In questo capitolo incrociamo la proposta tipologica presentata nel capitolo precedente con il genere e la classe di età degli Italiani ad Atene da noi intervistati. Esamineremo, pertanto, i diversi tipi di percorso migratorio presentati nel capitolo precedente in relazione al genere e all’età, allo scopo di esplorare, in rapporto a queste due dimensioni, le costruzioni identitarie che si presentano nelle testimonianze dai noi raccolte – per quanto spesso in maniera frammentaria, ambigua, talvolta persino contraddittoria (cfr. sopra, capitolo 3). Il lavoro risponde dunque alla seguente domanda di ricerca: in che modo i significati e le motivazioni alla base del percorso migratorio sembrano differire tra maschi e femmine e tra giovani e adulti? Possiamo distinguere gli Italiani ad Atene da noi intervistati in due grandi fasce di età. La prima riguarda soggetti in età superiore ai 45-50 anni, giunti ad Atene spesso dagli anni ‘80 o dagli anni ‘90 e dunque collocabili in un flusso migratorio più antico rispetto alla cosiddetta nuova emigrazione italiana. La seconda riguarda soggetti tendenzialmente più giovani (ventenni o trentenni al momento dell’intervista), quasi sempre giunti ad Atene in tempi assai più recenti, e comunque a partire dal 2008, anno di inizio della crisi. Nella prima fascia di età si collocano dunque in prevalenza i percorsi migratori che nel capitolo 5 abbiamo definito imprenditoriale e da matrimonio. Nella seconda si collocano invece in maniera prevalente le migrazioni mediterranee, nomadi e quelle da lavoro. Oltre che in rapporto all’età ed alla fase del ciclo di vita, le ondate migratorie sopra indicate si distinguono anche in relazione alle trasformazioni strutturali che si verificano tanto nel contesto di origine quanto in quello di destinazione. Ci riferiamo in particolare ai mutamenti intervenuti nel mercato del lavoro (Pugliese, 2018, pp. 67-84), che determinando la fine dell’epoca del lavoro per la vita hanno un impatto considerevole sui processi migratori e i progetti di vita dell’ondata più recente (cfr. sopra, capitolo 3). Si tratta di un processo di trasformazione sociale che implica un’autentica riconfigurazione degli schemi culturali ereditati dalle generazioni precedenti (Giddens, 1991). In questa sede ci limitiamo soltanto a richiamare, con le parole di uno dei padri fondatori della sociologia italiana, le conseguenze di questa trasformazione sulla vita quotidiana e l’identità personale e sociale di quella che chiameremo la generazione della precarietà: il maggior costo umano dei lavori flessibili è riassumibile nell’idea di precarietà. Essa prende forma e sostanza, per una persona, attraverso l’inserimento in una lunga sequenza di contratti lavorativi a tempo determinato – mediamente di pochi mesi – senza alcuna certezza di riuscire a stipulare un nuovo contratto prima della fine di quello in corso o subito dopo; oppure di ottenere, scontando un’attesa magari lunga e però misurabile, un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il termine precarietà, dunque, non connota semplicemente la natura del singolo contratto atipico, bensì la condizione sociale e umana che deriva dalla sequenza di questo tipo di contratti, nonché la probabilità – progressivamente più elevata a mano a mano che la sequenza si allunga – di non arrivare mai a uscirne. […] di conseguenza, la precarietà implica primariamente l’insicurezza, oggettiva e soggettiva. Insicurezza che, muovendo dalle condizioni di lavoro, diventa insicurezza delle condizioni di vita (Gallino, 2014, p. 8). Di fronte all’insicurezza, insieme ai percorsi lavorativi e per tramite di questi, anche le biografie individuali si differenziano non soltanto sul piano dei calendari e della cronologia degli eventi, della sequenzialità delle transizioni, ma anche sul piano dei progetti di vita e dei significati attribuiti alla sfera lavorativa in relazione alle altre (la vita affettiva, quella sociale, i modi di impiegare il tempo libero, ecc.). La varietà dei percorsi migratori che appartengono a questa seconda ondata – e, dunque, alle fasce di età più giovanili – riguarda in particolare soggetti che nel contesto di origine non riescono ad andare oltre il mercato del lavoro periferico, gli outsiders, costretti alla disoccupazione o intrappolati in carriere atipiche, ed anche esclusi da una piena cittadinanza sociale a causa della riduzione o assenza delle garanzie di welfare (diritti pensionistici, indennità di disoccupazione, indennità di maternità, cassa integrazione ecc.). I percorsi migratori di costoro appaiono dunque come una forma di reazione all’incertezza derivante da tali cambiamenti, che comporta una diversificazione dei percorsi di costruzione biografica e dei significati attribuiti ai percorsi migratori stessi. Queste diverse riposte limitano le interpretazioni deterministiche dei processi di mobilità territoriale in corso, riconoscendo l’esistenza di facoltà riflessive e spazi di interazione e autodeterminazione individuali e considerando gli effetti che, nei rispetti margini di intervento, gli individui generano a partire dalle condizioni strutturali. Il capitolo adotta quindi un approccio che si colloca a metà tra structure e agency e cerca di superare l’orientamento dicotomico che considera queste prospettive come in opposizione, riconoscendo il ruolo sia dei fattori strutturali che delle capacità, orientamenti e progettualità soggettive nella configurazione e riconfigurazione dei processi migratori. Questi ultimi vengono dunque considerati come il risultato di complesse interazioni tra decisioni, progetti e obiettivi individuali e opportunità e limiti contestuali (Massey et al., 1998, p. 281). Nel prossimo paragrafo ci concentreremo quindi sui tratti comuni dei tipi di processi migratori dell’ondata migratoria più recente e su come questi si distinguano da quelli dell’ondata precedente. Nel secondo paragrafo saranno affrontate le differenze di genere, ma in particolare quelle che emergono tra donne che appartengono a differenti coorti di età. Nelle osservazioni conclusive infine cercheremo di proporre una sintesi critica dei risultati ottenuti per mezzo di questo esercizio.

I processi migratori secondo il genere e l'età

Angela Delli Paoli
2019-01-01

Abstract

In questo capitolo incrociamo la proposta tipologica presentata nel capitolo precedente con il genere e la classe di età degli Italiani ad Atene da noi intervistati. Esamineremo, pertanto, i diversi tipi di percorso migratorio presentati nel capitolo precedente in relazione al genere e all’età, allo scopo di esplorare, in rapporto a queste due dimensioni, le costruzioni identitarie che si presentano nelle testimonianze dai noi raccolte – per quanto spesso in maniera frammentaria, ambigua, talvolta persino contraddittoria (cfr. sopra, capitolo 3). Il lavoro risponde dunque alla seguente domanda di ricerca: in che modo i significati e le motivazioni alla base del percorso migratorio sembrano differire tra maschi e femmine e tra giovani e adulti? Possiamo distinguere gli Italiani ad Atene da noi intervistati in due grandi fasce di età. La prima riguarda soggetti in età superiore ai 45-50 anni, giunti ad Atene spesso dagli anni ‘80 o dagli anni ‘90 e dunque collocabili in un flusso migratorio più antico rispetto alla cosiddetta nuova emigrazione italiana. La seconda riguarda soggetti tendenzialmente più giovani (ventenni o trentenni al momento dell’intervista), quasi sempre giunti ad Atene in tempi assai più recenti, e comunque a partire dal 2008, anno di inizio della crisi. Nella prima fascia di età si collocano dunque in prevalenza i percorsi migratori che nel capitolo 5 abbiamo definito imprenditoriale e da matrimonio. Nella seconda si collocano invece in maniera prevalente le migrazioni mediterranee, nomadi e quelle da lavoro. Oltre che in rapporto all’età ed alla fase del ciclo di vita, le ondate migratorie sopra indicate si distinguono anche in relazione alle trasformazioni strutturali che si verificano tanto nel contesto di origine quanto in quello di destinazione. Ci riferiamo in particolare ai mutamenti intervenuti nel mercato del lavoro (Pugliese, 2018, pp. 67-84), che determinando la fine dell’epoca del lavoro per la vita hanno un impatto considerevole sui processi migratori e i progetti di vita dell’ondata più recente (cfr. sopra, capitolo 3). Si tratta di un processo di trasformazione sociale che implica un’autentica riconfigurazione degli schemi culturali ereditati dalle generazioni precedenti (Giddens, 1991). In questa sede ci limitiamo soltanto a richiamare, con le parole di uno dei padri fondatori della sociologia italiana, le conseguenze di questa trasformazione sulla vita quotidiana e l’identità personale e sociale di quella che chiameremo la generazione della precarietà: il maggior costo umano dei lavori flessibili è riassumibile nell’idea di precarietà. Essa prende forma e sostanza, per una persona, attraverso l’inserimento in una lunga sequenza di contratti lavorativi a tempo determinato – mediamente di pochi mesi – senza alcuna certezza di riuscire a stipulare un nuovo contratto prima della fine di quello in corso o subito dopo; oppure di ottenere, scontando un’attesa magari lunga e però misurabile, un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il termine precarietà, dunque, non connota semplicemente la natura del singolo contratto atipico, bensì la condizione sociale e umana che deriva dalla sequenza di questo tipo di contratti, nonché la probabilità – progressivamente più elevata a mano a mano che la sequenza si allunga – di non arrivare mai a uscirne. […] di conseguenza, la precarietà implica primariamente l’insicurezza, oggettiva e soggettiva. Insicurezza che, muovendo dalle condizioni di lavoro, diventa insicurezza delle condizioni di vita (Gallino, 2014, p. 8). Di fronte all’insicurezza, insieme ai percorsi lavorativi e per tramite di questi, anche le biografie individuali si differenziano non soltanto sul piano dei calendari e della cronologia degli eventi, della sequenzialità delle transizioni, ma anche sul piano dei progetti di vita e dei significati attribuiti alla sfera lavorativa in relazione alle altre (la vita affettiva, quella sociale, i modi di impiegare il tempo libero, ecc.). La varietà dei percorsi migratori che appartengono a questa seconda ondata – e, dunque, alle fasce di età più giovanili – riguarda in particolare soggetti che nel contesto di origine non riescono ad andare oltre il mercato del lavoro periferico, gli outsiders, costretti alla disoccupazione o intrappolati in carriere atipiche, ed anche esclusi da una piena cittadinanza sociale a causa della riduzione o assenza delle garanzie di welfare (diritti pensionistici, indennità di disoccupazione, indennità di maternità, cassa integrazione ecc.). I percorsi migratori di costoro appaiono dunque come una forma di reazione all’incertezza derivante da tali cambiamenti, che comporta una diversificazione dei percorsi di costruzione biografica e dei significati attribuiti ai percorsi migratori stessi. Queste diverse riposte limitano le interpretazioni deterministiche dei processi di mobilità territoriale in corso, riconoscendo l’esistenza di facoltà riflessive e spazi di interazione e autodeterminazione individuali e considerando gli effetti che, nei rispetti margini di intervento, gli individui generano a partire dalle condizioni strutturali. Il capitolo adotta quindi un approccio che si colloca a metà tra structure e agency e cerca di superare l’orientamento dicotomico che considera queste prospettive come in opposizione, riconoscendo il ruolo sia dei fattori strutturali che delle capacità, orientamenti e progettualità soggettive nella configurazione e riconfigurazione dei processi migratori. Questi ultimi vengono dunque considerati come il risultato di complesse interazioni tra decisioni, progetti e obiettivi individuali e opportunità e limiti contestuali (Massey et al., 1998, p. 281). Nel prossimo paragrafo ci concentreremo quindi sui tratti comuni dei tipi di processi migratori dell’ondata migratoria più recente e su come questi si distinguano da quelli dell’ondata precedente. Nel secondo paragrafo saranno affrontate le differenze di genere, ma in particolare quelle che emergono tra donne che appartengono a differenti coorti di età. Nelle osservazioni conclusive infine cercheremo di proporre una sintesi critica dei risultati ottenuti per mezzo di questo esercizio.
2019
9788897339908
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4724449
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