Decifrare la complessità educativa con il codice relazionale di LAURA CLARIZIA Si può decifrare la complessità? Quali linee della ricerca educativa possono garantire un sufficiente scandaglio nel mare della complessità educativa e consentire una narrazione intorno all’educativo umano in cui siano forti sia i riferimenti empirico-sperimentali e scientifici sia il senso ermeneutico dell’educativo (Acone 2006)? È possibile introdurre un codice che consenta di decifrare il senso, la direzione, il significato della ricerca educativa, oltre il superamento (ormai, irreversibile) dell’antica ricerca intorno alla totalità del reale? Un qualsiasi universo del discorso scientifico non può, oggi, essere adeguatamente ricercato, conosciuto, espresso sulla base di un unico linguaggio, di un unico paradigma, di un unico sistema concettuale, ma solo ricorrendo a linguaggi, codici e a sistemi concettuali differenti. Se la complessità è decifrabile, come suggerisce il titolo del Convegno, lo è attraverso l’applicazione della nozione di complementarietà, come suggerisce la stessa articolazione, in più tavoli tematici, del Convegno. È questo il modo in cui, produttivamente, può avvenire il confronto tra vari discorsi scientifici e vari codici di decifrazione della realtà educativa: codici spesso concorrenti, cooperanti e, a volte, irriducibilmente antagonisti ( Ceruti 1986). Se ogni tentativo di ridurre la complessità del reale rimane relativo o, almeno, parziale, provvisorio, procedurale, non vi è alcuna linea di ricerca educativa che possa, oggi, spingersi oltre, fino a proporsi quale unico assoluto principio elaborativo di strategie comprensive dell’educativo. Tuttavia, ogni discorso scientifico intorno all’educativo non può che muoversi proprio da lì: dall’opzione di un codice e dalla dichiarazione giustificativa dell’orizzonte teoretico “entro quel cerchio che abbraccia e comprende tutto ciò che è visibile da un certo punto di vista” (Gadamer 1960) e dal quale si tenterà di decifrare la complessità educativa. L’opzione per il codice relazionale ha, dunque, una prima giustificazione nella stessa complessità epistemologica della pedagogia che, strutturalmente, continua a definirsi e articolarsi come filosofia dell’educazione, pedagogia scientifico-sperimentale e pedagogia pratica (Brezinka 1978). Nella prospettiva relazionale, qui proposta, la relazione mi si presenta quale oggetto di studio trasversale a ogni oggetto d’indagine intorno all’educativo, oggetto di discorso e di definizione normativa, codice di lettura dei processi, ma anche condizione e strumento di intervento educativo-rieducativo (Clarizia 2000). La relazione può essere, infatti, sia studiata teoreticamente sia osservata empiricamente sia definita normativamente sia progettata operativamente, così da conservare quell’indispensabile intreccio tra teoria e pratica che caratterizza l’educativo, in cui la teoria diventa il sapere della pratica e la pratica, teoria in atto, anche implicita o inconsapevole (Orlando Cian 1997). Naturalmente, il codice relazionale, qui proposto, in alcun modo ha la pretesa di presentarsi come una sorta di metapunto di vista, all’interno del quale possano essere annullate differenze e contrapposizioni o tensioni essenziali (Kuhn 1977). Il paradigma relazionale resta solo un punto di vista: indispensabile, ma arbitrario e riduttivo, se assolutizzato, perché continua ad esigere il rinvio integrativo e dialettico ad altri paradigmi, con il cui concorso, complesso e articolato, potrà contribuire a produrre innovazione scientifica (Bateson 1979), anche nella ricerca educativa, senza spingersi ad annullare, nel confronto con altri paradigmi, quella tensione essenziale che può determinare il progresso della conoscenza scientifica (Kuhn 1977). La scelta conserva, certamente, margini di arbitrarietà, nel suo porsi come modello descrittivo di un universo che non si lascia riduttivamente esemplificare; tuttavia, tale scelta (arbitraria) è indispensabile nel suo farsi strumento di progettazione normativa e di intervento educativo-rieducativo che possa consentire di uscire dalla catatonia della indecidibilità teoretica della complessità. L’implicita duplice dimensione (teorica-pratica) dell’educativo rinvia all’inerente problema del metodo: sia di quello educativo sia di quello, connesso, della ricerca (Acone 2006). Per quanto attiene ad una riflessione complessiva sulle linee metodologiche della ricerca educativa, dobbiamo riconoscere che, se i metodi della ricerca educativa sono i metodi storico, comparativo, sperimentale, autobiografico, ermeneutico, argomentativo-critico, ciò che nella ricerca educativa è importante ritrovare è una sorta di paradigma unificatore di ogni metodo, corrispondente al tentativo di cum-prendere, stabilendo relazioni e accogliendo unitariamente, ritrovando un senso; non assolutizzando i risultati, ma ponendoli in relazione e lasciandosi coinvolgere nella comprensione (Orlando Cian 1997). Ciò premesso, è forse possibile indicare nella relazione il luogo, intenzionale, progettuale e responsabile di una costruzione di significati e di una procedurale educabilità umana. E, poiché è la relazione che struttura la vita e ogni discorso intorno ad essa, è sempre la relazione che può consentire l’indispensabile nesso teorico-pratico, più volte richiesto alla pedagogia, nel compito (educativo-umano) di aver cura della relazione e di educare ad averne cura. È la relazione il luogo della Comunicazione, della Cura, della Responsabilità… temi d’indagine prevalenti della ricerca educativa, in quanto categorie fondative dell’esistenza umana, della sua educabilità e della possibile Narrabilità pedagogica. Se è la comunicazione che, nel reciproco riconoscimento e ascolto, nella relazione interpersonale, consente all’io umano di esistere, emergendo da un solipsistico bozzolo autoreferenziale (Clarizia 2006), è la cura che ne costituisce il compito; è la cura che apre alla concreta pienezza dell’esser-ci, progetto calato nell'esistenza di cui deve custodire e rivelare l'essere (Heidegger 1927). È la comunicazione interpersonale che, reciprocamente, fonda nelle relazioni familiari, amicali, sociali, professionali l’identità umana e personale; ed è nella competenza comunicativa relazionale (e nel connesso atteggiamento etico di responsabilità e cura interpersonale-intergenerazionale e professionale) che i riferimenti empirici e le ricerche sperimentali della ricerca educativa possono trovare la richiesta compenetrazione con il senso ermeneutico dell’agire etico, oltre una semplice adesione ai principi deontologici delle professioni educative…(Clarizia 2005 2010). Infine, se il paradigma relazionale proposto individua nella relazione la radice dell’educativo, può coerentemente individuarne nella responsabilità relazionale l’implicita ermeneuticità progettuale (Clarizia 2005 2006 2007). Riferimenti bibliografici: Acone G. (2006), Esplorazioni teoriche in pedagogia. Orizzonti, figure, ambiti, Edisud, Salerno. Bateson G.(1979), Mind and Nature, a Necessary Unity, trad. it 1984 di G. Longo, Mente e Natura, Adelphi, Milano. Brezinka W.(1978), Metatheorie der Erziehung, Konstan, trad it.1980, Metateoria dell’educazione, Armando, Roma. Ceruti M. (1986), Il vincolo e la possibilità, Feltrinelli, Milano. Clarizia L.(2000), La relazione. Alla radice dell’educativo, all’origine dell’educabilità, Anicia Roma. Clarizia L.(2005), Psicopedagogia dello sviluppo umano. Una prospettiva relazionale, Edisud Salerno. Clarizia L.(2006), Se l’uomo è progetto…quali saperi nella scuola degli adolescenti?, in “Educare”, Sellino Editore, Avellino, vol. II. Clarizia L.(2007), La relazione educativa scolastica quale luogo di educazione alla convivenza civile, in AA.VV., Convivenza civile e nuovo impegno pedagogico. XLV Convegno di Scholé, La Scuola, Brescia. Clarizia L.(2010), La responsabilità intergenerazionale tra narrazione sociale e competenza professionale: la segnalazione e l’ascolto operativo, in Savarese G.- Cesaro M. (a cura di), Maltrattamenti ed abusi sessuali sui minori: fenomeno, tutela, intervento, Pensa MultiMedia editore, Lecce. Gadamer H.(1960), Wahrheit und Methode, trad. it. 1983 di G. Vattimo, Verità e metodo, Bompiani, Milano. Heidegger M.(1927), Sein und Zeit, Niemayer Verlag, Halle- Germania, trad. it. 1969 di P. Chiodi, Essere e tempo, UTET, Torino. Kuhn T.S.(1977), The Essential Tension, University of Chicago Press, trad. it 1985 La tensione essenziale, Einaudi, Torino. Orlando Cian D.(1997), Metodologia della ricerca pedagogica, La Scuola, Brescia.

Decifrare la complessità educativa con il codice relazionale

CLARIZIA, Laura
2012-01-01

Abstract

Decifrare la complessità educativa con il codice relazionale di LAURA CLARIZIA Si può decifrare la complessità? Quali linee della ricerca educativa possono garantire un sufficiente scandaglio nel mare della complessità educativa e consentire una narrazione intorno all’educativo umano in cui siano forti sia i riferimenti empirico-sperimentali e scientifici sia il senso ermeneutico dell’educativo (Acone 2006)? È possibile introdurre un codice che consenta di decifrare il senso, la direzione, il significato della ricerca educativa, oltre il superamento (ormai, irreversibile) dell’antica ricerca intorno alla totalità del reale? Un qualsiasi universo del discorso scientifico non può, oggi, essere adeguatamente ricercato, conosciuto, espresso sulla base di un unico linguaggio, di un unico paradigma, di un unico sistema concettuale, ma solo ricorrendo a linguaggi, codici e a sistemi concettuali differenti. Se la complessità è decifrabile, come suggerisce il titolo del Convegno, lo è attraverso l’applicazione della nozione di complementarietà, come suggerisce la stessa articolazione, in più tavoli tematici, del Convegno. È questo il modo in cui, produttivamente, può avvenire il confronto tra vari discorsi scientifici e vari codici di decifrazione della realtà educativa: codici spesso concorrenti, cooperanti e, a volte, irriducibilmente antagonisti ( Ceruti 1986). Se ogni tentativo di ridurre la complessità del reale rimane relativo o, almeno, parziale, provvisorio, procedurale, non vi è alcuna linea di ricerca educativa che possa, oggi, spingersi oltre, fino a proporsi quale unico assoluto principio elaborativo di strategie comprensive dell’educativo. Tuttavia, ogni discorso scientifico intorno all’educativo non può che muoversi proprio da lì: dall’opzione di un codice e dalla dichiarazione giustificativa dell’orizzonte teoretico “entro quel cerchio che abbraccia e comprende tutto ciò che è visibile da un certo punto di vista” (Gadamer 1960) e dal quale si tenterà di decifrare la complessità educativa. L’opzione per il codice relazionale ha, dunque, una prima giustificazione nella stessa complessità epistemologica della pedagogia che, strutturalmente, continua a definirsi e articolarsi come filosofia dell’educazione, pedagogia scientifico-sperimentale e pedagogia pratica (Brezinka 1978). Nella prospettiva relazionale, qui proposta, la relazione mi si presenta quale oggetto di studio trasversale a ogni oggetto d’indagine intorno all’educativo, oggetto di discorso e di definizione normativa, codice di lettura dei processi, ma anche condizione e strumento di intervento educativo-rieducativo (Clarizia 2000). La relazione può essere, infatti, sia studiata teoreticamente sia osservata empiricamente sia definita normativamente sia progettata operativamente, così da conservare quell’indispensabile intreccio tra teoria e pratica che caratterizza l’educativo, in cui la teoria diventa il sapere della pratica e la pratica, teoria in atto, anche implicita o inconsapevole (Orlando Cian 1997). Naturalmente, il codice relazionale, qui proposto, in alcun modo ha la pretesa di presentarsi come una sorta di metapunto di vista, all’interno del quale possano essere annullate differenze e contrapposizioni o tensioni essenziali (Kuhn 1977). Il paradigma relazionale resta solo un punto di vista: indispensabile, ma arbitrario e riduttivo, se assolutizzato, perché continua ad esigere il rinvio integrativo e dialettico ad altri paradigmi, con il cui concorso, complesso e articolato, potrà contribuire a produrre innovazione scientifica (Bateson 1979), anche nella ricerca educativa, senza spingersi ad annullare, nel confronto con altri paradigmi, quella tensione essenziale che può determinare il progresso della conoscenza scientifica (Kuhn 1977). La scelta conserva, certamente, margini di arbitrarietà, nel suo porsi come modello descrittivo di un universo che non si lascia riduttivamente esemplificare; tuttavia, tale scelta (arbitraria) è indispensabile nel suo farsi strumento di progettazione normativa e di intervento educativo-rieducativo che possa consentire di uscire dalla catatonia della indecidibilità teoretica della complessità. L’implicita duplice dimensione (teorica-pratica) dell’educativo rinvia all’inerente problema del metodo: sia di quello educativo sia di quello, connesso, della ricerca (Acone 2006). Per quanto attiene ad una riflessione complessiva sulle linee metodologiche della ricerca educativa, dobbiamo riconoscere che, se i metodi della ricerca educativa sono i metodi storico, comparativo, sperimentale, autobiografico, ermeneutico, argomentativo-critico, ciò che nella ricerca educativa è importante ritrovare è una sorta di paradigma unificatore di ogni metodo, corrispondente al tentativo di cum-prendere, stabilendo relazioni e accogliendo unitariamente, ritrovando un senso; non assolutizzando i risultati, ma ponendoli in relazione e lasciandosi coinvolgere nella comprensione (Orlando Cian 1997). Ciò premesso, è forse possibile indicare nella relazione il luogo, intenzionale, progettuale e responsabile di una costruzione di significati e di una procedurale educabilità umana. E, poiché è la relazione che struttura la vita e ogni discorso intorno ad essa, è sempre la relazione che può consentire l’indispensabile nesso teorico-pratico, più volte richiesto alla pedagogia, nel compito (educativo-umano) di aver cura della relazione e di educare ad averne cura. È la relazione il luogo della Comunicazione, della Cura, della Responsabilità… temi d’indagine prevalenti della ricerca educativa, in quanto categorie fondative dell’esistenza umana, della sua educabilità e della possibile Narrabilità pedagogica. Se è la comunicazione che, nel reciproco riconoscimento e ascolto, nella relazione interpersonale, consente all’io umano di esistere, emergendo da un solipsistico bozzolo autoreferenziale (Clarizia 2006), è la cura che ne costituisce il compito; è la cura che apre alla concreta pienezza dell’esser-ci, progetto calato nell'esistenza di cui deve custodire e rivelare l'essere (Heidegger 1927). È la comunicazione interpersonale che, reciprocamente, fonda nelle relazioni familiari, amicali, sociali, professionali l’identità umana e personale; ed è nella competenza comunicativa relazionale (e nel connesso atteggiamento etico di responsabilità e cura interpersonale-intergenerazionale e professionale) che i riferimenti empirici e le ricerche sperimentali della ricerca educativa possono trovare la richiesta compenetrazione con il senso ermeneutico dell’agire etico, oltre una semplice adesione ai principi deontologici delle professioni educative…(Clarizia 2005 2010). Infine, se il paradigma relazionale proposto individua nella relazione la radice dell’educativo, può coerentemente individuarne nella responsabilità relazionale l’implicita ermeneuticità progettuale (Clarizia 2005 2006 2007). Riferimenti bibliografici: Acone G. (2006), Esplorazioni teoriche in pedagogia. Orizzonti, figure, ambiti, Edisud, Salerno. Bateson G.(1979), Mind and Nature, a Necessary Unity, trad. it 1984 di G. Longo, Mente e Natura, Adelphi, Milano. Brezinka W.(1978), Metatheorie der Erziehung, Konstan, trad it.1980, Metateoria dell’educazione, Armando, Roma. Ceruti M. (1986), Il vincolo e la possibilità, Feltrinelli, Milano. Clarizia L.(2000), La relazione. Alla radice dell’educativo, all’origine dell’educabilità, Anicia Roma. Clarizia L.(2005), Psicopedagogia dello sviluppo umano. Una prospettiva relazionale, Edisud Salerno. Clarizia L.(2006), Se l’uomo è progetto…quali saperi nella scuola degli adolescenti?, in “Educare”, Sellino Editore, Avellino, vol. II. Clarizia L.(2007), La relazione educativa scolastica quale luogo di educazione alla convivenza civile, in AA.VV., Convivenza civile e nuovo impegno pedagogico. XLV Convegno di Scholé, La Scuola, Brescia. Clarizia L.(2010), La responsabilità intergenerazionale tra narrazione sociale e competenza professionale: la segnalazione e l’ascolto operativo, in Savarese G.- Cesaro M. (a cura di), Maltrattamenti ed abusi sessuali sui minori: fenomeno, tutela, intervento, Pensa MultiMedia editore, Lecce. Gadamer H.(1960), Wahrheit und Methode, trad. it. 1983 di G. Vattimo, Verità e metodo, Bompiani, Milano. Heidegger M.(1927), Sein und Zeit, Niemayer Verlag, Halle- Germania, trad. it. 1969 di P. Chiodi, Essere e tempo, UTET, Torino. Kuhn T.S.(1977), The Essential Tension, University of Chicago Press, trad. it 1985 La tensione essenziale, Einaudi, Torino. Orlando Cian D.(1997), Metodologia della ricerca pedagogica, La Scuola, Brescia.
2012
9788861521513
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3137473
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