The contribution is intended to capture the artistic quality of the I Giganti della montagna set-up by two directors who worked in the second half of the 20th century, Giorgio Strehler and Mario Missiroli. They went, with different sensibilities, through Pirandellian inquiry into the mystery that nourishes artistic creation, by breaking the apparent consistency of reality and the boundary between life and death. This will be considering the three plays directed by Strehler in 1947, 1966 and 1994 and the one directed by Mario Missiroli in1979. According to Strehler, who began to work on I Giganti della Montagna very early in his life putting the drama in the program of the first year of inauguration of the Piccolo Teatro di Milano (1947), it was necessary to reject the recurring idea about pirandellism that drove the work to relativism of the «of human incomprehension», because the theme of the drama was, on the contrary, the opposition of the two possible ways of practicing theatrical art: the exclusive one of Cotrone, self-reflected, lived in absolute purity, and that dialectic of Ilse, consacrated to the expression of art and its diffusion in the world. This interpretation encompassed all three Strehler's directions, and at every mise-en-scene, through the use of metatheatrality and through implicit references between author, character and director, the text gave light to Strehler autobiographical dimension supported by intense reflection on the purposes of art in real society. For Mario Missiroli I Giganti della Montagna, staged in 1979, was the starting point for a show that, thanks to a scene of great visual impact, moved the pirandellian investigation around the mystery of art on the ground of the present , more particularly of the theater of the sixties and seventies, through effective visual metaphors. With its gravitational focus on the central issue of the work of art, the pirandellian text urged the director to express himself in the controversy of the theater directed by the performances of the protagonists of the New Theater (such as the Living Theater or Grotowski). The center of gravity of the show, therefore, focused on the contrast between Cotrone's and Ilse's views, and be-tween the way of approaching to life of the actors on one side,and that of the Scalognati (living metaphors of contemporary theatrical utopia). The work of study and preparation of a kind of subject as that of the I Giganti della Montagna brought to the fore, in Missiroli intentions, the burning cultural question of the fate of directing attitude in Italy – as it was termed in the second postwar period – in his contemporaneity.

Il contributo si propone di cogliere la qualità artistica degli allestimenti dedicati a I Giganti della montagna da par-te di due registi attivi nella seconda metà del XX secolo, Giorgio Strehler e Mario Missiroli. Costoro declinarono, con diversa sensibilità, l’inchiesta pirandelliana sul mistero che alimenta la creazione artistica infrangendola consistenza apparente del reale e il confine tra la vita e la morte. Gli spettacoli presi in esame sono le tre regie strehleria-ne del 1947, 1966 e 1994 e la regia di Mario Missiroli del 1979. Secondo Strehler, che iniziò a occuparsi giovanissimo dei Giganti della montagna e che pose il dramma nel pro-gramma del primo anno di inaugurazione del Piccolo Teatro di Milano (1947), occorreva respingere il ricorrente pirandellismo che ancorava l’opera al relativismo e alla «scontatissima commedia dell’incomprensione umana» perché il tema del dramma verteva, invece, sulla contrapposizione tra i soli due modi possibili di praticare l’arte tea-trale: quella esclusiva di Cotrone, paga di sé, vissuta in assoluta purezza, e quella dialettica di Ilse, consacrata all’espressione dell’arte e alla sua diffusione nel mondo. Questa interpretazione incardinò tutte e tre le regie strehleriane, ma ad ogni messinscena, mediante la leva della meta teatralità e per via di rimandi impliciti tra autore, personaggio e regista reale, il testo diede luce alla dimensione autobiografica strehleriana sostenuta da un’intensa riflessione sulle finalità dell’arte nella società reale. Per Mario Missiroli I Giganti della montagna, messi in scena nel 1979, costituirono la base di partenza per uno spettacolo che, grazie anche ad una scenografia di grande impatto visivo, spostava l’inchiesta pirandelliana intorno al mistero dell’arte sul terreno dell’attualità, più in particolare del teatro degli anni Sessanta e Settanta, mediante efficaci metafore visive. Con il suo gravitare attorno alla questione centrale della destinazione dell’opera d’arte, il testo pirandelliano sollecitava, infatti, il regista a esprimersi sulla contestazione del teatro di regia sollevata dagli spettacoli dei protagonisti del Nuovo Teatro (come il Living Theatre o Grotowskij). Il baricentro dello spettacolo si fissò, dunque, sulla contrapposizione tra le concezioni di Cotrone e quelle di Ilse e tra il modo di vivere degli attori e quello degli Scalognati (metafore viventi dell’utopia teatrale contemporanea). Il lavoro di studio e preparazione di una materia come quella dei Giganti portò in primo piano, nella visione di Missi-roli, la bruciante questione culturale del destino della regia italiana – così come si era definita nel secondo dopo-guerra – nella contemporaneità.

L’Oltre pirandelliano in due spettacoli di regia: "I Giganti della montagna" di Giorgio Strehler e di Mario Missiroli

Innamorati, Isabella
2017-01-01

Abstract

The contribution is intended to capture the artistic quality of the I Giganti della montagna set-up by two directors who worked in the second half of the 20th century, Giorgio Strehler and Mario Missiroli. They went, with different sensibilities, through Pirandellian inquiry into the mystery that nourishes artistic creation, by breaking the apparent consistency of reality and the boundary between life and death. This will be considering the three plays directed by Strehler in 1947, 1966 and 1994 and the one directed by Mario Missiroli in1979. According to Strehler, who began to work on I Giganti della Montagna very early in his life putting the drama in the program of the first year of inauguration of the Piccolo Teatro di Milano (1947), it was necessary to reject the recurring idea about pirandellism that drove the work to relativism of the «of human incomprehension», because the theme of the drama was, on the contrary, the opposition of the two possible ways of practicing theatrical art: the exclusive one of Cotrone, self-reflected, lived in absolute purity, and that dialectic of Ilse, consacrated to the expression of art and its diffusion in the world. This interpretation encompassed all three Strehler's directions, and at every mise-en-scene, through the use of metatheatrality and through implicit references between author, character and director, the text gave light to Strehler autobiographical dimension supported by intense reflection on the purposes of art in real society. For Mario Missiroli I Giganti della Montagna, staged in 1979, was the starting point for a show that, thanks to a scene of great visual impact, moved the pirandellian investigation around the mystery of art on the ground of the present , more particularly of the theater of the sixties and seventies, through effective visual metaphors. With its gravitational focus on the central issue of the work of art, the pirandellian text urged the director to express himself in the controversy of the theater directed by the performances of the protagonists of the New Theater (such as the Living Theater or Grotowski). The center of gravity of the show, therefore, focused on the contrast between Cotrone's and Ilse's views, and be-tween the way of approaching to life of the actors on one side,and that of the Scalognati (living metaphors of contemporary theatrical utopia). The work of study and preparation of a kind of subject as that of the I Giganti della Montagna brought to the fore, in Missiroli intentions, the burning cultural question of the fate of directing attitude in Italy – as it was termed in the second postwar period – in his contemporaneity.
2017
Il contributo si propone di cogliere la qualità artistica degli allestimenti dedicati a I Giganti della montagna da par-te di due registi attivi nella seconda metà del XX secolo, Giorgio Strehler e Mario Missiroli. Costoro declinarono, con diversa sensibilità, l’inchiesta pirandelliana sul mistero che alimenta la creazione artistica infrangendola consistenza apparente del reale e il confine tra la vita e la morte. Gli spettacoli presi in esame sono le tre regie strehleria-ne del 1947, 1966 e 1994 e la regia di Mario Missiroli del 1979. Secondo Strehler, che iniziò a occuparsi giovanissimo dei Giganti della montagna e che pose il dramma nel pro-gramma del primo anno di inaugurazione del Piccolo Teatro di Milano (1947), occorreva respingere il ricorrente pirandellismo che ancorava l’opera al relativismo e alla «scontatissima commedia dell’incomprensione umana» perché il tema del dramma verteva, invece, sulla contrapposizione tra i soli due modi possibili di praticare l’arte tea-trale: quella esclusiva di Cotrone, paga di sé, vissuta in assoluta purezza, e quella dialettica di Ilse, consacrata all’espressione dell’arte e alla sua diffusione nel mondo. Questa interpretazione incardinò tutte e tre le regie strehleriane, ma ad ogni messinscena, mediante la leva della meta teatralità e per via di rimandi impliciti tra autore, personaggio e regista reale, il testo diede luce alla dimensione autobiografica strehleriana sostenuta da un’intensa riflessione sulle finalità dell’arte nella società reale. Per Mario Missiroli I Giganti della montagna, messi in scena nel 1979, costituirono la base di partenza per uno spettacolo che, grazie anche ad una scenografia di grande impatto visivo, spostava l’inchiesta pirandelliana intorno al mistero dell’arte sul terreno dell’attualità, più in particolare del teatro degli anni Sessanta e Settanta, mediante efficaci metafore visive. Con il suo gravitare attorno alla questione centrale della destinazione dell’opera d’arte, il testo pirandelliano sollecitava, infatti, il regista a esprimersi sulla contestazione del teatro di regia sollevata dagli spettacoli dei protagonisti del Nuovo Teatro (come il Living Theatre o Grotowskij). Il baricentro dello spettacolo si fissò, dunque, sulla contrapposizione tra le concezioni di Cotrone e quelle di Ilse e tra il modo di vivere degli attori e quello degli Scalognati (metafore viventi dell’utopia teatrale contemporanea). Il lavoro di studio e preparazione di una materia come quella dei Giganti portò in primo piano, nella visione di Missi-roli, la bruciante questione culturale del destino della regia italiana – così come si era definita nel secondo dopo-guerra – nella contemporaneità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4701210
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