Nell'introduzione, prendendo a spunto la relazione di Erich Kaufmann tenuta al IV Congresso della 'Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer' sul tema "L'uguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dell'art. 109 della Costituzione del Reich", si espone il tema del contributo che consiste nell'impatto di una costituzione tipologicamente 'novecentesca' ovvero connotata da numerose norme programmatiche e dal riconoscimento di diritti fondamentali di nuovo conio rispetto a quelli di matrice liberale, sull'organizzazione dei poteri pubblici e, in particolare, sulla collocazione del potere giudiziario, allo scopo di giudicare la maggiore o minore compatibilità con la democrazia delle auspicate o paventate – a seconda dei punti di vista – trasformazioni del potere giudiziario stesso impresse da quell'impatto. Il paragrafo dedicato a Schmitt esordisce preliminarmente con la sua analisi del potere giudiziario sia in quello che Schmitt definisce "lo Stato borghese di diritto", sia nella sua concezione della democrazia, in modo da definire l'ottica a partire dalla quale indagare la (negativa) risposta schmittiana circa l'ammissibilità di un sindacato giudiziario di validità sostanziale della legge. Ciò che, infatti, si vuole porre in luce di questa risposta non è tanto il condizionamento su di essa esercitato dal valore dell'unità politica ovvero da quella che è stata definita una visione 'monista' della costituzione – la parte oggi meno attuale del suo pensiero –, quanto i rischi derivanti da una risposta positiva al problema medesimo anche in una prospettiva costituzionalistica differente, anche all’interno di una concezione 'bilanciata' della costituzione stessa, soprattutto in termini di giudizio di giustizia della legge. Il paragrafo dedicato a Kelsen, tenendo conto della sua rigorosa distinzione fra "scienza del diritto" e "politica del diritto", esamina inizialmente la nozione di giurisdizione dal secondo punto di vista ovvero secondo la sua dottrina della democrazia, in modo da far emergere gli obbiettivi sottesi alla sua proposta di introdurre un'apposita istituzione di controllo di costituzionalità della legge. Lo scopo di questa analisi, infatti, è evidenziare le premure con le quali Kelsen circonda il sindacato di validità materiale della legge. Tali premure sono finalizzate a circoscrivere nella maniera più determinata possibile il senso di una funzione del genere e sono dettate principalmente dalla consapevolezza kelseniana di operare ai margini della visione moderna della cittadinanza e della democrazia, per non esporsi al rischio – oggi, invece, verosimilmente concreto – di porre in discussione un principio fondamentale di quella visione: il principio – di matrice giuspositivistica – per il quale valutazioni assiologiche del diritto sono sempre state riservate al massimo organo rappresentativo della collettività e, se sono state affidate anche ad altri organi (i.e., judicial review statunitense), ciò è avvenuto non solo in riferimento a posizioni giuridiche soggettive numericamente limitate rispetto alla moltiplicazione dei diritti propria delle costituzioni continentali novecentesche, ma anche in relazione a carte costituzionali ben lontane da quella programmaticità che rappresenta un dato saliente del costituzionalismo contemporaneo.

Cittadinanza giuridica moderna e potere giudiziario. Il sindacato di costituzionalità fra Schmitt e Kelsen

BISOGNI, GIOVANNI
2006-01-01

Abstract

Nell'introduzione, prendendo a spunto la relazione di Erich Kaufmann tenuta al IV Congresso della 'Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer' sul tema "L'uguaglianza dinanzi alla legge ai sensi dell'art. 109 della Costituzione del Reich", si espone il tema del contributo che consiste nell'impatto di una costituzione tipologicamente 'novecentesca' ovvero connotata da numerose norme programmatiche e dal riconoscimento di diritti fondamentali di nuovo conio rispetto a quelli di matrice liberale, sull'organizzazione dei poteri pubblici e, in particolare, sulla collocazione del potere giudiziario, allo scopo di giudicare la maggiore o minore compatibilità con la democrazia delle auspicate o paventate – a seconda dei punti di vista – trasformazioni del potere giudiziario stesso impresse da quell'impatto. Il paragrafo dedicato a Schmitt esordisce preliminarmente con la sua analisi del potere giudiziario sia in quello che Schmitt definisce "lo Stato borghese di diritto", sia nella sua concezione della democrazia, in modo da definire l'ottica a partire dalla quale indagare la (negativa) risposta schmittiana circa l'ammissibilità di un sindacato giudiziario di validità sostanziale della legge. Ciò che, infatti, si vuole porre in luce di questa risposta non è tanto il condizionamento su di essa esercitato dal valore dell'unità politica ovvero da quella che è stata definita una visione 'monista' della costituzione – la parte oggi meno attuale del suo pensiero –, quanto i rischi derivanti da una risposta positiva al problema medesimo anche in una prospettiva costituzionalistica differente, anche all’interno di una concezione 'bilanciata' della costituzione stessa, soprattutto in termini di giudizio di giustizia della legge. Il paragrafo dedicato a Kelsen, tenendo conto della sua rigorosa distinzione fra "scienza del diritto" e "politica del diritto", esamina inizialmente la nozione di giurisdizione dal secondo punto di vista ovvero secondo la sua dottrina della democrazia, in modo da far emergere gli obbiettivi sottesi alla sua proposta di introdurre un'apposita istituzione di controllo di costituzionalità della legge. Lo scopo di questa analisi, infatti, è evidenziare le premure con le quali Kelsen circonda il sindacato di validità materiale della legge. Tali premure sono finalizzate a circoscrivere nella maniera più determinata possibile il senso di una funzione del genere e sono dettate principalmente dalla consapevolezza kelseniana di operare ai margini della visione moderna della cittadinanza e della democrazia, per non esporsi al rischio – oggi, invece, verosimilmente concreto – di porre in discussione un principio fondamentale di quella visione: il principio – di matrice giuspositivistica – per il quale valutazioni assiologiche del diritto sono sempre state riservate al massimo organo rappresentativo della collettività e, se sono state affidate anche ad altri organi (i.e., judicial review statunitense), ciò è avvenuto non solo in riferimento a posizioni giuridiche soggettive numericamente limitate rispetto alla moltiplicazione dei diritti propria delle costituzioni continentali novecentesche, ma anche in relazione a carte costituzionali ben lontane da quella programmaticità che rappresenta un dato saliente del costituzionalismo contemporaneo.
2006
9788849512472
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1521132
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