco Berlan prima e Giosue Carducci poi), ma anche una tipologia di chiosa testuale abbastanza atipica nel panorama dell’esegesi petrarchesca del Cinquecento. A una 'explanatio textus' orientata, da un lato, verso la dichiarazione linguistico-retorica, l’individuazione delle fonti e la ricognizione filologica del testo, dall’altro verso un’utilizzazione di tipo scolastico del testo letterario, come supporto per minuziose esposizioni di filosofia aristotelica (indirizzi prevalenti il primo nei commenti continui a Petrarca prodotti in area lombardo-veneta e meridionale, l’altro nelle lezioni su singoli componimenti petrarcheschi promosse dall’Accademia Fiorentina), Vincenzo Carrari contrappone una chiosa di carattere prevalentemente storico-documentario, che fa della canzone dedicata alla liberazione di Parma dalla tirannide di Alberto e Mastino Della Scala, ad opera di Azzo da Correggio, l’occasione per un ricchissimo 'excursus' storiografico sulle vicende e sulle famiglie notabili non solo parmensi, ma romagnole in genere. La ricostruzione storica, in cui Carrari impiega proficuamente la sua esperienza di autore di una "Historia di Romagna", non eclissa tuttavia completamente l’annotazione propriamente letteraria, nell’ambito della quale le citazioni degli storici greco-latini risultano, comunque, decisamente prevalenti su quelle dei poeti antichi e moderni.
2012
2600015108
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