L’ "Edipo Re" di Sofocle narra di una profezia infausta che si avvera attraverso le azioni volte a evitarne l’avverarsi. Ma Laio ed Edipo, che danno luogo appunto a tali azioni, credono o non credono nella profezia che li minaccia? Se vi credessero non farebbero nulla per evitarne l’avverarsi, perché riterrebbero che nulla potrebbe impedirlo. Se non vi credessero non farebbero nulla per congiurarla, perché non la riterrebbero destinata ad avverarsi. Se fossero in dubbio se credervi oi non credervi, resterebbe il fatto che in un caso non avrebbero nulla da sperare, nell’altro nulla da temere. Se insieme, contemporaneamente vi credessero e non vi credessero, in virtù del credervi non farebbero nulla, in virtù del non credervi non farebbero nulla. Essi dunque né credono nella profezia, né non vi credono, né sono in dubbio se credervi o non credervi, né vi credono e insieme non vi credono? Qual è allora il loro rapporto con la profezia? Rinunciare a individuarlo significherebbe rinunciare a comprendere il nucleo più profondo della tragedia. Il saggio risponde appunto a questa domanda: Laio ed Edipo credono nella profezia in un modo che racchiude il non credervi; oppure non vi credono in un modo che racchiude il credervi. Se essi agiscono, infatti, vuol dire che ritengono che ci sia bisogno di farlo, che ci si debba adoperare per evitare l’avverarsi della profezia. E ciò – la pura considerazione del bisogno di agire – implica il credere nella profezia. Ma se essi agiscono, vuol dire anche che ritengono possibile farlo, che ritengono possibile evitare l’avverarsi della profezia. E ciò – la pura considerazione della possibilità di agire – implica il non credere nella profezia. Laio ed Edipo, cioè, concepiscono l’intenzione di agire per scongiurare l’avverarsi della profezia in quanto ritengono necessario farlo, dunque in quanto credono nella profezia. Ma se poi concretamente agiscono ciò avviene in quanto ritengono possibile farlo, dunque in quanto non credono nella profezia. E’ l’atto del credere nella profezia a dare luogo a un comportamento che implica il non credervi. Il non credervi è dunque dentro l’atto del credervi, è racchiuso in esso. Questa stessa questione può essere posta nei termini inversi: Laio ed Edipo concepiscono l’intenzione di agire in quanto ritengono possibile farlo, dunque in quanto non credono nella profezia, ma se poi concretamente agiscono ciò avviene in quanto ritengono necessario farlo, dunque in quanto credono nella profezia. In questi termini, è l’atto del non credere a dare luogo a un comportamento che implica il credere. In questo senso, il credere è dentro il non credere. In definita il credere racchiude il non credere in quello stesso contenuto e, viceversa, il non credere racchiude il credere. Il saggio si sviluppa e si conclude argomentando il significato più ampio di tale implicazione reciproca del credere e del non credere, fino a identificare in essa la risposta alla domanda: “che cosa significa credere?”. (Libro segnalato su “La Repubblica”, 24 giugno 2012 e recensito sulla rivista online “Recensioni filosofiche”, 27 dicembre 2012).

Sull'Edipo Re

PULLI, Gabriele
2012-01-01

Abstract

L’ "Edipo Re" di Sofocle narra di una profezia infausta che si avvera attraverso le azioni volte a evitarne l’avverarsi. Ma Laio ed Edipo, che danno luogo appunto a tali azioni, credono o non credono nella profezia che li minaccia? Se vi credessero non farebbero nulla per evitarne l’avverarsi, perché riterrebbero che nulla potrebbe impedirlo. Se non vi credessero non farebbero nulla per congiurarla, perché non la riterrebbero destinata ad avverarsi. Se fossero in dubbio se credervi oi non credervi, resterebbe il fatto che in un caso non avrebbero nulla da sperare, nell’altro nulla da temere. Se insieme, contemporaneamente vi credessero e non vi credessero, in virtù del credervi non farebbero nulla, in virtù del non credervi non farebbero nulla. Essi dunque né credono nella profezia, né non vi credono, né sono in dubbio se credervi o non credervi, né vi credono e insieme non vi credono? Qual è allora il loro rapporto con la profezia? Rinunciare a individuarlo significherebbe rinunciare a comprendere il nucleo più profondo della tragedia. Il saggio risponde appunto a questa domanda: Laio ed Edipo credono nella profezia in un modo che racchiude il non credervi; oppure non vi credono in un modo che racchiude il credervi. Se essi agiscono, infatti, vuol dire che ritengono che ci sia bisogno di farlo, che ci si debba adoperare per evitare l’avverarsi della profezia. E ciò – la pura considerazione del bisogno di agire – implica il credere nella profezia. Ma se essi agiscono, vuol dire anche che ritengono possibile farlo, che ritengono possibile evitare l’avverarsi della profezia. E ciò – la pura considerazione della possibilità di agire – implica il non credere nella profezia. Laio ed Edipo, cioè, concepiscono l’intenzione di agire per scongiurare l’avverarsi della profezia in quanto ritengono necessario farlo, dunque in quanto credono nella profezia. Ma se poi concretamente agiscono ciò avviene in quanto ritengono possibile farlo, dunque in quanto non credono nella profezia. E’ l’atto del credere nella profezia a dare luogo a un comportamento che implica il non credervi. Il non credervi è dunque dentro l’atto del credervi, è racchiuso in esso. Questa stessa questione può essere posta nei termini inversi: Laio ed Edipo concepiscono l’intenzione di agire in quanto ritengono possibile farlo, dunque in quanto non credono nella profezia, ma se poi concretamente agiscono ciò avviene in quanto ritengono necessario farlo, dunque in quanto credono nella profezia. In questi termini, è l’atto del non credere a dare luogo a un comportamento che implica il credere. In questo senso, il credere è dentro il non credere. In definita il credere racchiude il non credere in quello stesso contenuto e, viceversa, il non credere racchiude il credere. Il saggio si sviluppa e si conclude argomentando il significato più ampio di tale implicazione reciproca del credere e del non credere, fino a identificare in essa la risposta alla domanda: “che cosa significa credere?”. (Libro segnalato su “La Repubblica”, 24 giugno 2012 e recensito sulla rivista online “Recensioni filosofiche”, 27 dicembre 2012).
2012
9788884101860
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3877984
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