Il capitolo riflette sui risultati di una ricerca nazionale finalizzata a descrivere l’identità professionale del docente di scuola secondaria, così come autopercepita nelle connesse competenze dichiarate, relativamente alle varie aree indagate, in una lettura integrata tra le diverse unità territoriali di Bergamo, Padova, Roma e Salerno. La ricerca ha coinvolto complessivamente 12.251 studenti e 873 insegnanti. Chi è il docente di scuola secondaria oggi, in Italia? Quali vissuti emozionali, cognitivi, sociali e di ruolo ne guidano l’agire didattico e organizzativo, la comunicazione interpersonale con gli studenti, tutti adolescenti? Quale identità personale/professionale possiamo ricostruirne attraverso l’analisi dei risultati della nostra ricerca? Naturalmente si è stati ben consapevoli, sin dall’inizio, del livello complesso e problematico della ricerca stessa che, se per un verso inerisce all’indagine (empirica) intorno ad elementi di competenza, secondo le quattro aree così come distinte ed indagate (competenze disciplinari, competenze pedagogico-didattiche, competenze comunicativo-relazionali, competenze etico-personali deontologiche), nella docenza (agita/autopercepita/dichiarata); per l’altro, rinvia, implicitamente, alla più ampia indagine (teorico-teoretica, epistemologico-ermeneutica) intorno all’educabilità della persona, così come progettabile nella scuola attraverso l’agire educativo-didattico-organizzativo del docente. Il problema costantemente avvertito dai pedagogisti che si accingono a fare ricerca (anche) empirica non è solo nella giustificazione epistemologica (e nel confronto) degli aspetti empirici e strutturali dell’indagine, quanto dei livelli, sempre complessi, trasversali, contigui degli elementi indagati o implicitamente emergenti e/o presenti. Nella consapevolezza che ogni tentativo di ridurre la complessità sistemica del reale rimane relativo e la contingenza in sé sembra assumere carattere di assolutezza e di irreversibilità (Luhmann- Schorr 1988), il problema giustificativo di ogni ricerca investe lo stesso livello di elaborazione di strategie comprensive e valutative della ricerca educativa che, sempre ermeneuticamente segnata, oltre che empiricamente costruita, non può, inoltre, fermarsi all’analisi dei dati empirici, bensì da questa avanzare un’ipotesi interpretativa e progettuale, preferibilmente non autoreferenziale né, semplicemente, autoconsolatoria. È soprattutto all’interno di una ricerca educativa intorno ad una professionalità docente (agita/esigita) che può emergere una progettualità innovativa, un tendere ad uscire dal sistema, malgrado l’innegabile implicita tendenza all’autoreferenzialità (Luhmann- Schorr 1988), soprattutto nella scuola secondaria, che sembra scivolare continuamente dalla sua dimensione significativa di luogo, comunità, dimora (abitata da identità relazionali) verso una dimensione di nonluogo (Augè 2002), in cui le identità si presentano impersonali, anonime, contrattuali, solo provvisoriamente condivise dagli utenti attraverso i reciproci ruoli di studenti e docenti. Le autorappresentazioni e le autopercezioni, che abbiamo tentato di indagare emergono dall’intreccio, complesso (e non raramente complicato) tra cognizioni e motivazioni, vocazioni e aspettative, modelli professionali e modelli educativi intergenerazionali, strutturati intorno a una teoria implicita “della mente” e “della cultura” (Bruner 1997), oltre che ad “una serie di rappresentazioni relative alla società e alla scuola e alla sua funzione, e anche all’infanzia e all’adolescenza, e infine alla natura e al ruolo che l’insegnamento assolve, o può assolvere rispetto a tutte queste cose” (Moscato 2008, 10). Va, ancora, sottolineato che la nostra ricerca, relativamente all’offerta informale di competenze così come autopercepite (e/o dichiarate), privilegia l’ascolto del docente, piuttosto che la verificabilità empirica delle competenze dichiarate; tenta di interpretare la dimensione ermeneutica e narrativa (Postman 1997) della professionalità docente, il significato dell’agire educativo-didattico-organizzativo, oltre la descrizione scientifica delle competenze praticate. Pensiamo, infatti, che ascoltare gli insegnanti può contribuire, per aspetti non trascurabili, a produrre innovazione nella ricerca didattica sperimentale, riconfermando la centralità della dimensione narrativa che, pur disgiunta dal sapere scientifico, si ripresenta oggi nella sua forte connessione con esso, quale ritorno del narrativo nel non narrativo (Lyotard 1981), narrativo implicito in quel sapere scientifico di cui sorregge, in fondo, legittimazione e comprensione etico-ermeneutica. Ascoltare gli insegnanti, dunque, nella ricerca che qui presentiamo, ha avuto il significato di cercare di cogliere anche le dimensioni affettive, profonde, inconsce e ambivalenti della professionalità docente. Il questionario di auto-percezione delle competenze (offerta dichiarata), somministrato al campione di insegnanti, è stato costruito in modo da ottenere dei punteggi di scala su ambiti tematici volti a delineare le rappresentazioni che si esprimono in relazione alla propria agita/percepita professionalità. Il protocollo d’intervista utilizzato include circa quaranta item con risposte a intensità scalare, cui fanno seguito alcune domande a risposte libere, oltre alla specificazione dei caratteri socio anagrafici. Nel complesso la ricerca lascia emergere, nel docente in servizio intervistato, un’autopercezione fortemente positiva relativa al proprio ruolo e alle connesse competenze possedute, in tutte le aree di competenza professionale e in tutti e quattro i centri territoriali partecipanti allo studio. Il confronto, tuttavia, con le risposte date dagli studenti a domande del questionario in qualche modo correlate e di controllo lascerà emergere un quadro meno positivo della professionalità docente così come agita o, almeno, così come percepita dagli studenti, rispetto a dimensioni ritenute essenziali. Ciò sembra confermato per tutte le aree considerate, ma emerge soprattutto per l’area che abbiamo definito delle competenze comunicative relazionali, in parte, anche per quella delle competenze etico-personali-deontologiche. I docenti di cui parlano gli studenti forse non sono i docenti che ci stanno parlando con il questionario? In ogni caso, non possiamo non tener conto dei risultati dell’indagine: l’identità così come autopercepita e narrata da questo campione di docenti, la cui selezione è, naturalmente, avvenuta all’interno di corretti criteri di campionamento, così come descritto in altra sezione del lavoro, è, in complesso, positiva. Non emergono, inoltre, significative differenze rispetto alla variabile territoriale (Bergamo, Padova, Roma e Salerno); anche se è possibile, per alcune dimensioni (e/o singole risposte), rilevare dati alquanto differenziati nei vari centri territoriali, questi non sono tali da modificare la complessiva valutazione (autovalutazione), uniformemente positiva nelle diverse aree. Possiamo, piuttosto, prima di rinviare alle analisi dettagliate per aree di competenza e aree geografiche, introdurre un ulteriore elemento di problematizzazione rinvenibile sia nel rapporto tra l’agito, l’autopercepito e il dichiarato dai docenti (non necessariamente coincidenti) sia nel rapporto tra l’agito didattico dei docenti e il percepito dagli studenti.
L’offerta informale di competenze nell’autopercezione degli insegnanti
CLARIZIA, Laura;QUATRANO, FABIANA;LOMBARDI, MARIA GRAZIA
2011-01-01
Abstract
Il capitolo riflette sui risultati di una ricerca nazionale finalizzata a descrivere l’identità professionale del docente di scuola secondaria, così come autopercepita nelle connesse competenze dichiarate, relativamente alle varie aree indagate, in una lettura integrata tra le diverse unità territoriali di Bergamo, Padova, Roma e Salerno. La ricerca ha coinvolto complessivamente 12.251 studenti e 873 insegnanti. Chi è il docente di scuola secondaria oggi, in Italia? Quali vissuti emozionali, cognitivi, sociali e di ruolo ne guidano l’agire didattico e organizzativo, la comunicazione interpersonale con gli studenti, tutti adolescenti? Quale identità personale/professionale possiamo ricostruirne attraverso l’analisi dei risultati della nostra ricerca? Naturalmente si è stati ben consapevoli, sin dall’inizio, del livello complesso e problematico della ricerca stessa che, se per un verso inerisce all’indagine (empirica) intorno ad elementi di competenza, secondo le quattro aree così come distinte ed indagate (competenze disciplinari, competenze pedagogico-didattiche, competenze comunicativo-relazionali, competenze etico-personali deontologiche), nella docenza (agita/autopercepita/dichiarata); per l’altro, rinvia, implicitamente, alla più ampia indagine (teorico-teoretica, epistemologico-ermeneutica) intorno all’educabilità della persona, così come progettabile nella scuola attraverso l’agire educativo-didattico-organizzativo del docente. Il problema costantemente avvertito dai pedagogisti che si accingono a fare ricerca (anche) empirica non è solo nella giustificazione epistemologica (e nel confronto) degli aspetti empirici e strutturali dell’indagine, quanto dei livelli, sempre complessi, trasversali, contigui degli elementi indagati o implicitamente emergenti e/o presenti. Nella consapevolezza che ogni tentativo di ridurre la complessità sistemica del reale rimane relativo e la contingenza in sé sembra assumere carattere di assolutezza e di irreversibilità (Luhmann- Schorr 1988), il problema giustificativo di ogni ricerca investe lo stesso livello di elaborazione di strategie comprensive e valutative della ricerca educativa che, sempre ermeneuticamente segnata, oltre che empiricamente costruita, non può, inoltre, fermarsi all’analisi dei dati empirici, bensì da questa avanzare un’ipotesi interpretativa e progettuale, preferibilmente non autoreferenziale né, semplicemente, autoconsolatoria. È soprattutto all’interno di una ricerca educativa intorno ad una professionalità docente (agita/esigita) che può emergere una progettualità innovativa, un tendere ad uscire dal sistema, malgrado l’innegabile implicita tendenza all’autoreferenzialità (Luhmann- Schorr 1988), soprattutto nella scuola secondaria, che sembra scivolare continuamente dalla sua dimensione significativa di luogo, comunità, dimora (abitata da identità relazionali) verso una dimensione di nonluogo (Augè 2002), in cui le identità si presentano impersonali, anonime, contrattuali, solo provvisoriamente condivise dagli utenti attraverso i reciproci ruoli di studenti e docenti. Le autorappresentazioni e le autopercezioni, che abbiamo tentato di indagare emergono dall’intreccio, complesso (e non raramente complicato) tra cognizioni e motivazioni, vocazioni e aspettative, modelli professionali e modelli educativi intergenerazionali, strutturati intorno a una teoria implicita “della mente” e “della cultura” (Bruner 1997), oltre che ad “una serie di rappresentazioni relative alla società e alla scuola e alla sua funzione, e anche all’infanzia e all’adolescenza, e infine alla natura e al ruolo che l’insegnamento assolve, o può assolvere rispetto a tutte queste cose” (Moscato 2008, 10). Va, ancora, sottolineato che la nostra ricerca, relativamente all’offerta informale di competenze così come autopercepite (e/o dichiarate), privilegia l’ascolto del docente, piuttosto che la verificabilità empirica delle competenze dichiarate; tenta di interpretare la dimensione ermeneutica e narrativa (Postman 1997) della professionalità docente, il significato dell’agire educativo-didattico-organizzativo, oltre la descrizione scientifica delle competenze praticate. Pensiamo, infatti, che ascoltare gli insegnanti può contribuire, per aspetti non trascurabili, a produrre innovazione nella ricerca didattica sperimentale, riconfermando la centralità della dimensione narrativa che, pur disgiunta dal sapere scientifico, si ripresenta oggi nella sua forte connessione con esso, quale ritorno del narrativo nel non narrativo (Lyotard 1981), narrativo implicito in quel sapere scientifico di cui sorregge, in fondo, legittimazione e comprensione etico-ermeneutica. Ascoltare gli insegnanti, dunque, nella ricerca che qui presentiamo, ha avuto il significato di cercare di cogliere anche le dimensioni affettive, profonde, inconsce e ambivalenti della professionalità docente. Il questionario di auto-percezione delle competenze (offerta dichiarata), somministrato al campione di insegnanti, è stato costruito in modo da ottenere dei punteggi di scala su ambiti tematici volti a delineare le rappresentazioni che si esprimono in relazione alla propria agita/percepita professionalità. Il protocollo d’intervista utilizzato include circa quaranta item con risposte a intensità scalare, cui fanno seguito alcune domande a risposte libere, oltre alla specificazione dei caratteri socio anagrafici. Nel complesso la ricerca lascia emergere, nel docente in servizio intervistato, un’autopercezione fortemente positiva relativa al proprio ruolo e alle connesse competenze possedute, in tutte le aree di competenza professionale e in tutti e quattro i centri territoriali partecipanti allo studio. Il confronto, tuttavia, con le risposte date dagli studenti a domande del questionario in qualche modo correlate e di controllo lascerà emergere un quadro meno positivo della professionalità docente così come agita o, almeno, così come percepita dagli studenti, rispetto a dimensioni ritenute essenziali. Ciò sembra confermato per tutte le aree considerate, ma emerge soprattutto per l’area che abbiamo definito delle competenze comunicative relazionali, in parte, anche per quella delle competenze etico-personali-deontologiche. I docenti di cui parlano gli studenti forse non sono i docenti che ci stanno parlando con il questionario? In ogni caso, non possiamo non tener conto dei risultati dell’indagine: l’identità così come autopercepita e narrata da questo campione di docenti, la cui selezione è, naturalmente, avvenuta all’interno di corretti criteri di campionamento, così come descritto in altra sezione del lavoro, è, in complesso, positiva. Non emergono, inoltre, significative differenze rispetto alla variabile territoriale (Bergamo, Padova, Roma e Salerno); anche se è possibile, per alcune dimensioni (e/o singole risposte), rilevare dati alquanto differenziati nei vari centri territoriali, questi non sono tali da modificare la complessiva valutazione (autovalutazione), uniformemente positiva nelle diverse aree. Possiamo, piuttosto, prima di rinviare alle analisi dettagliate per aree di competenza e aree geografiche, introdurre un ulteriore elemento di problematizzazione rinvenibile sia nel rapporto tra l’agito, l’autopercepito e il dichiarato dai docenti (non necessariamente coincidenti) sia nel rapporto tra l’agito didattico dei docenti e il percepito dagli studenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.