L’immagine come produzione/esibizione dei possibili del mondo, e non rappresentazione di qualcosa che già è, può considerarsi il presupposto teorico - illustrato nella Premessa - del volume Intorno all’immagine. Nel momento in cui l’immagine rende presente ciò che non è, o non è ancora stato, ne produce anche il senso. Lo produce non come assoluto e assolutamente certo, ma come ciò che continuamente si fa e che facendosi sottrae sé, e l’immagine stessa, a ogni fissazione. In tal modo l’immagine si afferma come un campo di forze in azione il cui agire toglie rigidità e definitezza a quanto espone e, ri-pensandolo, di questo produce i possibili. In ciò l’immagine è critica di ogni assetto consolidato e proposta di un possibile poter essere del mondo e di un possibile abitarlo. Tale concezione dell’immagine fa da sfondo al saggio - compreso nel volume - Immagine, metropoli, esperienza estetica dove è discussa in relazione alla moderna metropoli e all’affermarsi di quello che nel lavoro si definisce sentire metropolitano. Questione quest’ultima affrontata ponendo a confronto Rilke e Baudelaire e mostrando lo stretto legame che viene a stabilirsi in entrambi fra lo strutturarsi dell’esperienza estetica nello spazio metropolitano e le modalità di esibizione dell’immagine. Se insensata sarà allora l’esperienza a causa della narcosi – ma anche dell’effervescenza - dell’estetico, insensata sarà anche l’immagine a causa dell’abbacinante iperesposizione del senso. Le due patologie, insieme maturando, si saldano fra loro fino a essere un’unica malattia: malattia metropolitana.
Immagine, metropoli, esperienza estetica
DE LUCA, Maria Giuseppina
2008
Abstract
L’immagine come produzione/esibizione dei possibili del mondo, e non rappresentazione di qualcosa che già è, può considerarsi il presupposto teorico - illustrato nella Premessa - del volume Intorno all’immagine. Nel momento in cui l’immagine rende presente ciò che non è, o non è ancora stato, ne produce anche il senso. Lo produce non come assoluto e assolutamente certo, ma come ciò che continuamente si fa e che facendosi sottrae sé, e l’immagine stessa, a ogni fissazione. In tal modo l’immagine si afferma come un campo di forze in azione il cui agire toglie rigidità e definitezza a quanto espone e, ri-pensandolo, di questo produce i possibili. In ciò l’immagine è critica di ogni assetto consolidato e proposta di un possibile poter essere del mondo e di un possibile abitarlo. Tale concezione dell’immagine fa da sfondo al saggio - compreso nel volume - Immagine, metropoli, esperienza estetica dove è discussa in relazione alla moderna metropoli e all’affermarsi di quello che nel lavoro si definisce sentire metropolitano. Questione quest’ultima affrontata ponendo a confronto Rilke e Baudelaire e mostrando lo stretto legame che viene a stabilirsi in entrambi fra lo strutturarsi dell’esperienza estetica nello spazio metropolitano e le modalità di esibizione dell’immagine. Se insensata sarà allora l’esperienza a causa della narcosi – ma anche dell’effervescenza - dell’estetico, insensata sarà anche l’immagine a causa dell’abbacinante iperesposizione del senso. Le due patologie, insieme maturando, si saldano fra loro fino a essere un’unica malattia: malattia metropolitana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.