Il dibattito più attuale sulla disponibilità e commerciabilità del corpo umano ha ad oggetto la a alienazione della funzione procreativa e delle parti più microscopiche del corpo, in particolare le cellule umane ed il DNA in esso contenuto, che si rinnovano continuamente e, per tale ragione. Potrebbero essere sottratte al divieto di commercializzazione. Anche per tali parti del corpo umano, a fronte dell’ampliamento dei poteri privati e delle opportunità individuali e sociali connessi allo sviluppo delle biotecnologie, si pone l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo. Tale finalità, mancando risposte immediate nelle norme esistenti, esige che il giurista indaghi sulle ragioni fondamentali del sistema giuridico alla ricerca dei principi di diritto su cui fondare l’interpretazione adeguatrice e, de jure contendo, la costruzione della regola nuova, congrua alla peculiarità dei fatti e dei rapporti da disciplinare. In particolare l’attrazione nel novero dei beni giuridici delle cellule umane, del DNA o dei frammenti di esso ricombinati, suscita ancora molte perplessità. Le tendenze emergenti in ambito europeo sono nel senso della predisposizione, in funzione di tutela della dignità, integrità ed identità umana di limiti e cautele all’esercizio dei poteri autodeterminativi del singolo in ordine al corpo e alle parti del corpo; tali parti, anche se attratte nell’orbita dei beni, non sono merci e non circolano nel mercato conformemente al divieto di trarre profitto dall’uso del corpo umano o di parti di esso, fissato nell’art.21 della Convezione di Oviedo. In tale linea si muove anche la carta dei diritti dell’Unione Europea e la Dichiarazione UNESCO sul genoma umano. Da tali fonti emerge una trama di principi essenziali alla disciplina degli atti di disposizione del corpo tra i quali si pone con assoluto rilievo il principio di gratuità della cessione di parti separate.

Prefazione

D'ADDINO, Paola
2009-01-01

Abstract

Il dibattito più attuale sulla disponibilità e commerciabilità del corpo umano ha ad oggetto la a alienazione della funzione procreativa e delle parti più microscopiche del corpo, in particolare le cellule umane ed il DNA in esso contenuto, che si rinnovano continuamente e, per tale ragione. Potrebbero essere sottratte al divieto di commercializzazione. Anche per tali parti del corpo umano, a fronte dell’ampliamento dei poteri privati e delle opportunità individuali e sociali connessi allo sviluppo delle biotecnologie, si pone l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo. Tale finalità, mancando risposte immediate nelle norme esistenti, esige che il giurista indaghi sulle ragioni fondamentali del sistema giuridico alla ricerca dei principi di diritto su cui fondare l’interpretazione adeguatrice e, de jure contendo, la costruzione della regola nuova, congrua alla peculiarità dei fatti e dei rapporti da disciplinare. In particolare l’attrazione nel novero dei beni giuridici delle cellule umane, del DNA o dei frammenti di esso ricombinati, suscita ancora molte perplessità. Le tendenze emergenti in ambito europeo sono nel senso della predisposizione, in funzione di tutela della dignità, integrità ed identità umana di limiti e cautele all’esercizio dei poteri autodeterminativi del singolo in ordine al corpo e alle parti del corpo; tali parti, anche se attratte nell’orbita dei beni, non sono merci e non circolano nel mercato conformemente al divieto di trarre profitto dall’uso del corpo umano o di parti di esso, fissato nell’art.21 della Convezione di Oviedo. In tale linea si muove anche la carta dei diritti dell’Unione Europea e la Dichiarazione UNESCO sul genoma umano. Da tali fonti emerge una trama di principi essenziali alla disciplina degli atti di disposizione del corpo tra i quali si pone con assoluto rilievo il principio di gratuità della cessione di parti separate.
2009
9788849518139
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/2283330
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