La prospettiva di poter provvedere al miglioramento morale degli individui per via farmacologica è stata presa in seria considerazione in alcuni articoli a partire dall’inizio del 2000 e ultimamente in un testo di Persson e Savulescu. Per questi due autori, il miglioramento morale, il moral bioenhancement, è una necessità dettata dalla situazione delicata nella quale l’umanità si trova: a un progresso materiale che ha permesso l’invenzione di tecnologie potenzialmente distruttrici e l’alterazione del nostro ecosistema con conseguenze difficilmente calcolabili non si è accompagnato un analogo progresso morale che garantisca del buon uso di queste tecniche. Gli autori di cui si discutono le tesi si propongono quindi di mettere al servizio di un presupposto miglioramento morale che deve assicurare un buon uso di quella stessa capacità tecnologica che è in realtà l’elemento che ci mette in pericolo. Dopo aver ricostruito il dibattito iniziato ben prima la pubblicazione di questo testo avvenuta nel 2012, l’articolo si concentra sulla discussione delle tesi di Persson e Savulescu per i quali l’eventualità di un MBE si riassume nell’aumento dell’empatia e nell’eliminazione di pregiudizi morali ingiustificati tramite l’adeguata somministrazione di SSRIs e ossitocina. Tale forma di enhancement ha incontrato critiche fondamentali che ne hanno messo in discussione non solo la legittimità morale, ma anche la sua stessa efficacia. Ci si è chiesti in effetti che cosa significa teoricamente procedere a un miglioramento della morale individuale e se questo miglioramento sia effettivamente capace di tradursi in comportamenti di cui è possibile verificare l’effettiva positività. Gli studi sugli effetti di queste due molecole non hanno dato risultati incontrovertibili sulla loro reale efficacia. D’altra parte è stato osservato che considerare come un miglioramento della moralità individuale, comportamenti prodotti da farmaci, non sembra coerente con la nozione di moralità. Infine si è messo in evidenza che l’aumento dell’empatia non produce automaticamente un miglioramento della situazione morale e materiale dell’umanità, anzi può spesso condurre a risultati opposti a quelli ricercati.

Una pillola per diventare più buoni. Il dibattito sul "moral bioenhancement"

ADORNO, Francesco Paolo
2016-01-01

Abstract

La prospettiva di poter provvedere al miglioramento morale degli individui per via farmacologica è stata presa in seria considerazione in alcuni articoli a partire dall’inizio del 2000 e ultimamente in un testo di Persson e Savulescu. Per questi due autori, il miglioramento morale, il moral bioenhancement, è una necessità dettata dalla situazione delicata nella quale l’umanità si trova: a un progresso materiale che ha permesso l’invenzione di tecnologie potenzialmente distruttrici e l’alterazione del nostro ecosistema con conseguenze difficilmente calcolabili non si è accompagnato un analogo progresso morale che garantisca del buon uso di queste tecniche. Gli autori di cui si discutono le tesi si propongono quindi di mettere al servizio di un presupposto miglioramento morale che deve assicurare un buon uso di quella stessa capacità tecnologica che è in realtà l’elemento che ci mette in pericolo. Dopo aver ricostruito il dibattito iniziato ben prima la pubblicazione di questo testo avvenuta nel 2012, l’articolo si concentra sulla discussione delle tesi di Persson e Savulescu per i quali l’eventualità di un MBE si riassume nell’aumento dell’empatia e nell’eliminazione di pregiudizi morali ingiustificati tramite l’adeguata somministrazione di SSRIs e ossitocina. Tale forma di enhancement ha incontrato critiche fondamentali che ne hanno messo in discussione non solo la legittimità morale, ma anche la sua stessa efficacia. Ci si è chiesti in effetti che cosa significa teoricamente procedere a un miglioramento della morale individuale e se questo miglioramento sia effettivamente capace di tradursi in comportamenti di cui è possibile verificare l’effettiva positività. Gli studi sugli effetti di queste due molecole non hanno dato risultati incontrovertibili sulla loro reale efficacia. D’altra parte è stato osservato che considerare come un miglioramento della moralità individuale, comportamenti prodotti da farmaci, non sembra coerente con la nozione di moralità. Infine si è messo in evidenza che l’aumento dell’empatia non produce automaticamente un miglioramento della situazione morale e materiale dell’umanità, anzi può spesso condurre a risultati opposti a quelli ricercati.
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