Il saggio, incluso in un volume collettaneo, sulla scia di Yuri Lotman prende avvio da una citazione da Genesi per riflettere sulla semiotica dello spazio urbano, e identificare una duplice categoria di segni che vanno decodificati per interpretare il ruolo della città nelle rappresentazioni immaginative: quelli della mediatrice tra cielo e terra (per esempio nel caso di Gerusalemme), e quelli del luogo proteiforme, trasgressivo dei codici naturali, di cui si presagisce un’immensa rovina. In quest’ultima categoria si collocano molte raffigurazioni letterarie settecentesche e ottocentesche di Londra, semidistrutta dall’incendio del 1666 soltanto per rinascere e perpetuare la sua dannazione acuita dalla rivoluzione industriale, eppure preludio del futuro. Parzialmente diversa è la visione di Irving e Cooper i quali, scrivendo in un periodo di acceso nazionalismo e di dibattito sul riscatto dalla cultura europea, affidano all’America la promessa del domani, ciascuno a proprio modo, e percepiscono Londra come impronta del passato. Un passato che, per Cooper, andrebbe distrutto per lasciare spazio al nuovo inizio. In numerosi bozzetti di The Sketch Book of Geoffrey Crayon, Gent. (1819-1820) qui analizzati Washington Irving, coerente con la sua idea che fosse necessario salvare dall’amnesia le radici culturali dell’America per procedere nell’evoluzione della Nuova Repubblica, rivisita luoghi che custodiscono la gloria del passato e definiscono Londra come capitale di una repubblica delle lettere di cui gli Stati Uniti ambivano a far parte, mutandone i connotati con il proprio contributo. Lo fa talvolta con ironia oppure con tratti di comicità, alludendo all’irripetibilità del passato eroico europeo ma pure al presagio di morte di una civiltà. Non ferma lo sguardo sui comignoli anneriti o sulle fabbriche di Londra, ma in altri bozzetti contrappone la nostalgia di una vita rurale e di orme del passato che sopravvivono in alcuni recessi della metropoli. La più articolata visione di James Fenimore Cooper è studiata attraverso il testo Gleanings in Europe: England (1837, ma basato su esperienze del 1828) e messa a confronto con quella di altri scrittori statunitensi ottocenteschi, da cui anche traspare un’essenziale ricerca di identità del nuovo Paese. Convinto repubblicano ma anche conservatore, Cooper considera Londra un campione rappresentativo dell’intera Inghilterra di cui analizza criticamente l’organizzazione sociale aristocratica con i suoi pregi e difetti. Pur accennando nostalgicamente al passato, spesso sottrae alla capitale britannica ogni qualità estetica e vede nel degrado di alcuni quartieri il presagio della fine di un Impero. Le riconosce tuttavia il ruolo di “vera” capitale che, al contrario, manca agli Stati Uniti che si avviano a diventare una dispersiva e provinciale realtà policentrica. Con la stessa mancanza di deferenza per la cultura inglese espressa in Notions of the Americans, e con lo sguardo rivolto al futuro, descrive Londra come entità “estranea” che costituisce un utile terreno di paragone per migliorare la qualità del proprio Paese oppure per magnificarne, per contrasto, i caratteri positivi.

Visioni d'oltreoceano: Irving e Cooper su Londra

BOTTALICO, Michele
2006-01-01

Abstract

Il saggio, incluso in un volume collettaneo, sulla scia di Yuri Lotman prende avvio da una citazione da Genesi per riflettere sulla semiotica dello spazio urbano, e identificare una duplice categoria di segni che vanno decodificati per interpretare il ruolo della città nelle rappresentazioni immaginative: quelli della mediatrice tra cielo e terra (per esempio nel caso di Gerusalemme), e quelli del luogo proteiforme, trasgressivo dei codici naturali, di cui si presagisce un’immensa rovina. In quest’ultima categoria si collocano molte raffigurazioni letterarie settecentesche e ottocentesche di Londra, semidistrutta dall’incendio del 1666 soltanto per rinascere e perpetuare la sua dannazione acuita dalla rivoluzione industriale, eppure preludio del futuro. Parzialmente diversa è la visione di Irving e Cooper i quali, scrivendo in un periodo di acceso nazionalismo e di dibattito sul riscatto dalla cultura europea, affidano all’America la promessa del domani, ciascuno a proprio modo, e percepiscono Londra come impronta del passato. Un passato che, per Cooper, andrebbe distrutto per lasciare spazio al nuovo inizio. In numerosi bozzetti di The Sketch Book of Geoffrey Crayon, Gent. (1819-1820) qui analizzati Washington Irving, coerente con la sua idea che fosse necessario salvare dall’amnesia le radici culturali dell’America per procedere nell’evoluzione della Nuova Repubblica, rivisita luoghi che custodiscono la gloria del passato e definiscono Londra come capitale di una repubblica delle lettere di cui gli Stati Uniti ambivano a far parte, mutandone i connotati con il proprio contributo. Lo fa talvolta con ironia oppure con tratti di comicità, alludendo all’irripetibilità del passato eroico europeo ma pure al presagio di morte di una civiltà. Non ferma lo sguardo sui comignoli anneriti o sulle fabbriche di Londra, ma in altri bozzetti contrappone la nostalgia di una vita rurale e di orme del passato che sopravvivono in alcuni recessi della metropoli. La più articolata visione di James Fenimore Cooper è studiata attraverso il testo Gleanings in Europe: England (1837, ma basato su esperienze del 1828) e messa a confronto con quella di altri scrittori statunitensi ottocenteschi, da cui anche traspare un’essenziale ricerca di identità del nuovo Paese. Convinto repubblicano ma anche conservatore, Cooper considera Londra un campione rappresentativo dell’intera Inghilterra di cui analizza criticamente l’organizzazione sociale aristocratica con i suoi pregi e difetti. Pur accennando nostalgicamente al passato, spesso sottrae alla capitale britannica ogni qualità estetica e vede nel degrado di alcuni quartieri il presagio della fine di un Impero. Le riconosce tuttavia il ruolo di “vera” capitale che, al contrario, manca agli Stati Uniti che si avviano a diventare una dispersiva e provinciale realtà policentrica. Con la stessa mancanza di deferenza per la cultura inglese espressa in Notions of the Americans, e con lo sguardo rivolto al futuro, descrive Londra come entità “estranea” che costituisce un utile terreno di paragone per migliorare la qualità del proprio Paese oppure per magnificarne, per contrasto, i caratteri positivi.
2006
9788831790451
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1526198
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