In età moderna l’economia di molte città mediterranee era legata all’attività corsara, che consentiva a tutti, anche ai marinai, l’acquisizione di una parte del bottino e la vendita di merci e di uomini nei porti e nei mercati, ma soprattutto si insinuava nei normali traffici commerciali. Attraverso l’analisi di fonti per lo più inedite l’autrice ricostruisce gli ambiti urbani che hanno delineato la “frontiera” mediterranea nel Sei-Settecento: una “frontiera” di identità e di alterità al tempo stesso, che divideva turchi e cristiani e contrapponeva due credi religiosi, due diversi modus vivendi. Il commercio di uomini rappresentava una voce fondamentale del bilancio turco-maghrebino, e le operazioni di vendita coinvolgevano le città barbaresche (Algeri, Tripoli, Tunisi) e la capitale ottomana, che erano crocevia di confronti e di scambi commerciali, di merci e di uomini, con le città cristiane (Livorno, Messina, Genova, Napoli, Civitavecchia). Se difficile era la vita dello schiavo in cattività presso i musulmani che adottavano criteri utilitaristici, altrettanto difficile era la vita dello schiavo in cattività presso i cristiani, che li ritenevano infedeli e li trattavano come tali, nello scenario mediterraneo, animato dalla quotidianità dei suoi protagonisti, sempre in contatto con la realtà sociale e culturale dell’altro, del “diverso”, potenziale vittima di un doppio gioco nell’incontro/scontro tra due civiltà, tra Cristianità e Islam.
Tra Cristianità e Islam: città mediterranee crocevia di uomini nel Sei-Settecento
MAFRICI, Mirella Vera Antonia
2008-01-01
Abstract
In età moderna l’economia di molte città mediterranee era legata all’attività corsara, che consentiva a tutti, anche ai marinai, l’acquisizione di una parte del bottino e la vendita di merci e di uomini nei porti e nei mercati, ma soprattutto si insinuava nei normali traffici commerciali. Attraverso l’analisi di fonti per lo più inedite l’autrice ricostruisce gli ambiti urbani che hanno delineato la “frontiera” mediterranea nel Sei-Settecento: una “frontiera” di identità e di alterità al tempo stesso, che divideva turchi e cristiani e contrapponeva due credi religiosi, due diversi modus vivendi. Il commercio di uomini rappresentava una voce fondamentale del bilancio turco-maghrebino, e le operazioni di vendita coinvolgevano le città barbaresche (Algeri, Tripoli, Tunisi) e la capitale ottomana, che erano crocevia di confronti e di scambi commerciali, di merci e di uomini, con le città cristiane (Livorno, Messina, Genova, Napoli, Civitavecchia). Se difficile era la vita dello schiavo in cattività presso i musulmani che adottavano criteri utilitaristici, altrettanto difficile era la vita dello schiavo in cattività presso i cristiani, che li ritenevano infedeli e li trattavano come tali, nello scenario mediterraneo, animato dalla quotidianità dei suoi protagonisti, sempre in contatto con la realtà sociale e culturale dell’altro, del “diverso”, potenziale vittima di un doppio gioco nell’incontro/scontro tra due civiltà, tra Cristianità e Islam.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.