Nel panorama culturale dell’Italia della Prima Repubblica la sinistra ha avuto un ruolo di grande rilievo. Un primato che oggi appare a molti come una delle ragioni del radicamento in Italia del più grande partito comunista occidentale, a sua volta causa principale della nostra anomalia democratica: il mancato ricambio per un cinquantennio delle classi dirigenti di governo e la persistente esclusione dalla vita pubblica delle forze non antifasciste. L’egemonia di ascendenza gramsciana sarebbe stata una strategia di programmato avvicinamento al governo della nazione attraverso il dominio culturale e il controllo delle istituzioni non direttamente politiche da parte del PCI e dei suoi eredi. Tra gli strumenti dell’egemonia così intesa occupa da tempo un posto di rilievo, nella polemica politica e giornalistica, la storia accademica, controllata fin dall’immediato dopoguerra da esponenti di sinistra. Non è questo il luogo per discutere le profonde ragioni del fascino esercitato su tanta gioventù studiosa, di sensibilità scientifica e artistica, dalla sirena di quelle idee politiche e dalla visione critica del mondo capitalistico, che esse proponevano. È, invece, l’occasione per tentare di definire che cosa è la storiografia di sinistra, se esiste un senso del fare storia peculiare a chi è stato ed è politicamente schierato su quel fronte, se la condivisa scelta politica abbia prodotto omologazione metodologica e comuni atteggiamenti verso le proposte del fare storia provenienti da altre esperienze scientifiche.

Divagazioni su un "complotto smascherato"

PANICO, Guido
2007-01-01

Abstract

Nel panorama culturale dell’Italia della Prima Repubblica la sinistra ha avuto un ruolo di grande rilievo. Un primato che oggi appare a molti come una delle ragioni del radicamento in Italia del più grande partito comunista occidentale, a sua volta causa principale della nostra anomalia democratica: il mancato ricambio per un cinquantennio delle classi dirigenti di governo e la persistente esclusione dalla vita pubblica delle forze non antifasciste. L’egemonia di ascendenza gramsciana sarebbe stata una strategia di programmato avvicinamento al governo della nazione attraverso il dominio culturale e il controllo delle istituzioni non direttamente politiche da parte del PCI e dei suoi eredi. Tra gli strumenti dell’egemonia così intesa occupa da tempo un posto di rilievo, nella polemica politica e giornalistica, la storia accademica, controllata fin dall’immediato dopoguerra da esponenti di sinistra. Non è questo il luogo per discutere le profonde ragioni del fascino esercitato su tanta gioventù studiosa, di sensibilità scientifica e artistica, dalla sirena di quelle idee politiche e dalla visione critica del mondo capitalistico, che esse proponevano. È, invece, l’occasione per tentare di definire che cosa è la storiografia di sinistra, se esiste un senso del fare storia peculiare a chi è stato ed è politicamente schierato su quel fronte, se la condivisa scelta politica abbia prodotto omologazione metodologica e comuni atteggiamenti verso le proposte del fare storia provenienti da altre esperienze scientifiche.
2007
9788887248500
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