I dati archeologici derivanti dalle indagini svolte in questi ultimi trent’anni nella nostra penisola documentano che tra l’età tardo antica e l’alto Medioevo né la produzione, né la circolazione dei manufatti vitrei subirono battute di arresto. Durante tale periodo le officine in grado di espletare l’intero ciclo produttivo del vetro risultano esigue, mentre appaiono in numero limitato quelle dove sono stati accertati i processi di fusione e ricottura della miscela. Tuttavia, sulla base degli indicatori di produzione, si può certificare che la lavorazione del vetro aveva diffusione ben maggiore. A tale proposito vale qui ricordare i siti di Ventimiglia , Luni , Aquileia , Classe , Invillino , Brescia , Firenze , Cornus , Roma , Napoli , Pozzuoli , Sofiana , Palermo , dove il rinvenimento di scarti di lavorazione come pani in vetro, prove di fusione, crogiuoli ecc. sono elementi sufficienti a definire una produzione locale. Un tentativo di ricostruzione dell’attività vetraria su scala regionale, pertanto, è auspicabile sulla base dei rinvenimenti archeologici relativi ai materiali finiti, agli scarti e a quegli elementi che entrarono a far parte del ciclo produttivo. L’impiego di suppellettili vitree è diffuso in tutti i siti privilegiati quali ville, residenze signorili, castelli, monasteri, chiese e battisteri, indagati in Campania con materiali che vanno dal tardo Antico all’Età moderna e contemporanea. In tali contesti l’abbondanza di rinvenimenti non va messa in relazione con la pratica del riuso poiché il tenore economico degli abitanti non necessitava di tale consuetudine. Anche nell’area di San Pietro a Corte i reperti coprono un ampio arco cronologico che va dal V all’età moderna con materiali relativi a lastre da finestra, suppellettili da mensa e da illuminazione e manufatti ad uso liturgico e funerario. Dal dato archeologico emerge una vitalità produttiva regionale, con maestranze spesso itineranti, la cui tradizione e competenza si certifica ben prima del XIII secolo. Del resto che i magistri napoletani abbiano continuato le loro produzioni anche negli anni successivi al XII secolo si rileva dai documenti emanati sotto Carlo I d’Angiò che ordina in Terra di Lavoro l’acquisto di 320 vetri diversi per le riparazioni alle vetrate dei castelli di Bari e Lucera.

I manufatti vitrei

FIORILLO, ROSA
2013-01-01

Abstract

I dati archeologici derivanti dalle indagini svolte in questi ultimi trent’anni nella nostra penisola documentano che tra l’età tardo antica e l’alto Medioevo né la produzione, né la circolazione dei manufatti vitrei subirono battute di arresto. Durante tale periodo le officine in grado di espletare l’intero ciclo produttivo del vetro risultano esigue, mentre appaiono in numero limitato quelle dove sono stati accertati i processi di fusione e ricottura della miscela. Tuttavia, sulla base degli indicatori di produzione, si può certificare che la lavorazione del vetro aveva diffusione ben maggiore. A tale proposito vale qui ricordare i siti di Ventimiglia , Luni , Aquileia , Classe , Invillino , Brescia , Firenze , Cornus , Roma , Napoli , Pozzuoli , Sofiana , Palermo , dove il rinvenimento di scarti di lavorazione come pani in vetro, prove di fusione, crogiuoli ecc. sono elementi sufficienti a definire una produzione locale. Un tentativo di ricostruzione dell’attività vetraria su scala regionale, pertanto, è auspicabile sulla base dei rinvenimenti archeologici relativi ai materiali finiti, agli scarti e a quegli elementi che entrarono a far parte del ciclo produttivo. L’impiego di suppellettili vitree è diffuso in tutti i siti privilegiati quali ville, residenze signorili, castelli, monasteri, chiese e battisteri, indagati in Campania con materiali che vanno dal tardo Antico all’Età moderna e contemporanea. In tali contesti l’abbondanza di rinvenimenti non va messa in relazione con la pratica del riuso poiché il tenore economico degli abitanti non necessitava di tale consuetudine. Anche nell’area di San Pietro a Corte i reperti coprono un ampio arco cronologico che va dal V all’età moderna con materiali relativi a lastre da finestra, suppellettili da mensa e da illuminazione e manufatti ad uso liturgico e funerario. Dal dato archeologico emerge una vitalità produttiva regionale, con maestranze spesso itineranti, la cui tradizione e competenza si certifica ben prima del XIII secolo. Del resto che i magistri napoletani abbiano continuato le loro produzioni anche negli anni successivi al XII secolo si rileva dai documenti emanati sotto Carlo I d’Angiò che ordina in Terra di Lavoro l’acquisto di 320 vetri diversi per le riparazioni alle vetrate dei castelli di Bari e Lucera.
2013
978-88-7988-583-6
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