Il presente lavoro, partendo da una doverosa ricognizione delle fonti normative e tracciando le linee guida della tutela degli oggetti d’arte – privatisticamente intesi – nel sistema italiano, si sofferma sullo specifico istituto dei “fondi chiusi d’arte” come espressione di tutela dell’estro creativo. La riconduzione della nozione di “cose d’arte” nel più ampio ambito dei beni culturali trova la sua spiegazione nella cointeressenza (legame) tra pubblico e privato che non toglie spazio alla specifica rilevanza pubblicistica che ha dato luogo alla disciplina di specifici sistemi vincolistici. Difatti, gli aspetti più significativi della tutela sono motivati da due situazioni oggettive: la non riproducibilità delle opere d’arte e la non immediata disponibilità delle stesse. Questo “mercato dell’arte”, le cui regole di esercizio risultano condizionate dai su menzionati limiti, realizza i propri fini anche attraverso l’imposizione di restrizioni alla circolazione dei beni, soprattutto allorquando le caratteristiche dei beni lo impongono. Talvolta lo Stato ha il potere di avocare a sé la riserva di un diritto di prelazione nell’acquisto di taluni beni o di una facoltà di autorizzazione alla vendita o di un potere di prescrivere forme particolari di manutenzione per la loro conservazione.
Die Umsetzung des Unesco-Ubereinkommens von 1970 in Italien
IVONE, Vitulia
2009
Abstract
Il presente lavoro, partendo da una doverosa ricognizione delle fonti normative e tracciando le linee guida della tutela degli oggetti d’arte – privatisticamente intesi – nel sistema italiano, si sofferma sullo specifico istituto dei “fondi chiusi d’arte” come espressione di tutela dell’estro creativo. La riconduzione della nozione di “cose d’arte” nel più ampio ambito dei beni culturali trova la sua spiegazione nella cointeressenza (legame) tra pubblico e privato che non toglie spazio alla specifica rilevanza pubblicistica che ha dato luogo alla disciplina di specifici sistemi vincolistici. Difatti, gli aspetti più significativi della tutela sono motivati da due situazioni oggettive: la non riproducibilità delle opere d’arte e la non immediata disponibilità delle stesse. Questo “mercato dell’arte”, le cui regole di esercizio risultano condizionate dai su menzionati limiti, realizza i propri fini anche attraverso l’imposizione di restrizioni alla circolazione dei beni, soprattutto allorquando le caratteristiche dei beni lo impongono. Talvolta lo Stato ha il potere di avocare a sé la riserva di un diritto di prelazione nell’acquisto di taluni beni o di una facoltà di autorizzazione alla vendita o di un potere di prescrivere forme particolari di manutenzione per la loro conservazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.