All’interno di un Convegno MOD sulla Tipologia della narrazione breve, l’autore ha focalizzato la propria attenzione sul libro d’esordio del D’Annunzio novelliere, Terra vergine del 1892 (nove brani, più i due aggiunti nell’84, Bestiame ed Ecloga fluviale). Sulla scorta della definizione strutturale di Gibellini, secondo la quale questi bozzetti apparterrebbero al <<terrain vague tra prosa e poesia>>, l’autore ne fissa subito la matrice, comune a tutti gli scritti dannunziani del periodo iniziale, in uno stato di naturismo selvaggio. I modelli operanti in quest’opera, infatti, sono Verga e Zola, sì, ma presi in ciò che avevano di pre-dannunziano, ossia nei loro <<effetti forti>>, per dirla con Paratore. Per quanto riguarda l’influsso di Verga, l’autore si schiera con quanti ritengono che i prestiti verghiani sono poco più che intarsi, non avendo valenza strutturale. Esempio: l’aggettivazione trimembre di sicura origine verghiana viene usata da D. in modo onnivoro, aggredendo anche le strutture sintattiche (secondo la solita “emulazione superlativa” verso i suoi modelli – si pensi all’esempio esemplare di un titolo come Odi arcibarbarissime). L’aggettivazione trimembre, infatti, diventa una sorta di legge della triplicatio, attestatissima ad ogni livello linguistico. Ma insieme a tali configurazioni sintattiche si notano anche strutture attributive, sintagmatiche e frastiche più ampie, a quattro e cinque membri, con le quali si abbandona la sfera d’influenza verghiana e si entra ormai nel dominio delle strutture elencative e accumulative, già ai margini dell’amplificatio. E la ben nota lussuria fraseologica del pescarese, la s’individua facilmente anche a livello lessicale, dove si nota l’uso di vocaboli duri, crudi, aspramente espressionistici. Gli stessi personaggi, dalla onomastica fin troppo peregrina, non hanno niente a che vedere con i vinti di Verga o con i miserabili di Hugo. Sono marionette naturistiche mosse dall’istinto di vita e dal bisogno del sesso. In definitiva D. usa Verga (e Zola) e il verismo a proprio uso e consumo, esasperandone i toni, in effetti liquidandoli, e facendone materiale di riuso.
Titolo: | Appunti sui bozzetti di "Terra vergine" |
Autori: | |
Data di pubblicazione: | 2004 |
Abstract: | All’interno di un Convegno MOD sulla Tipologia della narrazione breve, l’autore ha focalizzato la propria attenzione sul libro d’esordio del D’Annunzio novelliere, Terra vergine del 1892 (nove brani, più i due aggiunti nell’84, Bestiame ed Ecloga fluviale). Sulla scorta della definizione strutturale di Gibellini, secondo la quale questi bozzetti apparterrebbero al <<terrain vague tra prosa e poesia>>, l’autore ne fissa subito la matrice, comune a tutti gli scritti dannunziani del periodo iniziale, in uno stato di naturismo selvaggio. I modelli operanti in quest’opera, infatti, sono Verga e Zola, sì, ma presi in ciò che avevano di pre-dannunziano, ossia nei loro <<effetti forti>>, per dirla con Paratore. Per quanto riguarda l’influsso di Verga, l’autore si schiera con quanti ritengono che i prestiti verghiani sono poco più che intarsi, non avendo valenza strutturale. Esempio: l’aggettivazione trimembre di sicura origine verghiana viene usata da D. in modo onnivoro, aggredendo anche le strutture sintattiche (secondo la solita “emulazione superlativa” verso i suoi modelli – si pensi all’esempio esemplare di un titolo come Odi arcibarbarissime). L’aggettivazione trimembre, infatti, diventa una sorta di legge della triplicatio, attestatissima ad ogni livello linguistico. Ma insieme a tali configurazioni sintattiche si notano anche strutture attributive, sintagmatiche e frastiche più ampie, a quattro e cinque membri, con le quali si abbandona la sfera d’influenza verghiana e si entra ormai nel dominio delle strutture elencative e accumulative, già ai margini dell’amplificatio. E la ben nota lussuria fraseologica del pescarese, la s’individua facilmente anche a livello lessicale, dove si nota l’uso di vocaboli duri, crudi, aspramente espressionistici. Gli stessi personaggi, dalla onomastica fin troppo peregrina, non hanno niente a che vedere con i vinti di Verga o con i miserabili di Hugo. Sono marionette naturistiche mosse dall’istinto di vita e dal bisogno del sesso. In definitiva D. usa Verga (e Zola) e il verismo a proprio uso e consumo, esasperandone i toni, in effetti liquidandoli, e facendone materiale di riuso. |
Handle: | http://hdl.handle.net/11386/1060784 |
ISBN: | 9788882471477 |
Appare nelle tipologie: | 4.1.2 Proceedings con ISBN |