L’era della comunicazione globale è profondamente segnata dalle innovazioni tecnologiche. Nuovi media si propongono come alternative, più o meno valide, ai vecchi media. Le televisioni via satellite, le televisioni via cavo, le televisioni che si pagano al consumo e la rete Internet, rappresentano nuove forme di impiego del tempo, che, sino ad oggi, è stato dedicato alla stampa e, soprattutto, alla televisione via etere. Di tale universo questo studio intende prendere in esame in modo precipuo la sfera relativa ai valori ed ai princìpi costituzionali che sono posti a presidio della libertà di informazione televisiva e, quindi, attengono ai diritti fondamentali della persona che con tale libertà vengono ad interferire. Per indagare i profili che qui interessano, la ricerca si articola su tre nodi fondamentali. Il primo nodo riguarda la linea di sviluppo della ricerca dedicata ad esaminare il delicato rapporto che si individua fra forma di Stato, pluralismo e informazione. Tale profilo conduce alla conclusione che l’evoluzione della forma di Stato - in particolare da Stato di democrazia liberale a Stato di democrazia rappresentativa e pluralista - comporta l’esigenza di implementare le categorie funzionali caratterizzanti la libertà di informazione. Più specificamente, affiora la conseguenza che l’orizzonte teleologico tradizionalmente assegnato alla libertà di informazione si arricchisce con la contemplazione dell’esigenza di radicare in modo giuridicamente definito il diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati, anche apprestando gli strumenti idonei a conferire effettività a tale posizione giuridica soggettiva. In queste puntualizzazioni si è cercato di non ignorare l’apporto più originale della dottrina pubblicistica moderna e contemporanea vagliando anche - e sia pure in modo problematico - la possibilità dell’utilizzazione ai fini dell’analisi, degli apporti più rilevanti delle teorie sociologiche. Per altro verso, come si evince dal Messaggio alle Camere del 23 luglio 2002 del Presidente della Repubblica, la realizzazione di una democrazia compiuta postula fra i suoi strumenti essenziali la garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione, garanzia che costituisce una necessità per sfere sempre più vaste del tessuto culturale, sociale e politico. Si lega alla descritta linea di approfondimento la dialettica fra Stato e Regioni che la riforma del Titolo V della Costituzione instaura in materia di ordinamento della comunicazione, inserendo il relativo settore fra quelli oggetto di legislazione concorrente, sì che compete allo Stato di determinare i princìpi generali ed, invece, spetta alle Regioni di sviluppare una legislazione tesa a valorizzare il criterio dell’articolazione territoriale della comunicazione quale effetto della legittima estrinsecazione delle varie identità e delle diverse culture locali. Il secondo nodo dell’analisi tende a proporre, in senso problematico, ma sulla base di ponderate articolazioni logiche, due opzioni fondamentali: la prima è quella della necessità di fondare, garantire e, comunque, irrobustire il pluralismo dell’informazione televisiva ed il pluralismo d’impresa nel sistema mediatico; la seconda è quella di affermare l’esigenza di una più marcata etica della responsabilità. Sotto il primo profilo, il pluralismo come principio, non solo giuridico, ma anche etico nel settore delle comunicazioni e dell’informazione televisiva comporta la necessità di una reale concorrenza nel sistema economico dei media televisivi, di un ruolo peculiare del servizio pubblico radio televisivo ed infine della predisposizione di una effettiva tutela giuridica della libertà d’informazione televisiva. Il futuro prossimo dirà se l’equilibrio ed il bilanciamento, in questo momento essenziali, fra intervento normativo, autonomia collettiva e sensibilità etica degli operatori saranno riusciti a produrre un sistema dell’informazione televisiva in cui le libertà degli operatori e quelle degli utenti, oltre che saldarsi fra loro, riescano ad esplicarsi nel rispetto pieno della dignità di tutte le persone coinvolte in questa delicatissima attività. Questo lavoro ha inteso approfondire ed ampliare l’analisi scaturita dagli studi svolti in precedenza sull’argomento, dalla necessità di tenere conto delle innovazioni normative intervenute in questi ultimi anni, nel contesto di una ricca elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, nonché dalla conseguente esigenza di impostare la - non agevole - opera di verifica della compatibilità della più recente disciplina con l’impianto costituzionale e con l’ordinamento comunitario. Come è emerso dall’approfondimento compiuto in questo studio, sotto il profilo strutturale, l’attuale disciplina riguardante la radiotelevisione si presenta come la risultante del coordinamento tra la disciplina generale contenuta nel Testo Unico della radiotelevisione, con le sue successive modifiche ed integrazioni, e le disposizioni contenute anche nelle altre fonti man mano citate, ivi comprese quelle che, pur non essendo di rango primario, concorrono a delineare aspetti anche fondamentali dell’assetto normativo del settore, come nel caso delle delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni relative ai criteri per la completa digitalizzazione delle trasmissioni televisive. Peraltro, a parte i profili strutturali, è, secondo quanto si è cercato di argomentare, sotto l’aspetto funzionale che l’attuale assetto della disciplina di settore desta serie e persistenti perplessità. Si ricorda, in particolare, la discrasia ancora sussistente tra il sistema normativo comunitario e quello italiano. Si evidenziano, inoltre, soprattutto i limiti della disciplina del settore radiotelevisivo relativi alla tutela del pluralismo. Se si concorda che il piano della tutela del pluralismo esige la fissazione del divieto di posizioni dominanti nel settore dell’informazione ed, a tale scopo, richiede che vengano imposte determinate limitazioni preventive, sì da non confonderlo con il piano della tutela della concorrenza (piano non del tutto coincidente con il primo, atteso che esso si connota per vietare l’abuso ex post della posizione dominante), la disamina degli indicatori rilevanti che si è effettuata in questa sede non può non condurre alla conclusione che la disciplina costituita dalla Legge n. 112 del 2004, dal Testo Unico sulla Radiotelevisione e dai provvedimenti attuativi che ne sono seguiti si caratterizza per aver depotenziato tutti gli strumenti finalizzati a presidiare il pluralismo (quali i divieti alla “proprietà incrociata” di diverse tipologie di mezzi di comunicazione, i limiti ex ante alla detenzione di frequenze e reti, i limiti alla raccolta di risorse finanziarie, sia a livello monomediale che multimediale, sia infine, per quel che riguarda le trasmissioni ad accesso condizionato, i limiti ex ante alla titolarità in esclusiva di alcuni contenuti premium), con evidente compromissione del relativo valore che, invece, avrebbe dovuto proteggere, al punto che una parte della dottrina arriva ad ipotizzare la vera e propria “scomparsa” del pluralismo stesso. E si è anche notato come sia ardua - ma comunque necessaria e ineludibile - l’adozione di concrete modificazioni correttive dell’attuale assetto, al fine di garantire il raggiungimento di un’informazione radiotelevisiva effettivamente pluralista e, dunque, rispettosa degli enucleati princìpi costituzionali. In questa prospettiva, muovendo dalla individuazione del fondamento costituzionale della libertà di informazione televisiva, quale sintesi di più libertà – alcune espressamente garantite, altre desumibili indirettamente – in una forma di Stato pluralista, ove la libertà di informazione in genere funge da strumento ineliminabile di collegamento tra i gruppi che compongono il multiforme tessuto sociale e lo Stato stesso, si è privilegiato l’approfondimento delle linee interpretative più importanti del sistema dei princìpi e dei valori costituzionali e dei riflessi che esse hanno sui momenti della produzione normativa e dell’operazione ermeneutica. L’analisi del profilo costituzionale della libertà di informazione televisiva ha consentito, in tal senso, di rinvenire concreti punti di contatto con il profilo etico dell’informazione, giacché etica e diritti fondamentali manifestano sempre reciproci punti di contatto. Del resto, nella Costituzione italiana vivono valori fondanti e condivisi, i quali trovano la loro fonte nei “fermenti etici” scaturiti da quei grandi filoni ideali che poi hanno contribuito alla formazione della Carta fondamentale, legati fra loro dalla comune attenzione alla tutela della persona umana. Più precisamente, nella trama dei princìpi fondamentali della Costituzione, si svolge un’etica personalista. Le riflessioni maturate nell’elaborazione di questo studio lasciano emergere, pertanto, la rinnovata necessità di intraprendere nel settore dell’informazione televisiva la strada di una tutela integrata dei diritti fondamentali della persona umana, che veda la legge ed i codici deontologici e di autoregolamentazione porsi fra loro in rapporto osmotico e che contempli il sostegno di una solida, condivisa e sempre più consapevole etica della responsabilità intesa quale criterio discretivo ultimo per l’operatore dell’informazione che si trovi a dover decidere in qual modo effettuare il trattamento e la diffusione di un dato o di una notizia nelle concrete fattispecie non governate da indici normativi certi o da altrettanto affermate regole deontologiche. A patto, ovviamente, che esista un minimo comune denominatore etico, il quale non può che essere rappresentato dalla centralità dei valori personalistici: obiettivo verso cui orientare le modalità del processo informativo. Del resto, come si è già ricordato, se l’economia e la tecnologia prenderanno il sopravvento nello sviluppo della comunicazione, non si avrà un reale progresso, perché non v’è progresso laddove la persona umana non sia posta al centro.

Democrazia, pluralismo e informazione televisiva

LAMBERTI, Armando
2010-01-01

Abstract

L’era della comunicazione globale è profondamente segnata dalle innovazioni tecnologiche. Nuovi media si propongono come alternative, più o meno valide, ai vecchi media. Le televisioni via satellite, le televisioni via cavo, le televisioni che si pagano al consumo e la rete Internet, rappresentano nuove forme di impiego del tempo, che, sino ad oggi, è stato dedicato alla stampa e, soprattutto, alla televisione via etere. Di tale universo questo studio intende prendere in esame in modo precipuo la sfera relativa ai valori ed ai princìpi costituzionali che sono posti a presidio della libertà di informazione televisiva e, quindi, attengono ai diritti fondamentali della persona che con tale libertà vengono ad interferire. Per indagare i profili che qui interessano, la ricerca si articola su tre nodi fondamentali. Il primo nodo riguarda la linea di sviluppo della ricerca dedicata ad esaminare il delicato rapporto che si individua fra forma di Stato, pluralismo e informazione. Tale profilo conduce alla conclusione che l’evoluzione della forma di Stato - in particolare da Stato di democrazia liberale a Stato di democrazia rappresentativa e pluralista - comporta l’esigenza di implementare le categorie funzionali caratterizzanti la libertà di informazione. Più specificamente, affiora la conseguenza che l’orizzonte teleologico tradizionalmente assegnato alla libertà di informazione si arricchisce con la contemplazione dell’esigenza di radicare in modo giuridicamente definito il diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati, anche apprestando gli strumenti idonei a conferire effettività a tale posizione giuridica soggettiva. In queste puntualizzazioni si è cercato di non ignorare l’apporto più originale della dottrina pubblicistica moderna e contemporanea vagliando anche - e sia pure in modo problematico - la possibilità dell’utilizzazione ai fini dell’analisi, degli apporti più rilevanti delle teorie sociologiche. Per altro verso, come si evince dal Messaggio alle Camere del 23 luglio 2002 del Presidente della Repubblica, la realizzazione di una democrazia compiuta postula fra i suoi strumenti essenziali la garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione, garanzia che costituisce una necessità per sfere sempre più vaste del tessuto culturale, sociale e politico. Si lega alla descritta linea di approfondimento la dialettica fra Stato e Regioni che la riforma del Titolo V della Costituzione instaura in materia di ordinamento della comunicazione, inserendo il relativo settore fra quelli oggetto di legislazione concorrente, sì che compete allo Stato di determinare i princìpi generali ed, invece, spetta alle Regioni di sviluppare una legislazione tesa a valorizzare il criterio dell’articolazione territoriale della comunicazione quale effetto della legittima estrinsecazione delle varie identità e delle diverse culture locali. Il secondo nodo dell’analisi tende a proporre, in senso problematico, ma sulla base di ponderate articolazioni logiche, due opzioni fondamentali: la prima è quella della necessità di fondare, garantire e, comunque, irrobustire il pluralismo dell’informazione televisiva ed il pluralismo d’impresa nel sistema mediatico; la seconda è quella di affermare l’esigenza di una più marcata etica della responsabilità. Sotto il primo profilo, il pluralismo come principio, non solo giuridico, ma anche etico nel settore delle comunicazioni e dell’informazione televisiva comporta la necessità di una reale concorrenza nel sistema economico dei media televisivi, di un ruolo peculiare del servizio pubblico radio televisivo ed infine della predisposizione di una effettiva tutela giuridica della libertà d’informazione televisiva. Il futuro prossimo dirà se l’equilibrio ed il bilanciamento, in questo momento essenziali, fra intervento normativo, autonomia collettiva e sensibilità etica degli operatori saranno riusciti a produrre un sistema dell’informazione televisiva in cui le libertà degli operatori e quelle degli utenti, oltre che saldarsi fra loro, riescano ad esplicarsi nel rispetto pieno della dignità di tutte le persone coinvolte in questa delicatissima attività. Questo lavoro ha inteso approfondire ed ampliare l’analisi scaturita dagli studi svolti in precedenza sull’argomento, dalla necessità di tenere conto delle innovazioni normative intervenute in questi ultimi anni, nel contesto di una ricca elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, nonché dalla conseguente esigenza di impostare la - non agevole - opera di verifica della compatibilità della più recente disciplina con l’impianto costituzionale e con l’ordinamento comunitario. Come è emerso dall’approfondimento compiuto in questo studio, sotto il profilo strutturale, l’attuale disciplina riguardante la radiotelevisione si presenta come la risultante del coordinamento tra la disciplina generale contenuta nel Testo Unico della radiotelevisione, con le sue successive modifiche ed integrazioni, e le disposizioni contenute anche nelle altre fonti man mano citate, ivi comprese quelle che, pur non essendo di rango primario, concorrono a delineare aspetti anche fondamentali dell’assetto normativo del settore, come nel caso delle delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni relative ai criteri per la completa digitalizzazione delle trasmissioni televisive. Peraltro, a parte i profili strutturali, è, secondo quanto si è cercato di argomentare, sotto l’aspetto funzionale che l’attuale assetto della disciplina di settore desta serie e persistenti perplessità. Si ricorda, in particolare, la discrasia ancora sussistente tra il sistema normativo comunitario e quello italiano. Si evidenziano, inoltre, soprattutto i limiti della disciplina del settore radiotelevisivo relativi alla tutela del pluralismo. Se si concorda che il piano della tutela del pluralismo esige la fissazione del divieto di posizioni dominanti nel settore dell’informazione ed, a tale scopo, richiede che vengano imposte determinate limitazioni preventive, sì da non confonderlo con il piano della tutela della concorrenza (piano non del tutto coincidente con il primo, atteso che esso si connota per vietare l’abuso ex post della posizione dominante), la disamina degli indicatori rilevanti che si è effettuata in questa sede non può non condurre alla conclusione che la disciplina costituita dalla Legge n. 112 del 2004, dal Testo Unico sulla Radiotelevisione e dai provvedimenti attuativi che ne sono seguiti si caratterizza per aver depotenziato tutti gli strumenti finalizzati a presidiare il pluralismo (quali i divieti alla “proprietà incrociata” di diverse tipologie di mezzi di comunicazione, i limiti ex ante alla detenzione di frequenze e reti, i limiti alla raccolta di risorse finanziarie, sia a livello monomediale che multimediale, sia infine, per quel che riguarda le trasmissioni ad accesso condizionato, i limiti ex ante alla titolarità in esclusiva di alcuni contenuti premium), con evidente compromissione del relativo valore che, invece, avrebbe dovuto proteggere, al punto che una parte della dottrina arriva ad ipotizzare la vera e propria “scomparsa” del pluralismo stesso. E si è anche notato come sia ardua - ma comunque necessaria e ineludibile - l’adozione di concrete modificazioni correttive dell’attuale assetto, al fine di garantire il raggiungimento di un’informazione radiotelevisiva effettivamente pluralista e, dunque, rispettosa degli enucleati princìpi costituzionali. In questa prospettiva, muovendo dalla individuazione del fondamento costituzionale della libertà di informazione televisiva, quale sintesi di più libertà – alcune espressamente garantite, altre desumibili indirettamente – in una forma di Stato pluralista, ove la libertà di informazione in genere funge da strumento ineliminabile di collegamento tra i gruppi che compongono il multiforme tessuto sociale e lo Stato stesso, si è privilegiato l’approfondimento delle linee interpretative più importanti del sistema dei princìpi e dei valori costituzionali e dei riflessi che esse hanno sui momenti della produzione normativa e dell’operazione ermeneutica. L’analisi del profilo costituzionale della libertà di informazione televisiva ha consentito, in tal senso, di rinvenire concreti punti di contatto con il profilo etico dell’informazione, giacché etica e diritti fondamentali manifestano sempre reciproci punti di contatto. Del resto, nella Costituzione italiana vivono valori fondanti e condivisi, i quali trovano la loro fonte nei “fermenti etici” scaturiti da quei grandi filoni ideali che poi hanno contribuito alla formazione della Carta fondamentale, legati fra loro dalla comune attenzione alla tutela della persona umana. Più precisamente, nella trama dei princìpi fondamentali della Costituzione, si svolge un’etica personalista. Le riflessioni maturate nell’elaborazione di questo studio lasciano emergere, pertanto, la rinnovata necessità di intraprendere nel settore dell’informazione televisiva la strada di una tutela integrata dei diritti fondamentali della persona umana, che veda la legge ed i codici deontologici e di autoregolamentazione porsi fra loro in rapporto osmotico e che contempli il sostegno di una solida, condivisa e sempre più consapevole etica della responsabilità intesa quale criterio discretivo ultimo per l’operatore dell’informazione che si trovi a dover decidere in qual modo effettuare il trattamento e la diffusione di un dato o di una notizia nelle concrete fattispecie non governate da indici normativi certi o da altrettanto affermate regole deontologiche. A patto, ovviamente, che esista un minimo comune denominatore etico, il quale non può che essere rappresentato dalla centralità dei valori personalistici: obiettivo verso cui orientare le modalità del processo informativo. Del resto, come si è già ricordato, se l’economia e la tecnologia prenderanno il sopravvento nello sviluppo della comunicazione, non si avrà un reale progresso, perché non v’è progresso laddove la persona umana non sia posta al centro.
2010
9788849827637
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