Il lavoro si propone di recuperare la teoria dell’errore ad una teoria del reato sottratta ad un esasperato positivismo che, con implicazioni di teoria dello stato, impone flessibilizzazioni dommatiche e strumentalizzazioni ideologiche della politica criminale. Risulta evidente, pertanto, come la dommatica dei codici e la dommatica dei professori devono coincidere nell’ambito di un diritto penale che si muova razionalmente in una riforma di sistema e che, in via progettuale, risulti espressione di principi normativo-superiori alla base di un sistema di giustizia penale complessivo. Alla ricostruzione del sistema penale anche la teoria dell’errore, dunque, è chiamata a fornire il suo contributo e, a partire dalla storica sentenza 364/88 della Consulta, la interazione teleologica dei principi di riferimento porta la colpevolezza/reponsabilità penale costituzionale ad interagire con altri principi, come legalità, offensività e materialità, nella articolazione di quella dannosità sociale tipica di un illecito penale di un ordinamento democratico. Di fronte ad una tale presa di posizione, allora, un sistema penale razionale deve rifuggire da una ostinata negazione di una prospettiva di valore nel laboratorio della riforma del codice penale che, ancora animato da irragionevoli aporie dommatiche nella nuova disciplina dell’error iuris, miri alla dubbia conservazione di deficit sistematici di proporzione, alla riaffermazioni di ipotesi di responsabilità oggettiva occulta e di una presunzione assoluta di conoscenza della legge penale che, anche se limitata a particolari categorie, in principio si vuole superare. Tutto ciò, in verità, sembra essere anche la naturale conseguenza di quella peculiare indeterminatezza tipica delle situazioni scusanti, che finiscono, così, per affidare all’interprete la tenuta del sistema, assegnando alla prassi un chiaro ruolo ideologico da scongiurare solo attraverso un mutamento di prospettiva. Infatti, nella scusante dell’error iuris, il passaggio dalla ignoranza inevitabile alla conoscenza esigibile della legge penale porterebbe il diritto penale dei principi non solo ad una razionale ridefinizione del rapporto regola-eccezione, ma anche ad una rivisitazione dei rapporti individuo-autorità fedele ad una teoria dello Stato finalmente espressione coerente di una sicura democrazia penale.

Teoria dell’errore e ‘riforma di sistema’ nel progetto Pisapia:l’ostinata negazione di una prospettiva di valore nella (ri)codificazione penale.

SESSA, Antonino
2009-01-01

Abstract

Il lavoro si propone di recuperare la teoria dell’errore ad una teoria del reato sottratta ad un esasperato positivismo che, con implicazioni di teoria dello stato, impone flessibilizzazioni dommatiche e strumentalizzazioni ideologiche della politica criminale. Risulta evidente, pertanto, come la dommatica dei codici e la dommatica dei professori devono coincidere nell’ambito di un diritto penale che si muova razionalmente in una riforma di sistema e che, in via progettuale, risulti espressione di principi normativo-superiori alla base di un sistema di giustizia penale complessivo. Alla ricostruzione del sistema penale anche la teoria dell’errore, dunque, è chiamata a fornire il suo contributo e, a partire dalla storica sentenza 364/88 della Consulta, la interazione teleologica dei principi di riferimento porta la colpevolezza/reponsabilità penale costituzionale ad interagire con altri principi, come legalità, offensività e materialità, nella articolazione di quella dannosità sociale tipica di un illecito penale di un ordinamento democratico. Di fronte ad una tale presa di posizione, allora, un sistema penale razionale deve rifuggire da una ostinata negazione di una prospettiva di valore nel laboratorio della riforma del codice penale che, ancora animato da irragionevoli aporie dommatiche nella nuova disciplina dell’error iuris, miri alla dubbia conservazione di deficit sistematici di proporzione, alla riaffermazioni di ipotesi di responsabilità oggettiva occulta e di una presunzione assoluta di conoscenza della legge penale che, anche se limitata a particolari categorie, in principio si vuole superare. Tutto ciò, in verità, sembra essere anche la naturale conseguenza di quella peculiare indeterminatezza tipica delle situazioni scusanti, che finiscono, così, per affidare all’interprete la tenuta del sistema, assegnando alla prassi un chiaro ruolo ideologico da scongiurare solo attraverso un mutamento di prospettiva. Infatti, nella scusante dell’error iuris, il passaggio dalla ignoranza inevitabile alla conoscenza esigibile della legge penale porterebbe il diritto penale dei principi non solo ad una razionale ridefinizione del rapporto regola-eccezione, ma anche ad una rivisitazione dei rapporti individuo-autorità fedele ad una teoria dello Stato finalmente espressione coerente di una sicura democrazia penale.
2009
9788849518610
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