Sovranità e feudo sono concetti centrali nella riflessione politico-giuridica settecentesca che accompagna l’affermazione delle prerogative giurisdizionali dello Stato e guida il processo delle riforme. Nell’ottica di una piena attuazione dell’autorità statale, i diritti regi sono sostenuti da una documentata trattatistica di matrice giurisdizionalistica, alla quale si oppone una ricca produzione di stampo curialistico volta a salvaguardare le posizioni ecclesiastiche. Nel Regno di Napoli l’esercizio dell’autorità regia è da secoli condizionato, almeno sul piano formale, dallo status di feudo in cui il territorio si trova rispetto alla Sede Apostolica, che rivendica la sua alta sovranità sul Regno meridionale: i monarchi napoletani – quali feudatari del pontefice – devono da lui ricevere l’investitura. La condizione feudale del Regno napoletano è storicamente simboleggiata dall’esistenza delle enclaves pontificie di Benevento e Pontecorvo, delle quali il papa detiene il possesso e che stanno a testimoniare l’alto dominio esercitato dal papa sul territorio meridionale. Nel Settecento, la sopravvivenza di queste isole geopolitiche – da sempre mal tollerata dai sovrani napoletani – diventa un bersaglio privilegiato della polemica anticurialistica. Investitura e questione beneventana si intrecciano strettamente nella storia del Regno di Napoli, assurgendo a “pietra dello scandalo” e “carta di scambio” nelle varie occasioni di scontro tra la politica papale e quella regia. Le profonde trasformazioni del XVIII secolo contribuiscono a riattualizzare ed acuire la questione beneventana: il possesso di Benevento e il dominio temporale dei pontefici sul Mezzogiorno d’Italia sono temi sviluppati contestualmente nella trattatistica sullo Stato moderno prodotta sia nell’ambito del giurisdizionalismo napoletano, sia dall’opposto versante degli intellettuali curialisti. Non c’è dubbio che la “questione beneventana” investa la dimensione della statualità e che come tale diventi un argomento centrale della storiografia settecentesca: una questione di esercizio sia della sovranità interna – quale affermazione giurisdizionale dalla nuova dinastia borbonica – sia della sovranità esterna – quale elemento collegato alla politica internazionale concernente le relazioni interstatuali tra il Regno meridionale, lo Stato della Chiesa e le potenze rispettivamente allineate con l’uno o con l’altro. Teorizzazioni della statualità e ideologie del potere in cui il tema delle enclaves riveste da sempre un ruolo importante, per le numerose implicazioni derivanti sul piano giuridico, giurisdizionale, confinario, oltreché commerciale e fiscale. In particolare, al centro del dibattito vi sono l’extraterritorialità della città di Benevento e il rapporto interstatuale tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli analizzato secondo gli schemi teorici della feudistica, condensati nelle formule dell’ “alto dominio” e dell’ “utile dominio”, cui si continua a far ricorso fino alla fine del XVIII secolo e oltre.

Sovranità e feudo nel Settecento borbonico: la Santa Sede, il Regno di Napoli e la questione beneventana

Maria Anna Noto
2019-01-01

Abstract

Sovranità e feudo sono concetti centrali nella riflessione politico-giuridica settecentesca che accompagna l’affermazione delle prerogative giurisdizionali dello Stato e guida il processo delle riforme. Nell’ottica di una piena attuazione dell’autorità statale, i diritti regi sono sostenuti da una documentata trattatistica di matrice giurisdizionalistica, alla quale si oppone una ricca produzione di stampo curialistico volta a salvaguardare le posizioni ecclesiastiche. Nel Regno di Napoli l’esercizio dell’autorità regia è da secoli condizionato, almeno sul piano formale, dallo status di feudo in cui il territorio si trova rispetto alla Sede Apostolica, che rivendica la sua alta sovranità sul Regno meridionale: i monarchi napoletani – quali feudatari del pontefice – devono da lui ricevere l’investitura. La condizione feudale del Regno napoletano è storicamente simboleggiata dall’esistenza delle enclaves pontificie di Benevento e Pontecorvo, delle quali il papa detiene il possesso e che stanno a testimoniare l’alto dominio esercitato dal papa sul territorio meridionale. Nel Settecento, la sopravvivenza di queste isole geopolitiche – da sempre mal tollerata dai sovrani napoletani – diventa un bersaglio privilegiato della polemica anticurialistica. Investitura e questione beneventana si intrecciano strettamente nella storia del Regno di Napoli, assurgendo a “pietra dello scandalo” e “carta di scambio” nelle varie occasioni di scontro tra la politica papale e quella regia. Le profonde trasformazioni del XVIII secolo contribuiscono a riattualizzare ed acuire la questione beneventana: il possesso di Benevento e il dominio temporale dei pontefici sul Mezzogiorno d’Italia sono temi sviluppati contestualmente nella trattatistica sullo Stato moderno prodotta sia nell’ambito del giurisdizionalismo napoletano, sia dall’opposto versante degli intellettuali curialisti. Non c’è dubbio che la “questione beneventana” investa la dimensione della statualità e che come tale diventi un argomento centrale della storiografia settecentesca: una questione di esercizio sia della sovranità interna – quale affermazione giurisdizionale dalla nuova dinastia borbonica – sia della sovranità esterna – quale elemento collegato alla politica internazionale concernente le relazioni interstatuali tra il Regno meridionale, lo Stato della Chiesa e le potenze rispettivamente allineate con l’uno o con l’altro. Teorizzazioni della statualità e ideologie del potere in cui il tema delle enclaves riveste da sempre un ruolo importante, per le numerose implicazioni derivanti sul piano giuridico, giurisdizionale, confinario, oltreché commerciale e fiscale. In particolare, al centro del dibattito vi sono l’extraterritorialità della città di Benevento e il rapporto interstatuale tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli analizzato secondo gli schemi teorici della feudistica, condensati nelle formule dell’ “alto dominio” e dell’ “utile dominio”, cui si continua a far ricorso fino alla fine del XVIII secolo e oltre.
2019
978-88-9446-441-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4735172
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