Configurandosi come un dispositivo per gestire l’ansia collegata alle condizioni di vita inumane cui i soldati sono sottoposti, la stampa di trincea rappresenta un fenomeno molto comune, che interessa, durante la Prima Guerra Mondiale, tanto il fronte orientale che quello occidentale e che coinvolge le nazioni impegnate nel conflitto a vari livelli. Tra i giornali più noti e longevi vi è il britannico “The Wipers Times”, su cui si focalizza il presente saggio nell’intento di analizzare alcune delle caratteristiche delle pubblicazioni di questo tipo che, in buona misura tramite l’umorismo, cercano di dare voce al disagio diffuso, tentando una complessa mediazione tra più esigenze che sembrano escludersi vicendevolmente. Nati infatti per consentire alle truppe di raccontare la propria quotidianità in un modo più autentico di quanto non faccia la stampa ufficiale, tali giornali sono tuttavia sottoposti al doppio vincolo della censura e dell’autocensura, visto che raggiungono anche la popolazione civile, almeno parzialmente all’oscuro delle loro difficile quotidianità. Ma soprattutto negoziano continuamente il proprio diritto all’esistenza con le autorità civili e militari a cui non lesinano critiche, che pure non diventano mai esplicita rivolta. Sebbene il fenomeno non possa essere giudicato né apertamente sovversivo né un esempio di quella che viene solitamente definita “cultura della consolazione”, pure la stampa di trincea permette ai soldati di reinventare la propria immagine – un’immagine che si discosta dal mito falsificante dell’eroe diffuso dalla propaganda - e rinegoziare il consenso della società civile per la quale combattono.
La guerra vista da 'Wipers'. La stampa di trincea e le risorse dell'umorismo
DE GIOVANNI, Flora
2016
Abstract
Configurandosi come un dispositivo per gestire l’ansia collegata alle condizioni di vita inumane cui i soldati sono sottoposti, la stampa di trincea rappresenta un fenomeno molto comune, che interessa, durante la Prima Guerra Mondiale, tanto il fronte orientale che quello occidentale e che coinvolge le nazioni impegnate nel conflitto a vari livelli. Tra i giornali più noti e longevi vi è il britannico “The Wipers Times”, su cui si focalizza il presente saggio nell’intento di analizzare alcune delle caratteristiche delle pubblicazioni di questo tipo che, in buona misura tramite l’umorismo, cercano di dare voce al disagio diffuso, tentando una complessa mediazione tra più esigenze che sembrano escludersi vicendevolmente. Nati infatti per consentire alle truppe di raccontare la propria quotidianità in un modo più autentico di quanto non faccia la stampa ufficiale, tali giornali sono tuttavia sottoposti al doppio vincolo della censura e dell’autocensura, visto che raggiungono anche la popolazione civile, almeno parzialmente all’oscuro delle loro difficile quotidianità. Ma soprattutto negoziano continuamente il proprio diritto all’esistenza con le autorità civili e militari a cui non lesinano critiche, che pure non diventano mai esplicita rivolta. Sebbene il fenomeno non possa essere giudicato né apertamente sovversivo né un esempio di quella che viene solitamente definita “cultura della consolazione”, pure la stampa di trincea permette ai soldati di reinventare la propria immagine – un’immagine che si discosta dal mito falsificante dell’eroe diffuso dalla propaganda - e rinegoziare il consenso della società civile per la quale combattono.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.