Il lavoro muove da una puntuale ricostruzione del substrato assiologico della sussidiarietà, della sua definizione e del suo inquadramento quale principio, oltre che come valore già sedimentato, ed anche come autentico “nome nuovo” di altri princìpi costituzionali (quali quelli di democrazia, pluralismo e personalismo). L’indagine è articolata in tre parti nel cui dipanarsi si rinsalda il convincimento che il principio in esame non può essere ridotto a mero criterio di funzionamento di competenze appartenenti a diversi livelli organizzativi, ma deve essere inteso come canone che, all’interno dei meccanismi istituzionali, concorre ad equilibrare le risposte che lo Stato e gli altri enti territoriali devono fornire alle domande dei cittadini al livello più vicino ai luoghi della loro vita reale. La prima parte è dedicata all’analisi della sussidiarietà nell’ordinamento italiano e contempla l’approfondimento del complesso rapporto sussistente, da un lato, tra sussidiarietà, forma di Stato e pluralismo e, dall’altro, tra sussidiarietà, democrazia e sovranità. Per quanto concerne il primo profilo, non è azzardato, anche alla luce dell’analisi dei lavori preparatori in Assemblea costituente, pervenire all’affermazione che il principio di sussidiarietà risulta presente in nuce nella Carta costituzionale del 1948. E, d’altro canto, l’attenzione per la tutela dei gruppi sociali, sia sotto il profilo organizzativo e sia sotto quello della capacità di produrre ordinamenti diversi da quelli statuali, concreta il peculiare connotato costituzionale del modello pluralistico. L’importanza annessa a questa visione pluralistica è testimoniata, fra l’altro, dall’attenzione che, nella ricerca delle ascendenze, si dedica anche alla lezione proveniente dalla dottrina sociale della Chiesa. Sotto diverso aspetto, è indubitabile che lo stesso riconoscimento del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. rappresenta implicitamente l’affermazione del risvolto positivo della sussidiarietà in senso orizzontale, coerentemente con i valori fondamentali dell’ordinamento giuridico e dei princìpi costituzionali che impongono allo Stato interventi a sostegno dei settori più deboli. E, fra i tratti distintivi di questa linea esegetica, si sottolinea il rapporto che le radici costituzionali disvelano fra la dimensione giuridica della solidarietà e la sussidiarietà. Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo, l’indagine svolta fornisce conferma della stretta correlazione tra sussidiarietà, democrazia e sovranità, dovendo tenersi per fermo che la persona resta anche nella dialettica regolata dalla sussidiarietà punto di partenza e centro di convergenza di quel sistema relazionale, non soltanto in rapporto all’agire pubblico, ma anche in ordine all’agire privato. Il secondo filone dell’analisi dei riferimenti normativi inerenti alla sussidiarietà impone di soffermarsi sull’introduzione testuale del principio di sussidiarietà, prima, nella legislazione ordinaria e, poi, nella Carta costituzionale, alla luce della riforma del Titolo V. In quest’ambito, lo studio privilegia il rapporto tra i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e il rapporto tra funzioni amministrative e sussidiarietà, alla luce anche dei problemi lasciati aperti dalla legge di attuazione (ossia la legge n. 131 del 2003). Anche la seconda parte del lavoro sviluppa due profili che si reputano particolarmente rilevanti per la piena comprensione del concreto dispiegarsi del principio sussidiarietà: il primo riguarda la ricostruzione delle problematiche relative alla definizione e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali in relazione ai livelli di governo; il secondo attiene alla giurisprudenza costituzionale, sviluppatasi dopo la riforma del Titolo V. Fra i nodi di maggiore significato che la riforma evidenzia si annovera il rimodulato rapporto dialettico fra eguaglianza e solidarietà che rinviene una specifica chiave nel disposto dell’art. 117, comma 2, lettera m) e richiede le riflessioni che qui si svolgono intorno a quella che è stata indicativamente qualificata come una “materia-non materia” rappresentata dalla determinazione dei “livelli essenziali”. Posto, poi, che un’effettiva e stabile articolazione in senso sussidiario dei livelli di governo non può essere disgiunta dalla corretta definizione della giusta quota di risorse finanziarie da garantire a ciascun livello, si dischiude la prospettiva di indagare l’aspetto finanziario della sussidiarietà e, quindi, di verificare se, in particolare, l’art. 119 Cost. fornisca uno strumentario adeguato al fine previsto. Pur nell’ambito di un’analisi che certo non nasconde difficoltà ed aporie, sembra importante notare, ad esempio, che il precetto secondo cui le risorse derivanti ai Comuni ed agli altri Enti territoriali devono comunque essere tali da finanziare in modo integrale le funzioni loro attribuite. Con riguardo all’attività giurisdizionale quel che è parso di rilevante interesse nell’economia dell’approfondimento del lavoro della Corte è che non sempre la linea argomentativa seguita ha dato per assodato che, nella cornice normativa rappresentata dal nuovo art. 117 della Carta, il discrimine da fissarsi nell’individuazione delle materie debba indurre in modo automatico ad un riparto rigido fra la funzione legislativa riservata allo Stato e quella attribuita alle Regioni. Nella vastissima e notevole opera della Corte, pare indispensabile rimarcare l’importanza della sentenza n. 303/2003 che si è contraddistinta per il fatto di avere messo a punto una non agevole (ed anche discussa) operazione esegetica (a ragione definita ortopedica dalla dottrina), attraverso la quale è stata impressa una svolta nell’interpretazione del titolo V riformato. Quanto, infine, alla terza parte del presente lavoro, essa è dedicata al rapporto tra processo costituente europeo e sussidiarietà, con uno specifico approfondimento della tutela multilivello dei diritti e si articola su due ulteriori distinti piani di indagine che, peraltro, presentano intuibili punti di intersezione: il primo riguarda la correlazione tra processo di integrazione europea, competenze dell’Unione e principio di sussidiarietà; il secondo, invece, affronta il delicato problema della tutela multilivello dei diritti della persona. In ordine al primo profilo, l’analisi induce a confermare la considerazione secondo cui il principio di sussidiarietà, nel corso degli anni, è venuto caratterizzandosi come un concetto chiave all’interno del processo di integrazione europea, alla stregua di una nuova fonte di legittimità dell’azione delle istituzioni europee e, di conseguenza, di una nuova speranza per la costituzione dell’Europa. Lo studio ricostruisce i riferimenti normativi attraverso cui si è affermata la sussidiarietà comunitaria. L’ indagine non ha potuto eludere il problema del controllo dell’effettiva applicazione dei criteri informatori del principio di sussidiarietà con primario riferimento al contesto europeo, essendo da precisare se e come possa garantirsi la giustiziabilità delle situazioni giuridiche soggettive dallo stesso scaturenti. Qui preme chiarire che le riflessioni maturate hanno, in linea di massima, assunto la linea di orientamento esposta anche nelle sedi della più alta produzione normativa europea in base a cui il controllo ex ante del principio di sussidiarietà debba essere riservato in primo luogo alle istituzioni di natura politica, con il concorso dei Parlamenti nazionali, da assicurarsi mediante la previsione di un meccanismo ad hoc, mentre il controllo ex post della sussidiarietà debba essere di natura giurisdizionale, con opportuno ampliamento delle condizioni di deferimento delle relative questioni alla Corte di giustizia. Nel raccordo, anche comparativo, che il presente studio propone tra il processo attuativo della riforma del Titolo V della Costituzione ed il processo di riforma dell’ordinamento dell’Unione europea in atto, si è approfondita la tematica della tutela definita multilivello dei diritti. Essa, come è noto, è generata dal fatto che le medesime situazioni giuridiche soggettive vengono prese in primaria considerazione da diversi ordinamenti, in particolare dall’ordinamento interno e da quello dell’Unione europea. Questa situazione produce l’emersione di diverse forme di tutela situate al rispettivo livello, secondo un’ideale gamma che comprende anche altri livelli, ivi compreso quello relativo al sistema creato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai suoi Protocolli addizionali. La prospettiva, peraltro - come l’analisi svolta pare confermare -, è ancora più articolata, giacché non possono oramai obliterarsi i livelli substatuali che, con proprie competenze, hanno titolo a disciplinare posizioni soggettive sempre più numerose ed importanti. La tutela multilivello si riferisce quindi al sistema integrato di protezione dei diritti fondamentali che coinvolge il livello internazionale, quello comunitario e quello nazionale, oltre poi ai possibili livelli substatuali. Ed è sembrato, di particolare interesse seguire il percorso del sistema integrato anche nella struttura interna e substatuale, pur nella persistenza di elementi unificanti facenti capo all’attività dello Stato, secondo la nuova e molto più articolata dialettica prefigurata dagli artt. 117, 118 e 120 Cost.. E’ emerso, fra l’altro, che soltanto la funzione giurisdizionale resta oggi di totale competenza statale, mentre tutte le altre attribuzioni normative, anche per quanto concerne la concreta effettività dei diritti regolati, sono distribuite su tutti i livelli dell’ordinamento, in un intrico che ancora non può dirsi agevole da dipanare. L’approfondimento di questo piano fa emergere due profili che l’interprete deve tenere costantemente presenti: in primo luogo, l’esigenza di identificare, con riferimento a ciascun settore ed, anzi, a ciascuna situazione giuridica esaminata, quale sia il livello che è onerato del dovere di garantire ai cittadini la tutela dei loro diritti sotto i vari aspetti che possono concretamente rilevare; in secondo e connesso luogo, l’esigenza di sviluppare con efficacia sempre maggiore sedi, procedure e modalità di decisione che siano tali da garantire le forme di compartecipazione sottese alla nuova disciplina, vieppiù ove la si interpreti secondo alcune rilevanti indicazioni fornite dal Giudice delle leggi. Ed è significativo notare che la rilevata scomparsa dal testo della Costituzione del riferimento all’interesse nazionale pone, per alcuni aspetti, la sussidiarietà come nuova e più moderna declinazione del principio unitario, in essa dovendosi registrare l’assorbimento ed allo stesso tempo una sorta di rovesciamento speculare di quel concetto che, almeno allo stato attuale del processo riformatore, risulta eliso.

Sussidiarietà e livelli di tutela dei diritti, Vol. I

LAMBERTI, Armando
2005-01-01

Abstract

Il lavoro muove da una puntuale ricostruzione del substrato assiologico della sussidiarietà, della sua definizione e del suo inquadramento quale principio, oltre che come valore già sedimentato, ed anche come autentico “nome nuovo” di altri princìpi costituzionali (quali quelli di democrazia, pluralismo e personalismo). L’indagine è articolata in tre parti nel cui dipanarsi si rinsalda il convincimento che il principio in esame non può essere ridotto a mero criterio di funzionamento di competenze appartenenti a diversi livelli organizzativi, ma deve essere inteso come canone che, all’interno dei meccanismi istituzionali, concorre ad equilibrare le risposte che lo Stato e gli altri enti territoriali devono fornire alle domande dei cittadini al livello più vicino ai luoghi della loro vita reale. La prima parte è dedicata all’analisi della sussidiarietà nell’ordinamento italiano e contempla l’approfondimento del complesso rapporto sussistente, da un lato, tra sussidiarietà, forma di Stato e pluralismo e, dall’altro, tra sussidiarietà, democrazia e sovranità. Per quanto concerne il primo profilo, non è azzardato, anche alla luce dell’analisi dei lavori preparatori in Assemblea costituente, pervenire all’affermazione che il principio di sussidiarietà risulta presente in nuce nella Carta costituzionale del 1948. E, d’altro canto, l’attenzione per la tutela dei gruppi sociali, sia sotto il profilo organizzativo e sia sotto quello della capacità di produrre ordinamenti diversi da quelli statuali, concreta il peculiare connotato costituzionale del modello pluralistico. L’importanza annessa a questa visione pluralistica è testimoniata, fra l’altro, dall’attenzione che, nella ricerca delle ascendenze, si dedica anche alla lezione proveniente dalla dottrina sociale della Chiesa. Sotto diverso aspetto, è indubitabile che lo stesso riconoscimento del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. rappresenta implicitamente l’affermazione del risvolto positivo della sussidiarietà in senso orizzontale, coerentemente con i valori fondamentali dell’ordinamento giuridico e dei princìpi costituzionali che impongono allo Stato interventi a sostegno dei settori più deboli. E, fra i tratti distintivi di questa linea esegetica, si sottolinea il rapporto che le radici costituzionali disvelano fra la dimensione giuridica della solidarietà e la sussidiarietà. Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo, l’indagine svolta fornisce conferma della stretta correlazione tra sussidiarietà, democrazia e sovranità, dovendo tenersi per fermo che la persona resta anche nella dialettica regolata dalla sussidiarietà punto di partenza e centro di convergenza di quel sistema relazionale, non soltanto in rapporto all’agire pubblico, ma anche in ordine all’agire privato. Il secondo filone dell’analisi dei riferimenti normativi inerenti alla sussidiarietà impone di soffermarsi sull’introduzione testuale del principio di sussidiarietà, prima, nella legislazione ordinaria e, poi, nella Carta costituzionale, alla luce della riforma del Titolo V. In quest’ambito, lo studio privilegia il rapporto tra i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e il rapporto tra funzioni amministrative e sussidiarietà, alla luce anche dei problemi lasciati aperti dalla legge di attuazione (ossia la legge n. 131 del 2003). Anche la seconda parte del lavoro sviluppa due profili che si reputano particolarmente rilevanti per la piena comprensione del concreto dispiegarsi del principio sussidiarietà: il primo riguarda la ricostruzione delle problematiche relative alla definizione e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali in relazione ai livelli di governo; il secondo attiene alla giurisprudenza costituzionale, sviluppatasi dopo la riforma del Titolo V. Fra i nodi di maggiore significato che la riforma evidenzia si annovera il rimodulato rapporto dialettico fra eguaglianza e solidarietà che rinviene una specifica chiave nel disposto dell’art. 117, comma 2, lettera m) e richiede le riflessioni che qui si svolgono intorno a quella che è stata indicativamente qualificata come una “materia-non materia” rappresentata dalla determinazione dei “livelli essenziali”. Posto, poi, che un’effettiva e stabile articolazione in senso sussidiario dei livelli di governo non può essere disgiunta dalla corretta definizione della giusta quota di risorse finanziarie da garantire a ciascun livello, si dischiude la prospettiva di indagare l’aspetto finanziario della sussidiarietà e, quindi, di verificare se, in particolare, l’art. 119 Cost. fornisca uno strumentario adeguato al fine previsto. Pur nell’ambito di un’analisi che certo non nasconde difficoltà ed aporie, sembra importante notare, ad esempio, che il precetto secondo cui le risorse derivanti ai Comuni ed agli altri Enti territoriali devono comunque essere tali da finanziare in modo integrale le funzioni loro attribuite. Con riguardo all’attività giurisdizionale quel che è parso di rilevante interesse nell’economia dell’approfondimento del lavoro della Corte è che non sempre la linea argomentativa seguita ha dato per assodato che, nella cornice normativa rappresentata dal nuovo art. 117 della Carta, il discrimine da fissarsi nell’individuazione delle materie debba indurre in modo automatico ad un riparto rigido fra la funzione legislativa riservata allo Stato e quella attribuita alle Regioni. Nella vastissima e notevole opera della Corte, pare indispensabile rimarcare l’importanza della sentenza n. 303/2003 che si è contraddistinta per il fatto di avere messo a punto una non agevole (ed anche discussa) operazione esegetica (a ragione definita ortopedica dalla dottrina), attraverso la quale è stata impressa una svolta nell’interpretazione del titolo V riformato. Quanto, infine, alla terza parte del presente lavoro, essa è dedicata al rapporto tra processo costituente europeo e sussidiarietà, con uno specifico approfondimento della tutela multilivello dei diritti e si articola su due ulteriori distinti piani di indagine che, peraltro, presentano intuibili punti di intersezione: il primo riguarda la correlazione tra processo di integrazione europea, competenze dell’Unione e principio di sussidiarietà; il secondo, invece, affronta il delicato problema della tutela multilivello dei diritti della persona. In ordine al primo profilo, l’analisi induce a confermare la considerazione secondo cui il principio di sussidiarietà, nel corso degli anni, è venuto caratterizzandosi come un concetto chiave all’interno del processo di integrazione europea, alla stregua di una nuova fonte di legittimità dell’azione delle istituzioni europee e, di conseguenza, di una nuova speranza per la costituzione dell’Europa. Lo studio ricostruisce i riferimenti normativi attraverso cui si è affermata la sussidiarietà comunitaria. L’ indagine non ha potuto eludere il problema del controllo dell’effettiva applicazione dei criteri informatori del principio di sussidiarietà con primario riferimento al contesto europeo, essendo da precisare se e come possa garantirsi la giustiziabilità delle situazioni giuridiche soggettive dallo stesso scaturenti. Qui preme chiarire che le riflessioni maturate hanno, in linea di massima, assunto la linea di orientamento esposta anche nelle sedi della più alta produzione normativa europea in base a cui il controllo ex ante del principio di sussidiarietà debba essere riservato in primo luogo alle istituzioni di natura politica, con il concorso dei Parlamenti nazionali, da assicurarsi mediante la previsione di un meccanismo ad hoc, mentre il controllo ex post della sussidiarietà debba essere di natura giurisdizionale, con opportuno ampliamento delle condizioni di deferimento delle relative questioni alla Corte di giustizia. Nel raccordo, anche comparativo, che il presente studio propone tra il processo attuativo della riforma del Titolo V della Costituzione ed il processo di riforma dell’ordinamento dell’Unione europea in atto, si è approfondita la tematica della tutela definita multilivello dei diritti. Essa, come è noto, è generata dal fatto che le medesime situazioni giuridiche soggettive vengono prese in primaria considerazione da diversi ordinamenti, in particolare dall’ordinamento interno e da quello dell’Unione europea. Questa situazione produce l’emersione di diverse forme di tutela situate al rispettivo livello, secondo un’ideale gamma che comprende anche altri livelli, ivi compreso quello relativo al sistema creato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai suoi Protocolli addizionali. La prospettiva, peraltro - come l’analisi svolta pare confermare -, è ancora più articolata, giacché non possono oramai obliterarsi i livelli substatuali che, con proprie competenze, hanno titolo a disciplinare posizioni soggettive sempre più numerose ed importanti. La tutela multilivello si riferisce quindi al sistema integrato di protezione dei diritti fondamentali che coinvolge il livello internazionale, quello comunitario e quello nazionale, oltre poi ai possibili livelli substatuali. Ed è sembrato, di particolare interesse seguire il percorso del sistema integrato anche nella struttura interna e substatuale, pur nella persistenza di elementi unificanti facenti capo all’attività dello Stato, secondo la nuova e molto più articolata dialettica prefigurata dagli artt. 117, 118 e 120 Cost.. E’ emerso, fra l’altro, che soltanto la funzione giurisdizionale resta oggi di totale competenza statale, mentre tutte le altre attribuzioni normative, anche per quanto concerne la concreta effettività dei diritti regolati, sono distribuite su tutti i livelli dell’ordinamento, in un intrico che ancora non può dirsi agevole da dipanare. L’approfondimento di questo piano fa emergere due profili che l’interprete deve tenere costantemente presenti: in primo luogo, l’esigenza di identificare, con riferimento a ciascun settore ed, anzi, a ciascuna situazione giuridica esaminata, quale sia il livello che è onerato del dovere di garantire ai cittadini la tutela dei loro diritti sotto i vari aspetti che possono concretamente rilevare; in secondo e connesso luogo, l’esigenza di sviluppare con efficacia sempre maggiore sedi, procedure e modalità di decisione che siano tali da garantire le forme di compartecipazione sottese alla nuova disciplina, vieppiù ove la si interpreti secondo alcune rilevanti indicazioni fornite dal Giudice delle leggi. Ed è significativo notare che la rilevata scomparsa dal testo della Costituzione del riferimento all’interesse nazionale pone, per alcuni aspetti, la sussidiarietà come nuova e più moderna declinazione del principio unitario, in essa dovendosi registrare l’assorbimento ed allo stesso tempo una sorta di rovesciamento speculare di quel concetto che, almeno allo stato attuale del processo riformatore, risulta eliso.
2005
8814120110
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1066815
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