I giganti della montagna, com’è noto, è l’ultimo lavoro teatrale composto da Pirandello e avvolto nel velo misterioso del testamento incompiuto. È dramma enigmatico, metateatrale, visionario, che ha impegnato i più grandi registi in allestimenti rimasti memorabili nella storia del teatro europeo dalla sua pubblicazione fino ad oggi. Le questioni fondanti sui rapporti fra autore, attore, personaggio, regista e pubblico, assumono qui una declinazione sofisticata che orienta l’attenzione del pubblico su aspetti ambigui del rapporto arte-vita e pone interrogativi inquietanti sul senso di tale relazione. L’arco temporale che separa la stesura dell’opera dalla nostra contemporaneità, non ha esaurito la forza drammaturgica contenuta nelle ultime pagine del teatro pirandelliano e offre occasioni continue di sperimentazione che pongono il testo come territorio di ricerca assoluto, senza tempo, ambito privilegiato di indagine estetica. All’interno delle versioni italiane de I giganti della montagna (fra le quali restano celebri quelle di Mario Missiroli e Giorgio Strehler), nel 2015 una singolare lettura eseguita da Roberto Latini (protagonista di spicco del teatro di ricerca contemporaneo) si è imposta come “eresia” rappresentativa, laddove la definizione allude alla potenza eversiva affidata alla dimensione onirica dell’opera, in un esempio nel quale attore e regista coincidono. La rappresentazione investe un solo interprete della responsabilità di scatenare la carica simbolica della scrittura pirandelliana, trampolino per l’immaginazione e terreno costante di riflessione. L’intervento intende analizzare la messinscena di Roberto Latini alla luce di una scelta di campo nella quale il corpo dell’attore, la fisicità delle sue membra e della sua voce che interpreta ogni personaggio, si irradiano sullo spettatore in una essenzialità che diventa esperienza quasi rituale, comunicazione che conferma e amplifica il potere espressivo de I giganti della montagna all’interno e oltre le categorie dell’avanguardia.

I giganti della montagna, oltre l'avanguardia

Annamaria Sapienza
2018-01-01

Abstract

I giganti della montagna, com’è noto, è l’ultimo lavoro teatrale composto da Pirandello e avvolto nel velo misterioso del testamento incompiuto. È dramma enigmatico, metateatrale, visionario, che ha impegnato i più grandi registi in allestimenti rimasti memorabili nella storia del teatro europeo dalla sua pubblicazione fino ad oggi. Le questioni fondanti sui rapporti fra autore, attore, personaggio, regista e pubblico, assumono qui una declinazione sofisticata che orienta l’attenzione del pubblico su aspetti ambigui del rapporto arte-vita e pone interrogativi inquietanti sul senso di tale relazione. L’arco temporale che separa la stesura dell’opera dalla nostra contemporaneità, non ha esaurito la forza drammaturgica contenuta nelle ultime pagine del teatro pirandelliano e offre occasioni continue di sperimentazione che pongono il testo come territorio di ricerca assoluto, senza tempo, ambito privilegiato di indagine estetica. All’interno delle versioni italiane de I giganti della montagna (fra le quali restano celebri quelle di Mario Missiroli e Giorgio Strehler), nel 2015 una singolare lettura eseguita da Roberto Latini (protagonista di spicco del teatro di ricerca contemporaneo) si è imposta come “eresia” rappresentativa, laddove la definizione allude alla potenza eversiva affidata alla dimensione onirica dell’opera, in un esempio nel quale attore e regista coincidono. La rappresentazione investe un solo interprete della responsabilità di scatenare la carica simbolica della scrittura pirandelliana, trampolino per l’immaginazione e terreno costante di riflessione. L’intervento intende analizzare la messinscena di Roberto Latini alla luce di una scelta di campo nella quale il corpo dell’attore, la fisicità delle sue membra e della sua voce che interpreta ogni personaggio, si irradiano sullo spettatore in una essenzialità che diventa esperienza quasi rituale, comunicazione che conferma e amplifica il potere espressivo de I giganti della montagna all’interno e oltre le categorie dell’avanguardia.
2018
978-88-99541-94-1
978-88-99541-95-8
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