Tra il secolo XVIII e il secolo XIX in Calabria il mare costituiva il principale mezzo di comunicazione per la commercializzazione dei prodotti (grano, vino, aceto, uva, seta, ecc.), che dai luoghi di produzione raggiungevano gli imbarcaderi più vicini sia per la mancanza di infrastrutture viarie che per il pericolo del banditismo. E la politica portata avanti dai Borbone tendeva a favorire gli scambi effettuati attraverso la pratica del piccolo cabotaggio, che si realizzava in ancoraggi naturali ubicati alle foci di fiumi e torrenti, dove si effettuavano le operazioni di carico e di scarico delle merci. Oltre Reggio, porto importante per il traffico di mercanti e armatori forestieri, e di Crotone, porto situato in posizione strategica tra Taranto e lo Stretto di Messina, “scari”, “caricatoi” e “rade” facilitavano l’utilizzo di imbarcazioni leggere e veloci, in particolare feluche, “uzzi” e “paranze” che raggiungevano la Francia, la Corsica, Genova, ma anche la Sicilia, Malta e Napoli. La vivacità dei traffici emergeva dal modus operandi degli operatori calabresi, che mostravano la loro audacia nel sottrarsi sia ai rischi derivanti dai naufragi che ai rischi determinati dalle scorrerie corsare nella scena mediterranea, dominata da Messina, piazza commerciale e finanziaria internazionale: una scena che vedeva la rotta di levante (Venezia, Trieste) preferita dai marinai di Scilla rispetto a quella di ponente (Livorno, Genova, Marsiglia) preferita dai marinai di Parghelia, di Bagnara.
Ports et lieux d'abordage entre le XVIII siècle et le XIX siècle
MAFRICI, Mirella Vera Antonia
2010-01-01
Abstract
Tra il secolo XVIII e il secolo XIX in Calabria il mare costituiva il principale mezzo di comunicazione per la commercializzazione dei prodotti (grano, vino, aceto, uva, seta, ecc.), che dai luoghi di produzione raggiungevano gli imbarcaderi più vicini sia per la mancanza di infrastrutture viarie che per il pericolo del banditismo. E la politica portata avanti dai Borbone tendeva a favorire gli scambi effettuati attraverso la pratica del piccolo cabotaggio, che si realizzava in ancoraggi naturali ubicati alle foci di fiumi e torrenti, dove si effettuavano le operazioni di carico e di scarico delle merci. Oltre Reggio, porto importante per il traffico di mercanti e armatori forestieri, e di Crotone, porto situato in posizione strategica tra Taranto e lo Stretto di Messina, “scari”, “caricatoi” e “rade” facilitavano l’utilizzo di imbarcazioni leggere e veloci, in particolare feluche, “uzzi” e “paranze” che raggiungevano la Francia, la Corsica, Genova, ma anche la Sicilia, Malta e Napoli. La vivacità dei traffici emergeva dal modus operandi degli operatori calabresi, che mostravano la loro audacia nel sottrarsi sia ai rischi derivanti dai naufragi che ai rischi determinati dalle scorrerie corsare nella scena mediterranea, dominata da Messina, piazza commerciale e finanziaria internazionale: una scena che vedeva la rotta di levante (Venezia, Trieste) preferita dai marinai di Scilla rispetto a quella di ponente (Livorno, Genova, Marsiglia) preferita dai marinai di Parghelia, di Bagnara.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.