We comment an anomalous ordinance of evident inadmissibility, since with it, overcoming the proverbial insensitivity between ad quem(the Constitutional Court) and a quo(the Magistrature) judgments, the Constitutional Court actually gives clear directions to the “a quo magistrate”: it certifies the existence of a "living law" (iusreceptum), so that the violation by the public officer of the collective agreement law applicable to public employment relationships does not achieve one of the necessary preconditions for the configurability of the abuse of office. It denies the existence of another "living law", so that the ”violation of the law” in Article 323 of the Penal Code does not include directly detrimental behaviours to the principle of impartiality enshrined in art. 97 of the Constitution; consequently it directs the “a quomagistrate”to a compatible interpretation, inspired by the art. 25 and 97 of the Constitution; so, implyingas also provided administrative measures tainted by mere excess of power, it closes the way to broad interpretations of office abuse figure, opening it, even implicitly, to a reinterpretation of the vice of administrative discretion as a vice resulting from the violation of constitutional principles.

Si commenta una anomala ordinanza di manifesta inammissibilità, perché con essa, superando la proverbiale insensibilità fra giudizio ad quem e giudizio a quo, di fatto la Corte costituzionale dà precisi indirizzi al rimettente: certifica l’esistenza di un «diritto vivente», per cui la violazione da parte del pubblico ufficiale delle norme contrattuali collettive applicabili ai rapporti di pubblico impiego non realizza uno dei presupposti necessari per la configurabilità dell’abuso di ufficio; nega l’esistenza di un altro «diritto vivente», per cui la «violazione di norme di legge» ex art 323 c.p. non include condotte direttamente lesive del principio di imparzialità sancito dall’art. 97 Cost.; di conseguenza indirizza il rimettente verso una interpretazione conforme, ispirata agli art. 25 e 97 Cost.; chiude, così, la strada ad interpretazioni ampie della figura dell’abuso d’ufficio, che presuppongano come condizione anche atti amministrativi viziati da mero eccesso di potere; apre la strada, sia pure implicitamente, ad una rilettura del vizio della discrezionalità amministrativa come vizio derivante da lesione di principi costituzionali.

Un’anomala ordinanza della Consulta in tema di abuso d’ufficio e… di eccesso di potere. Commento a C.Cost., ordinanza 14 luglio 2016, n. 117

GALDI, Marco
2016-01-01

Abstract

We comment an anomalous ordinance of evident inadmissibility, since with it, overcoming the proverbial insensitivity between ad quem(the Constitutional Court) and a quo(the Magistrature) judgments, the Constitutional Court actually gives clear directions to the “a quo magistrate”: it certifies the existence of a "living law" (iusreceptum), so that the violation by the public officer of the collective agreement law applicable to public employment relationships does not achieve one of the necessary preconditions for the configurability of the abuse of office. It denies the existence of another "living law", so that the ”violation of the law” in Article 323 of the Penal Code does not include directly detrimental behaviours to the principle of impartiality enshrined in art. 97 of the Constitution; consequently it directs the “a quomagistrate”to a compatible interpretation, inspired by the art. 25 and 97 of the Constitution; so, implyingas also provided administrative measures tainted by mere excess of power, it closes the way to broad interpretations of office abuse figure, opening it, even implicitly, to a reinterpretation of the vice of administrative discretion as a vice resulting from the violation of constitutional principles.
2016
Si commenta una anomala ordinanza di manifesta inammissibilità, perché con essa, superando la proverbiale insensibilità fra giudizio ad quem e giudizio a quo, di fatto la Corte costituzionale dà precisi indirizzi al rimettente: certifica l’esistenza di un «diritto vivente», per cui la violazione da parte del pubblico ufficiale delle norme contrattuali collettive applicabili ai rapporti di pubblico impiego non realizza uno dei presupposti necessari per la configurabilità dell’abuso di ufficio; nega l’esistenza di un altro «diritto vivente», per cui la «violazione di norme di legge» ex art 323 c.p. non include condotte direttamente lesive del principio di imparzialità sancito dall’art. 97 Cost.; di conseguenza indirizza il rimettente verso una interpretazione conforme, ispirata agli art. 25 e 97 Cost.; chiude, così, la strada ad interpretazioni ampie della figura dell’abuso d’ufficio, che presuppongano come condizione anche atti amministrativi viziati da mero eccesso di potere; apre la strada, sia pure implicitamente, ad una rilettura del vizio della discrezionalità amministrativa come vizio derivante da lesione di principi costituzionali.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4672485
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact