Fin dalle prime fasi di sviluppo della sociologia lo studio del suicidio ha portato con sé la querelle quantitativo-qualitativo. In realtà questi metodi non possono esistere l’uno senza l’altro: infatti, non necessariamente essi si vengono a trovare su poli opposti, seguire l’uno non significa escludere l’altro, anzi, entrambi ci offrono l’opportunità di osservare da “angolazioni diverse” aspetti del fenomeno consentendo una lettura più efficace della complessità dello stesso. L’utilizzo di differenti metodi è giustificato, in primo luogo, dalla volontà di voler integrare la dimensione oggettiva e la dimensione soggettiva del fenomeno del suicidio, in secondo luogo, dall’impossibilità di usare un unico metodo per poter studiare il fenomeno vista la complessità dello stesso, ed inoltre non va tralasciato il problema delle fonti. Metodologicamente è noto agli studiosi che esiste un “numero oscuro” di casi di suicidio e questo esclude a priori uno studio fondato esclusivamente sulle fonti statistiche ufficiali. Al di là di queste osservazioni, riteniamo che lo studio del suicidio con un metodo qualitativo, cioè attraverso la ricerca del significato del gesto, ci possa fornire una chiave di lettura euristica utile non solo per i singoli casi, ma anche per un’ipotesi interpretativa sul significato che il fenomeno assume in un’ampia parte della popolazione. Nella ricerca condotta si è tentato, dunque, di ridefinire i paradigmi nell’ambito dello studio del suicidio integrando la metodologia di ricerca: la dimensione micro e macro di un’azione sociale devono ricevere la medesima attenzione, non è pensabile né tanto meno ipotizzabile una sociologia che non integri i contesti - entro cui si svolgono le azioni - e coloro o colui che agisce. È fondamentale integrare l’ordine dello spiegare (erklären) e l’ordine del comprendere (verstehen), in quanto la ricerca del perché della manifestazione di questo fenomeno non deve rinviare più solo ad una causa, ma anche ad un senso.
Lo studio del suicidio verso una metodologia integrata
MANGONE, Emiliana
2012-01-01
Abstract
Fin dalle prime fasi di sviluppo della sociologia lo studio del suicidio ha portato con sé la querelle quantitativo-qualitativo. In realtà questi metodi non possono esistere l’uno senza l’altro: infatti, non necessariamente essi si vengono a trovare su poli opposti, seguire l’uno non significa escludere l’altro, anzi, entrambi ci offrono l’opportunità di osservare da “angolazioni diverse” aspetti del fenomeno consentendo una lettura più efficace della complessità dello stesso. L’utilizzo di differenti metodi è giustificato, in primo luogo, dalla volontà di voler integrare la dimensione oggettiva e la dimensione soggettiva del fenomeno del suicidio, in secondo luogo, dall’impossibilità di usare un unico metodo per poter studiare il fenomeno vista la complessità dello stesso, ed inoltre non va tralasciato il problema delle fonti. Metodologicamente è noto agli studiosi che esiste un “numero oscuro” di casi di suicidio e questo esclude a priori uno studio fondato esclusivamente sulle fonti statistiche ufficiali. Al di là di queste osservazioni, riteniamo che lo studio del suicidio con un metodo qualitativo, cioè attraverso la ricerca del significato del gesto, ci possa fornire una chiave di lettura euristica utile non solo per i singoli casi, ma anche per un’ipotesi interpretativa sul significato che il fenomeno assume in un’ampia parte della popolazione. Nella ricerca condotta si è tentato, dunque, di ridefinire i paradigmi nell’ambito dello studio del suicidio integrando la metodologia di ricerca: la dimensione micro e macro di un’azione sociale devono ricevere la medesima attenzione, non è pensabile né tanto meno ipotizzabile una sociologia che non integri i contesti - entro cui si svolgono le azioni - e coloro o colui che agisce. È fondamentale integrare l’ordine dello spiegare (erklären) e l’ordine del comprendere (verstehen), in quanto la ricerca del perché della manifestazione di questo fenomeno non deve rinviare più solo ad una causa, ma anche ad un senso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.