Preso nella stretta della Seconda Guerra mondiale, vincolato dalla sua condizione di esule a parla- re due lingue, angosciato dal destino di morte che segna l’Occidente, Lévi-Strauss, invitato da Gurvitch a parteci- pare a un volume sulla sociologia nel XX secolo, si chiede quale possa essere il futuro riservato a quella francese e quale il nome del padre che la porterà in salvo dalla trage- dia del conflitto. Dopo aver furiosamente catalogato le opere e gli autori che a suo parere hanno fatto la sociologia francese fino al 1945, l’antropologo sceglie Mauss a fronte di Durkheim per una serie di motivi coscienti: le tante contraddizioni metodologiche che assillano l’opera di quest’ultimo, il suo rifiuto della psicologia individuale, il vizio di formulare sintesi universali, difetti a cui fanno da contraltare le virtù stilistiche del primo. In realtà, la motivazione inconscia che spinge Lévi- Strauss a scegliere Mauss come nome del padre a cui le- gare il futuro della sociologia francese si basa sul fatto cheil concetto di scambio formulato nel Saggio sul dono con- sente di accedere ad un’analisi della società basata sulla teoria della comunicazione e questo oltre l’insegnamento di Mauss. La conquista di tale novità, allora, passa attraverso un doppio lavoro di distacco dalla tradizione sociologica francese: in primo luogo, da quella classica durkheime- riana con l’ausilio di Mauss; in secondo luogo, da quella moderna maussiana attraverso il paradigma comunicati- vo che Lévi-Strauss rielabora in modo molto originale a partire dalla cibernetica (Wiener, Shannon e Weaver). Un paradigma che, interpretato nella sua versione mediale, ci fa vedere lo stretto legame tra scrittura e dominazione e ci indica nella funzione di una parola senza potere una possibile via d’uscita dallo stato di asservimento prodotto dall’alfabeto fonetico. Il secolo che verrà ha dalla sua parte una sociologia che continua a pensare alla liberazione.

La sociologia francese. Dalle origini al 1945

DENUNZIO, Fabrizio;
2014-01-01

Abstract

Preso nella stretta della Seconda Guerra mondiale, vincolato dalla sua condizione di esule a parla- re due lingue, angosciato dal destino di morte che segna l’Occidente, Lévi-Strauss, invitato da Gurvitch a parteci- pare a un volume sulla sociologia nel XX secolo, si chiede quale possa essere il futuro riservato a quella francese e quale il nome del padre che la porterà in salvo dalla trage- dia del conflitto. Dopo aver furiosamente catalogato le opere e gli autori che a suo parere hanno fatto la sociologia francese fino al 1945, l’antropologo sceglie Mauss a fronte di Durkheim per una serie di motivi coscienti: le tante contraddizioni metodologiche che assillano l’opera di quest’ultimo, il suo rifiuto della psicologia individuale, il vizio di formulare sintesi universali, difetti a cui fanno da contraltare le virtù stilistiche del primo. In realtà, la motivazione inconscia che spinge Lévi- Strauss a scegliere Mauss come nome del padre a cui le- gare il futuro della sociologia francese si basa sul fatto cheil concetto di scambio formulato nel Saggio sul dono con- sente di accedere ad un’analisi della società basata sulla teoria della comunicazione e questo oltre l’insegnamento di Mauss. La conquista di tale novità, allora, passa attraverso un doppio lavoro di distacco dalla tradizione sociologica francese: in primo luogo, da quella classica durkheime- riana con l’ausilio di Mauss; in secondo luogo, da quella moderna maussiana attraverso il paradigma comunicati- vo che Lévi-Strauss rielabora in modo molto originale a partire dalla cibernetica (Wiener, Shannon e Weaver). Un paradigma che, interpretato nella sua versione mediale, ci fa vedere lo stretto legame tra scrittura e dominazione e ci indica nella funzione di una parola senza potere una possibile via d’uscita dallo stato di asservimento prodotto dall’alfabeto fonetico. Il secolo che verrà ha dalla sua parte una sociologia che continua a pensare alla liberazione.
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