L’ultimo quarantennio ha registrato, su scala mondiale, una crescente diffusione di orti e giardini all’interno degli insediamenti urbani. Il fenomeno - lente privilegiata di osservazione di quello che P. Grossi definisce un «diverso modo di percepire e realizzare il rapporto soggetto/cosa produttiva», alternativo al paradigma di appartenenza della proprietà individuale, oggetto di significative aperture anche da parte della giurisprudenza di legittimità e costituzionale - involge, da un lato, la mutata accezione valoriale dell’agricoltura; dall’altro, il ruolo proattivo della società civile. La modificazione dei bisogni sociali (l’esigenza di alimentarsi in modo sano e meno inquinante; di rendere le città più coese e inclusive dal punto di vista sociale; le difficoltà economiche provocate dalla attuale crisi finanziaria) e la emersione, nel quadro del principio di sussidiarietà, di nuovi criteri di organizzazione dei servizi, trovano plastico riscontro nel recupero finalizzato alla coltivazione di aree, in proprietà pubblica, marginali e degradate (c.d. “terzo paesaggio”). Orti urbani, giardini condivisi, guerrilla gardening - «beni a fruizione collettiva», che per il loro «valore ideale» sono, ben oltre il valore della solidarietà, «patrimonio comune» - recuperano quella «diversa visione del rapporto uomo/terra», che P. Grossi rileva essere propria «delle prassi agraria e silvo-pastorale, pervicacemente difeso dalle popolazioni rustiche», rimarcando compiutamente l’idea della «conservazione ambientale» sottesa all’agricoltura.
Agricoltura urbana: “un altro modo di possedere” gli spazi civici
MARIASSUNTA IMBRENDA
2018-01-01
Abstract
L’ultimo quarantennio ha registrato, su scala mondiale, una crescente diffusione di orti e giardini all’interno degli insediamenti urbani. Il fenomeno - lente privilegiata di osservazione di quello che P. Grossi definisce un «diverso modo di percepire e realizzare il rapporto soggetto/cosa produttiva», alternativo al paradigma di appartenenza della proprietà individuale, oggetto di significative aperture anche da parte della giurisprudenza di legittimità e costituzionale - involge, da un lato, la mutata accezione valoriale dell’agricoltura; dall’altro, il ruolo proattivo della società civile. La modificazione dei bisogni sociali (l’esigenza di alimentarsi in modo sano e meno inquinante; di rendere le città più coese e inclusive dal punto di vista sociale; le difficoltà economiche provocate dalla attuale crisi finanziaria) e la emersione, nel quadro del principio di sussidiarietà, di nuovi criteri di organizzazione dei servizi, trovano plastico riscontro nel recupero finalizzato alla coltivazione di aree, in proprietà pubblica, marginali e degradate (c.d. “terzo paesaggio”). Orti urbani, giardini condivisi, guerrilla gardening - «beni a fruizione collettiva», che per il loro «valore ideale» sono, ben oltre il valore della solidarietà, «patrimonio comune» - recuperano quella «diversa visione del rapporto uomo/terra», che P. Grossi rileva essere propria «delle prassi agraria e silvo-pastorale, pervicacemente difeso dalle popolazioni rustiche», rimarcando compiutamente l’idea della «conservazione ambientale» sottesa all’agricoltura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.