Abstract I Codici deontologici nell’ordinamento moderno 1. Evoluzione del concetto di fonte normativa. 2. I codici deontologici: la natura e funzione.a) Natura.b) Funzione. 3. I codici deontologici nel sistema delle fonti. I Codici deontologici nell’ordinamento moderno. 1. Evoluzione del concetto di fonte normativa. Col termine codice deontologico si intende un insieme di regole più o meno complesso al quale una categoria di persone, generalmente accomunate da interessi professionali, decide di assoggettare la propria attività. Il contenuto prevalentemente etico hanno spinto dottrina e giurisprudenza a ritenere, per lungo tempo, che queste norme non avessero alcuna rilevanza giuridica e che fossero una sorta di codice morale di ciascuna organizzazione professionale. Tuttavia l’evolversi delle tecnologie e quindi delle capacità del singolo e del gruppo, ha prodotto un articolarsi nuovo e complesso della struttura sociale e l’emerge di nuovi bisogni e dunque di nuovi interessi che esigono una disciplina che spesso lo Stato accentrato non è capace di elaborare. Tali esigenze hanno generato un lento ma inarrestabile ed innegabile processo di decentramento del potere dapprima amministrativo, poi anche normativo. 2. I codici deontologici: la natura e funzione. a) Natura. Le norme deontologiche trovano la loro genesi nell’art. 2229 c.c., che istituisce gli ordini, perché vigilino sullo svolgimento di specifiche attività professionali. I Consiglio Nazionali sono organi istituiti, per ciascuna attività professionale, con legge dello Stato, eletti su base democratica da tutti gli iscritti all’albo: essi sono quindi organi rappresentativi di tutti gli ordini disclocati a livello locale. Ne deriva che il codice deontologico da essi emanato è un atto interno di un organo formulato nel rispetto del principio di democraticità. Come è noto, non è possibile svolgere la professione di avvocato o di medico senza essere iscritto all’albo; se ne deduce che questo tipo di codice è uno statuto comportamentale valido per tutti gli esercenti la professione sul territorio nazionale ed ha dunque, di fatto, una validità erga omnes. Quello descritto rappresenta solo un primo stadio di evoluzione della materia oggetto del nostro studio. I codici deontologici, infatti, si sono diffusi e sono stati adottati spontaneamente anche da organizzazioni di professionisti che non sono direttamente istituite dalla legge. Ne deriva la necessità di trovare una nuova collocazione ai codici deontologici nel sistema. Per comprendere un fenomeno e collocarlo all’interno di un sistema occorre analizzare gli interessi ad esso sottesi e chiarire quindi la natura dell’atto. La dottrina ha dimostrato che il giudizio di giuridicità è un giudizio di conformità al sistema: è giuridica la norma che è posta secondo le regole dell’ordinamento al quale appartiene. La situazione soggettiva che nasce da un codice deontologico è complessa e consiste nel rispettare uno statuto comportamentale. Non solo a tale situazione non corrisponde alcun corrispettivo da parte dei professionisti che concorrono alla formulazione dell’autodisciplina, ma nessun utente né alcuna comunità sarebbe disposta a ritenere suscettibile di valutazione economica la correttezza professionale che comunemente si ritiene essere dovuta in virtù del ruolo stesso ricoperto dal professionista. Si deve dunque ritenere che il codice deontologico, in quanto avente natura non patrimoniale, non è un contratto. Tuttavia, come affermato da dottrina ormai accolta da più parti, è possibile distinguere l’autonomia contrattuale da quella negoziale ed è possibile discorrere di negozi a contenuto non patrimoniale. I codici deontologici sono dunque qualificabili quali atti negoziali a contenuto non patrimoniale. b) Funzione. I codici deontologici soddisfano un insieme complesso di interessi che fanno capo contemporaneamente e nello stesso modo a tutti i soggetti che partecipano alla formazione dell’atto ed ai suoi effetti: gli atti in oggetto dunque tendono ad organizzare, o meglio autorganizzare, interessi comuni ad una pluralità di soggetti. Nel processo di proposizione di un codice deontologico è possibile individuare, prima dell’atto che pone il codice, un atto che costituisce l’associazione dei professionisti. Tale atto è sorretto da un interesse che ha natura complessa e sottende quello che può essere definita come necessità di “identificazione”. L’associazione (sostituendo quello che tradizionalmente era l’ordine) funge per i soci da strumento di definizione delle proprie competenze. Individuando le caratteristiche che il professionista deve possedere per svolgere l’attività, l’associazione si pone come una sorta di garante e mediatore fra il mercato ed il professionista. Nell’atto di adesione all’associazione il socio ottiene il riconoscimento di fronte alla società delle proprie attitudini e capacità a svolgere una determinata attività: l’interesse ad “essere identificato”. L’adesione all’associazione comporta poi la partecipazione e l’adesione ad un altro atto che è appunto il codice deontologico. In questo caso il professionista soddisfa quello che potremmo definire un interesse ad “identificarsi”, inteso quale interesse dell’esercente quella specifica attività a definire un proprio statuto comportamentale tale da garantirne diligenza, correttezza e quindi credibilità. I professionisti dunque partecipano a due distinti ma collegati atti di autonomia negoziale: il primo col quale costituiscono l’associazione ed il secondo finalizzato alla creazione di un regolamento che garantisca lo svolgimento della prestazione d’opera; quest’ultimo è qualificabile come un negozio non patrimoniale, di autorganizzazione di interessi comuni, avente la funzione di definire uno statuto comportamentale per un gruppo omogeneo di professionisti. Individuata la funzione dell’atto in oggetto, è necessario interrogarsi circa la meritevolezza ex art. 1322 c.c. dello stesso. Per verificare la meritevolezza di un negozio, occorre riferirsi alla piattaforma assiologia del sistema di riferimento che è costituita dalla Carta Costituzionale. Le norme principali di riferimento paiono essere gli artt. 1 e 4, alle quali occorre immediatamente ricollegare l’artt. 2 e 3. Da cui si evince il ruolo principale che il Costituente attribuisce al lavoro nella formazione della comunità statuale: il lavoro è un diritto ed è inteso come mezzo per lo sviluppo del singolo e per realizzare quella pari dignità di cui all’art. 3. Ma il lavoro è anche un dovere ovvero lo strumento con cui il lavoratore partecipa “al progresso materiale e spirituale della società”. Un atto di autorganizzazione con cui un gruppo di professionisti disciplina la propria attività nel tentativo di individuare criteri deontologici e di correttezza più specifici è dunque sicuramente meritevole di tutela, perché attua più concretamente il quadro costituzionale di riferimento, intendendo il lavoro come rapporto fra il singolo e la comunità ed individuando regole precise per disciplinare un tale rapporto. 3. I codici deontologici nel sistema delle fonti. L’atto individuato deve essere collocato nel sistema delle fonti onde individuare la disciplina ad esso applicabile e di conseguenza la sua efficacia. Il criterio gerarchico permette di affermare che, essendo quello in oggetto un atto di autonomia, esso si pone in una delle fasce più basse della gerarchia. Il criterio di competenza è posto dalle norme sull’atto di autonoma e più in particolare dall’art. 1372 c.c. che permette di affermare, in via preliminare, che i codici deontologici hanno “forza di legge fra le parti”. Quindi i professionisti che aderiscono ad un codice deontologico sono negozialmente tenuti a rispettarne il contenuto. Il contenuto dei codici deontologici tuttavia non è un contenuto per così dire “binario”, cioè esso non prevede solo regolamentazioni fra le parti stipulanti (obblighi rispetto all’associazione e obblighi rispetto ai colleghi), ma anche obblighi rispetto ai terzi: gli utenti della prestazione professionale. Il principio di sussidiarietà permette di costatare un favor del legislatore per la fonte capace di disciplinare specifici interessi, nel rispetto della legge, esso descrive dunque l’ambito di applicazione dei codici deontologici rispetto a due tipi di rapporti: per un verso riconosce efficacia alle norme che riguardano i rapporti fra le parti partecipanti alla formazione dell’atto, e dall’altro alle norme che concernano i rapporti con i terzi, in quanto norme capaci di disciplinare in maniera efficacie interessi specifici non altrimenti regolamentati. Quindi i Codici Deontologici si sistemano a livello gerarchico fra gli atti di autonomia, in base al criterio di competenza e di sussidiarietà è possibile affermare che disciplinano i rapporti che si costituiscono in capo ai professionisti aderenti all’associazione che ha formulato l’atto.

Codici deontologici (parte giuridica)

LONARDO, Loris;
2010-01-01

Abstract

Abstract I Codici deontologici nell’ordinamento moderno 1. Evoluzione del concetto di fonte normativa. 2. I codici deontologici: la natura e funzione.a) Natura.b) Funzione. 3. I codici deontologici nel sistema delle fonti. I Codici deontologici nell’ordinamento moderno. 1. Evoluzione del concetto di fonte normativa. Col termine codice deontologico si intende un insieme di regole più o meno complesso al quale una categoria di persone, generalmente accomunate da interessi professionali, decide di assoggettare la propria attività. Il contenuto prevalentemente etico hanno spinto dottrina e giurisprudenza a ritenere, per lungo tempo, che queste norme non avessero alcuna rilevanza giuridica e che fossero una sorta di codice morale di ciascuna organizzazione professionale. Tuttavia l’evolversi delle tecnologie e quindi delle capacità del singolo e del gruppo, ha prodotto un articolarsi nuovo e complesso della struttura sociale e l’emerge di nuovi bisogni e dunque di nuovi interessi che esigono una disciplina che spesso lo Stato accentrato non è capace di elaborare. Tali esigenze hanno generato un lento ma inarrestabile ed innegabile processo di decentramento del potere dapprima amministrativo, poi anche normativo. 2. I codici deontologici: la natura e funzione. a) Natura. Le norme deontologiche trovano la loro genesi nell’art. 2229 c.c., che istituisce gli ordini, perché vigilino sullo svolgimento di specifiche attività professionali. I Consiglio Nazionali sono organi istituiti, per ciascuna attività professionale, con legge dello Stato, eletti su base democratica da tutti gli iscritti all’albo: essi sono quindi organi rappresentativi di tutti gli ordini disclocati a livello locale. Ne deriva che il codice deontologico da essi emanato è un atto interno di un organo formulato nel rispetto del principio di democraticità. Come è noto, non è possibile svolgere la professione di avvocato o di medico senza essere iscritto all’albo; se ne deduce che questo tipo di codice è uno statuto comportamentale valido per tutti gli esercenti la professione sul territorio nazionale ed ha dunque, di fatto, una validità erga omnes. Quello descritto rappresenta solo un primo stadio di evoluzione della materia oggetto del nostro studio. I codici deontologici, infatti, si sono diffusi e sono stati adottati spontaneamente anche da organizzazioni di professionisti che non sono direttamente istituite dalla legge. Ne deriva la necessità di trovare una nuova collocazione ai codici deontologici nel sistema. Per comprendere un fenomeno e collocarlo all’interno di un sistema occorre analizzare gli interessi ad esso sottesi e chiarire quindi la natura dell’atto. La dottrina ha dimostrato che il giudizio di giuridicità è un giudizio di conformità al sistema: è giuridica la norma che è posta secondo le regole dell’ordinamento al quale appartiene. La situazione soggettiva che nasce da un codice deontologico è complessa e consiste nel rispettare uno statuto comportamentale. Non solo a tale situazione non corrisponde alcun corrispettivo da parte dei professionisti che concorrono alla formulazione dell’autodisciplina, ma nessun utente né alcuna comunità sarebbe disposta a ritenere suscettibile di valutazione economica la correttezza professionale che comunemente si ritiene essere dovuta in virtù del ruolo stesso ricoperto dal professionista. Si deve dunque ritenere che il codice deontologico, in quanto avente natura non patrimoniale, non è un contratto. Tuttavia, come affermato da dottrina ormai accolta da più parti, è possibile distinguere l’autonomia contrattuale da quella negoziale ed è possibile discorrere di negozi a contenuto non patrimoniale. I codici deontologici sono dunque qualificabili quali atti negoziali a contenuto non patrimoniale. b) Funzione. I codici deontologici soddisfano un insieme complesso di interessi che fanno capo contemporaneamente e nello stesso modo a tutti i soggetti che partecipano alla formazione dell’atto ed ai suoi effetti: gli atti in oggetto dunque tendono ad organizzare, o meglio autorganizzare, interessi comuni ad una pluralità di soggetti. Nel processo di proposizione di un codice deontologico è possibile individuare, prima dell’atto che pone il codice, un atto che costituisce l’associazione dei professionisti. Tale atto è sorretto da un interesse che ha natura complessa e sottende quello che può essere definita come necessità di “identificazione”. L’associazione (sostituendo quello che tradizionalmente era l’ordine) funge per i soci da strumento di definizione delle proprie competenze. Individuando le caratteristiche che il professionista deve possedere per svolgere l’attività, l’associazione si pone come una sorta di garante e mediatore fra il mercato ed il professionista. Nell’atto di adesione all’associazione il socio ottiene il riconoscimento di fronte alla società delle proprie attitudini e capacità a svolgere una determinata attività: l’interesse ad “essere identificato”. L’adesione all’associazione comporta poi la partecipazione e l’adesione ad un altro atto che è appunto il codice deontologico. In questo caso il professionista soddisfa quello che potremmo definire un interesse ad “identificarsi”, inteso quale interesse dell’esercente quella specifica attività a definire un proprio statuto comportamentale tale da garantirne diligenza, correttezza e quindi credibilità. I professionisti dunque partecipano a due distinti ma collegati atti di autonomia negoziale: il primo col quale costituiscono l’associazione ed il secondo finalizzato alla creazione di un regolamento che garantisca lo svolgimento della prestazione d’opera; quest’ultimo è qualificabile come un negozio non patrimoniale, di autorganizzazione di interessi comuni, avente la funzione di definire uno statuto comportamentale per un gruppo omogeneo di professionisti. Individuata la funzione dell’atto in oggetto, è necessario interrogarsi circa la meritevolezza ex art. 1322 c.c. dello stesso. Per verificare la meritevolezza di un negozio, occorre riferirsi alla piattaforma assiologia del sistema di riferimento che è costituita dalla Carta Costituzionale. Le norme principali di riferimento paiono essere gli artt. 1 e 4, alle quali occorre immediatamente ricollegare l’artt. 2 e 3. Da cui si evince il ruolo principale che il Costituente attribuisce al lavoro nella formazione della comunità statuale: il lavoro è un diritto ed è inteso come mezzo per lo sviluppo del singolo e per realizzare quella pari dignità di cui all’art. 3. Ma il lavoro è anche un dovere ovvero lo strumento con cui il lavoratore partecipa “al progresso materiale e spirituale della società”. Un atto di autorganizzazione con cui un gruppo di professionisti disciplina la propria attività nel tentativo di individuare criteri deontologici e di correttezza più specifici è dunque sicuramente meritevole di tutela, perché attua più concretamente il quadro costituzionale di riferimento, intendendo il lavoro come rapporto fra il singolo e la comunità ed individuando regole precise per disciplinare un tale rapporto. 3. I codici deontologici nel sistema delle fonti. L’atto individuato deve essere collocato nel sistema delle fonti onde individuare la disciplina ad esso applicabile e di conseguenza la sua efficacia. Il criterio gerarchico permette di affermare che, essendo quello in oggetto un atto di autonomia, esso si pone in una delle fasce più basse della gerarchia. Il criterio di competenza è posto dalle norme sull’atto di autonoma e più in particolare dall’art. 1372 c.c. che permette di affermare, in via preliminare, che i codici deontologici hanno “forza di legge fra le parti”. Quindi i professionisti che aderiscono ad un codice deontologico sono negozialmente tenuti a rispettarne il contenuto. Il contenuto dei codici deontologici tuttavia non è un contenuto per così dire “binario”, cioè esso non prevede solo regolamentazioni fra le parti stipulanti (obblighi rispetto all’associazione e obblighi rispetto ai colleghi), ma anche obblighi rispetto ai terzi: gli utenti della prestazione professionale. Il principio di sussidiarietà permette di costatare un favor del legislatore per la fonte capace di disciplinare specifici interessi, nel rispetto della legge, esso descrive dunque l’ambito di applicazione dei codici deontologici rispetto a due tipi di rapporti: per un verso riconosce efficacia alle norme che riguardano i rapporti fra le parti partecipanti alla formazione dell’atto, e dall’altro alle norme che concernano i rapporti con i terzi, in quanto norme capaci di disciplinare in maniera efficacie interessi specifici non altrimenti regolamentati. Quindi i Codici Deontologici si sistemano a livello gerarchico fra gli atti di autonomia, in base al criterio di competenza e di sussidiarietà è possibile affermare che disciplinano i rapporti che si costituiscono in capo ai professionisti aderenti all’associazione che ha formulato l’atto.
2010
9788849517996
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3115609
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact