Precisato il concetto teorico di “autonomia” quale posizione soggettiva di potere derivato dall’ordinamento sovrano (Costituzione o legge ordinaria) nonché il significato delle sue qualificazioni definitorie (autonomia normativa, organizzatoria e politica), nel saggio si premette l’analisi delle vicende storiche e finanziarie che hanno condotto alla approvazione della legge n. 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione, ove appaiono finalmente realizzati anche sul piano giuridico-formale i principi autonomistici già solennemente dettati dall’art. 5 Cost. a favore delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni, ma in pratica disattesi vuoi dall’interpretazione restrittiva offerta dalla giurisprudenza teorica e pratica vuoi dallo stesso legislatore che, di fatto e segnatamente nel versante della spesa pubblica e delle entrate tributarie, mostrava di disconoscere soprattutto agli Enti locali ogni potere del tipo, in disparte quello politico. L’importante svolta di indirizzo - riconoscibile principalmente dalla diversa formulazione dell’art. 114 Cost. che ha unificato nella logica del pluralismo cooperativo e funzionale nonché in un assetto di pari dignità tutti i soggetti istituzionali che compongono la Repubblica - impone di individuare con certezza il significato da attribuirsi alla nuova disposizione dell’art. 119 Cost. ove, assodato che l’autonomia finanziaria di cui si parla investe tanto la spesa che l’entrata, è poi affermato che anche gli Enti locali dispongono di un tal potere nonché sopratutto – al pari delle Regioni ed in armonia con la Costituzione – del potere di “stabilire” ed “applicare” i tributi propri, laddove in precedenza si alludeva genericamente alla sola possibilità di “istituirli” in funzione meramente integratrice della legislazione statale. Specie per la testuale equiparazione al caso della Regione (i cui poteri di normazione in subjecta materia sono indubitabili perché già riconducibili alle competenze esclusive di cui all’art. 1174) il sintagma orienta verso l’obbiettiva possibilità che la novella abbia inteso assegnare anche agli Enti locali un’apposita e concreta misura di potere normativo tributario, così sovvertendo il sistema delle competenze delineato dall’art. 23 Cost. con riguardo alla materia dei cd. “tributi propri”. Si rammenta che la dottrina tende ad escludere tale interpretazione, pur ravvisandosi da qualche Autore una sostanziale differenza lessicale tra lo “stabilimento” del tributo proprio e la sua mera ”istituzione” prevista nel previgente testo dell’art. 119 della quale occorrerebbe comunque tener conto. Ma si fa osservare che una più meditata riflessione circa l’inserimento della norma nel nuovo quadro sistematico del Tit. V nonché sui collegamenti concettuali tracciabili tra gli artt. 119, 117 e 23 Cost. convince dell’esattezza dell’opposta tesi. Per un verso infatti non può escludersi che l’art. 119, inteso come norma speciale, abbia potuto introdurre una deroga alla norma generale dell’art. 23. Per l’altro verso non è irragionevole supporre che per i soli fini della normazione afferente ai tributi propri gli Enti locali possano avvalersi di regolamenti indipendenti, trattandosi in definitiva di materie già previamente considerate dalle leggi regionali di coordinamento finanziario di cui all’art. 117 secondo comma, a loro volta soggette sia al rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato sia all’ordinario sindacato di legittimità costituzionale.

I nuovi poteri tributari delle autonomie locali

PREZIOSI, Claudio
2005-01-01

Abstract

Precisato il concetto teorico di “autonomia” quale posizione soggettiva di potere derivato dall’ordinamento sovrano (Costituzione o legge ordinaria) nonché il significato delle sue qualificazioni definitorie (autonomia normativa, organizzatoria e politica), nel saggio si premette l’analisi delle vicende storiche e finanziarie che hanno condotto alla approvazione della legge n. 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione, ove appaiono finalmente realizzati anche sul piano giuridico-formale i principi autonomistici già solennemente dettati dall’art. 5 Cost. a favore delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni, ma in pratica disattesi vuoi dall’interpretazione restrittiva offerta dalla giurisprudenza teorica e pratica vuoi dallo stesso legislatore che, di fatto e segnatamente nel versante della spesa pubblica e delle entrate tributarie, mostrava di disconoscere soprattutto agli Enti locali ogni potere del tipo, in disparte quello politico. L’importante svolta di indirizzo - riconoscibile principalmente dalla diversa formulazione dell’art. 114 Cost. che ha unificato nella logica del pluralismo cooperativo e funzionale nonché in un assetto di pari dignità tutti i soggetti istituzionali che compongono la Repubblica - impone di individuare con certezza il significato da attribuirsi alla nuova disposizione dell’art. 119 Cost. ove, assodato che l’autonomia finanziaria di cui si parla investe tanto la spesa che l’entrata, è poi affermato che anche gli Enti locali dispongono di un tal potere nonché sopratutto – al pari delle Regioni ed in armonia con la Costituzione – del potere di “stabilire” ed “applicare” i tributi propri, laddove in precedenza si alludeva genericamente alla sola possibilità di “istituirli” in funzione meramente integratrice della legislazione statale. Specie per la testuale equiparazione al caso della Regione (i cui poteri di normazione in subjecta materia sono indubitabili perché già riconducibili alle competenze esclusive di cui all’art. 1174) il sintagma orienta verso l’obbiettiva possibilità che la novella abbia inteso assegnare anche agli Enti locali un’apposita e concreta misura di potere normativo tributario, così sovvertendo il sistema delle competenze delineato dall’art. 23 Cost. con riguardo alla materia dei cd. “tributi propri”. Si rammenta che la dottrina tende ad escludere tale interpretazione, pur ravvisandosi da qualche Autore una sostanziale differenza lessicale tra lo “stabilimento” del tributo proprio e la sua mera ”istituzione” prevista nel previgente testo dell’art. 119 della quale occorrerebbe comunque tener conto. Ma si fa osservare che una più meditata riflessione circa l’inserimento della norma nel nuovo quadro sistematico del Tit. V nonché sui collegamenti concettuali tracciabili tra gli artt. 119, 117 e 23 Cost. convince dell’esattezza dell’opposta tesi. Per un verso infatti non può escludersi che l’art. 119, inteso come norma speciale, abbia potuto introdurre una deroga alla norma generale dell’art. 23. Per l’altro verso non è irragionevole supporre che per i soli fini della normazione afferente ai tributi propri gli Enti locali possano avvalersi di regolamenti indipendenti, trattandosi in definitiva di materie già previamente considerate dalle leggi regionali di coordinamento finanziario di cui all’art. 117 secondo comma, a loro volta soggette sia al rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato sia all’ordinario sindacato di legittimità costituzionale.
2005
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3122635
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