Diverse sono le ragioni che hanno spinto il curatore a tradurre e ad annotare due poemi di Giuseppe Antonio Giocchino Cerutti sui giardini. La prima ragione. I due poemi richiamano l’attenzione sul giardino come spazio del tempo e della pazienza: della cura, cioè, che ogni giardino richiede se non lo si vuole condannare alla distruzione e alla scomparsa, ma restituirlo allo stupore dello sguardo e al fremito del sentimento. Cerutti osserva che camminare in un giardino è come passeggiare nel tempo, che porta con sé uomini e cose, idee e bellezza. È filosofare «sulla instabilità dell’architettura e dell’umanità», «sulle rovine del mondo e della razza umana». È comprendere che «ogni piacere porta in sé il lutto». È vedere (per un istante, fermo negli occhi e nella mente) ciò che è prossimo a trascorrere, e che, proprio per questa sua caducità, merita attenzione e premura. La seconda ragione. Quelli di Cerutti sono due poemi che pensano al giardino come a un meta- spazio che rende possibile rêver, termine considerevolmente polisemico. Come ricorda la quarta edizione del Dictionnaire de l’Académie Française, quando chiarisce che rêver significa «fare dei sogni», «essere distratto, lasciare andare la propria immaginazione su cose vane e vaghe, senza alcun oggetto fisso e certo», ma anche «pensare, meditare profondamente su qualche cosa». A indicare sia un pensiero profondo sulle cose, ma anche, e soprattutto, l’affiorare nell’io (nella sua coscienza) di quella parte che giace opaca, composta di attese e paure che si mescolano ai desideri e alle speranze.

I giardini di Betz e Epistola in versi irregolari, sui giardini

Vincenzo COCCO
2018-01-01

Abstract

Diverse sono le ragioni che hanno spinto il curatore a tradurre e ad annotare due poemi di Giuseppe Antonio Giocchino Cerutti sui giardini. La prima ragione. I due poemi richiamano l’attenzione sul giardino come spazio del tempo e della pazienza: della cura, cioè, che ogni giardino richiede se non lo si vuole condannare alla distruzione e alla scomparsa, ma restituirlo allo stupore dello sguardo e al fremito del sentimento. Cerutti osserva che camminare in un giardino è come passeggiare nel tempo, che porta con sé uomini e cose, idee e bellezza. È filosofare «sulla instabilità dell’architettura e dell’umanità», «sulle rovine del mondo e della razza umana». È comprendere che «ogni piacere porta in sé il lutto». È vedere (per un istante, fermo negli occhi e nella mente) ciò che è prossimo a trascorrere, e che, proprio per questa sua caducità, merita attenzione e premura. La seconda ragione. Quelli di Cerutti sono due poemi che pensano al giardino come a un meta- spazio che rende possibile rêver, termine considerevolmente polisemico. Come ricorda la quarta edizione del Dictionnaire de l’Académie Française, quando chiarisce che rêver significa «fare dei sogni», «essere distratto, lasciare andare la propria immaginazione su cose vane e vaghe, senza alcun oggetto fisso e certo», ma anche «pensare, meditare profondamente su qualche cosa». A indicare sia un pensiero profondo sulle cose, ma anche, e soprattutto, l’affiorare nell’io (nella sua coscienza) di quella parte che giace opaca, composta di attese e paure che si mescolano ai desideri e alle speranze.
2018
9788865482629
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