Il 20 dicembre 1900 la stagione operistica del San Carlo di Napoli si aprì con l’attesa Tosca del maestro Giacomo Puccini. L’accoglienza degli spettatori e della critica fu cordiale ma non certo strepitosa quanto le aspettative facevano prevedere e quanto quel pubblico aveva ben saputo dimostrare in altre occasioni. Ancora vivo era, infatti, il ricordo dei successi del maestro di Lucca, già accolti e amati dal pubblico del San Carlo, di Bohème e Manon Lescaut. Tosca subisce, da parte degli esigenti recensori napoletani, un’analisi fredda e obiettiva che la identifica come un tentativo non perfettamente riuscito di messa in musica di un dramma crudo e brutale che, sebbene ingentilito dall’estro musicale e teatrale del maestro, risentiva dei limiti estetici derivanti in linea diretta dal romanzo di Sardou. Secondo l’opinione critica napoletana, la presenza di situazioni convulse e di personaggi dipinti a tinte forti tratti dall’originale francese per mano dei librettisti Illica e Giacosa, avrebbe suggerito al musicista la scrittura di un’opera funzionale da un punto di vista drammaturgico, ma povera dell’idealità musicale tipica del melodramma. Pur nell’impianto di un’opera destinata al successo, il punto di debolezza rintracciato fu quello di una eccessiva densità drammatica destinata pericolosamente a trasmigrare nella musica, a schiacciarla sotto il predominio della situazione determinando, così, uno squilibrio a danno dell’armonia scenica.

La Tosca a Napoli. Il debutto. Gli interpreti. Le voci

SAPIENZA, Annamaria
1996-01-01

Abstract

Il 20 dicembre 1900 la stagione operistica del San Carlo di Napoli si aprì con l’attesa Tosca del maestro Giacomo Puccini. L’accoglienza degli spettatori e della critica fu cordiale ma non certo strepitosa quanto le aspettative facevano prevedere e quanto quel pubblico aveva ben saputo dimostrare in altre occasioni. Ancora vivo era, infatti, il ricordo dei successi del maestro di Lucca, già accolti e amati dal pubblico del San Carlo, di Bohème e Manon Lescaut. Tosca subisce, da parte degli esigenti recensori napoletani, un’analisi fredda e obiettiva che la identifica come un tentativo non perfettamente riuscito di messa in musica di un dramma crudo e brutale che, sebbene ingentilito dall’estro musicale e teatrale del maestro, risentiva dei limiti estetici derivanti in linea diretta dal romanzo di Sardou. Secondo l’opinione critica napoletana, la presenza di situazioni convulse e di personaggi dipinti a tinte forti tratti dall’originale francese per mano dei librettisti Illica e Giacosa, avrebbe suggerito al musicista la scrittura di un’opera funzionale da un punto di vista drammaturgico, ma povera dell’idealità musicale tipica del melodramma. Pur nell’impianto di un’opera destinata al successo, il punto di debolezza rintracciato fu quello di una eccessiva densità drammatica destinata pericolosamente a trasmigrare nella musica, a schiacciarla sotto il predominio della situazione determinando, così, uno squilibrio a danno dell’armonia scenica.
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