Nella struttura dell’art. 2043 c.c. il termine danno – ascrivibile, come noto, a dolo o a colpa – compare due volte: la prima, nel riferimento al danno ingiusto - nella sua accezione di danno-evento, che va inteso come la lesione del bene o dell’interesse giuridico che è condizione necessaria ai fini del risarcimento -; la seconda volta alla fine della norma, laddove si sancisce l’obbligo, per colui che ha commesso il fatto, di risarcire il danno, e viene a configurarsi il c. d. danno-conseguenza – o evento-conseguenza, vale a dire la variazione in peius della situazione patrimoniale della vittima o l’eventuale danno morale, esistenziale o biologico prodotto. Fra i danni ingiusti sono annoverate le lesioni dei diritti soggettivi, fra i quali i diritti fondamentali della persona. Il danno-conseguenza si configura in base a una duplice connotazione: il danno in senso naturalistico e il danno in senso giuridico. Il primo consiste in qualsiasi alterazione o pregiudizio che abbia subìto una situazione in precedenza favorevole per il danneggiato, cui andranno ad aggiungersi anche tutte le altre conseguenze imprevedibili, dirette o indirette, in qualunque modo riferibili all’evento; il danno in senso giuridico è invece quello che la norma definisce risarcibile, secondo i criteri di valutazione riferibili al quantum previsti dall’art. 1223 e ss. c.c. Nel sistema del risarcimento del danno è indubbiamente notevole la rilevanza attribuita dalla dottrina alla previsione dell’art. 1221, per la parte in cui consente al debitore di sottrarsi alle sue responsabilità provando che «l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore»: talché risulta escluso l’addebito di qualunque danno risarcibile se l’agente riesce a provare che, indipendentemente dalla propria condotta dolosa o colposa, il pregiudizio si sarebbe comunque verificato. Per autorevole dottrina, perché sia risarcibile il danno deve essere conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo, non essendo sufficiente un generico rapporto di causa ed effetto. Il principio della consequenzialità diretta e immediata rappresenta il primo e fondamentale criterio finalizzato a selezionare, fra le molteplici ripercussioni pregiudizievoli dell’evento dannoso, quali andranno ascritte al soggetto individuato come responsabile dell’illecito. La Suprema Corte ammette che, in tema di fatto illecito, possano essere ricompresi nel risarcimento anche i danni indiretti e mediati, che si presentino come effetto normale, secondo il principio della cosiddetta regolarità causale. Rileva quindi la doppia valutazione di competenza del giudice: del nesso causale che collega la condotta dolosa soggettiva all’evento, e del nesso che collega all’evento il danno. Dal rilievo crescente oggi assunto dalle utilità che l’individuo è in grado di trarre dalla propria persona, scaturisce l’esigenza di privilegiare, nei confronti di una «patrimonialità del danno» che si esaurisca nel dato aritmetico-contabile, una concezione moderna del patrimonio ove esso rilevi quale entità strutturalmente unitaria e insieme di beni e utilità tra loro funzionalmente collegati. L’area della risarcibilità non è dunque definita da altre norme recanti divieti - e quindi costitutive di diritti, con conseguente tipicità dell’illecito -, bensì da una clausola generale espressa dalla formula «danno ingiusto», in virtù della quale è risarcibile il danno arrecato non iure. Le Sezioni Unite, nella sentenza di S. Martino (11 novembre 2008, n. 26973), delineando lo statuto risarcitorio del danno alla persona stabiliscono che il principio generale in tema di illecito civile è quello dell’integrale riparazione del danno che impone di dover provvedere al risarcimento di tutti gli aspetti della persona lesi. In precedenza la Consulta (sentenza n. 233/2003) aveva espressamente riconosciuto la categoria del danno esistenziale, da intendersi quale terza sottocategoria di danno non patrimoniale. Secondo altre decisioni di legittimità, il danno esistenziale consisterebbe in qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana, e si distinguerebbe sia dal danno biologico, perché non presuppone l’esistenza di una lesione in corpore, sia da quello morale, perché non costituirebbe un mero patema d’animo interiore di tipo soggettivo; in altre decisioni si afferma che nell’assetto vigente dell’ordinamento, basato sulla preminenza del dettato costituzionale - nel quale, all’art. 2, sono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo - , il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Per il tramite della rilettura costituzionalmente orientata dell’art. 2959 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, trova adeguata collocazione nella norma stessa anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.); come pure il danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. Alla luce della sentenza 7315/2018 della Cassazione, sia nell’ambito del danno esistenziale che in quello più ristretto del danno morale, sembra destinata a venir meno, sia pure in linea di principio, la necessità che il bene colpito vanti un «rango costituzionale». Per la medesima Corte: Il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell’uno come nell’altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria. Le analoghe “sentenze-decalogo” emanate dalle Sezioni semplici nel 2018 rappresentano una grande novità del diritto vivente e sono esemplificative di un nuovo modo di far giurisprudenza: esse hanno tracciato una linea interpretativa volta a riconoscere il dolore e la qualità della vita come voci autonome – disattendendo apparentemente contrarie indicazioni delle Sezioni Unite – delineando altresì lo statuto del nuovo modo con il quale sarà liquidato il danno non patrimoniale nel decennio a venire. Nella case law a titolo esemplificativo richiamata, rileva la responsabilità dell’ostetrico e del ginecologo, assieme al connesso risarcimento del danno.

Il risarcimento del danno. Il danno biologico, il danno morale, il danno esistenziale e il danno riflesso - Cap. IX

Annamaria Giulia Parisi
2019-01-01

Abstract

Nella struttura dell’art. 2043 c.c. il termine danno – ascrivibile, come noto, a dolo o a colpa – compare due volte: la prima, nel riferimento al danno ingiusto - nella sua accezione di danno-evento, che va inteso come la lesione del bene o dell’interesse giuridico che è condizione necessaria ai fini del risarcimento -; la seconda volta alla fine della norma, laddove si sancisce l’obbligo, per colui che ha commesso il fatto, di risarcire il danno, e viene a configurarsi il c. d. danno-conseguenza – o evento-conseguenza, vale a dire la variazione in peius della situazione patrimoniale della vittima o l’eventuale danno morale, esistenziale o biologico prodotto. Fra i danni ingiusti sono annoverate le lesioni dei diritti soggettivi, fra i quali i diritti fondamentali della persona. Il danno-conseguenza si configura in base a una duplice connotazione: il danno in senso naturalistico e il danno in senso giuridico. Il primo consiste in qualsiasi alterazione o pregiudizio che abbia subìto una situazione in precedenza favorevole per il danneggiato, cui andranno ad aggiungersi anche tutte le altre conseguenze imprevedibili, dirette o indirette, in qualunque modo riferibili all’evento; il danno in senso giuridico è invece quello che la norma definisce risarcibile, secondo i criteri di valutazione riferibili al quantum previsti dall’art. 1223 e ss. c.c. Nel sistema del risarcimento del danno è indubbiamente notevole la rilevanza attribuita dalla dottrina alla previsione dell’art. 1221, per la parte in cui consente al debitore di sottrarsi alle sue responsabilità provando che «l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore»: talché risulta escluso l’addebito di qualunque danno risarcibile se l’agente riesce a provare che, indipendentemente dalla propria condotta dolosa o colposa, il pregiudizio si sarebbe comunque verificato. Per autorevole dottrina, perché sia risarcibile il danno deve essere conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo, non essendo sufficiente un generico rapporto di causa ed effetto. Il principio della consequenzialità diretta e immediata rappresenta il primo e fondamentale criterio finalizzato a selezionare, fra le molteplici ripercussioni pregiudizievoli dell’evento dannoso, quali andranno ascritte al soggetto individuato come responsabile dell’illecito. La Suprema Corte ammette che, in tema di fatto illecito, possano essere ricompresi nel risarcimento anche i danni indiretti e mediati, che si presentino come effetto normale, secondo il principio della cosiddetta regolarità causale. Rileva quindi la doppia valutazione di competenza del giudice: del nesso causale che collega la condotta dolosa soggettiva all’evento, e del nesso che collega all’evento il danno. Dal rilievo crescente oggi assunto dalle utilità che l’individuo è in grado di trarre dalla propria persona, scaturisce l’esigenza di privilegiare, nei confronti di una «patrimonialità del danno» che si esaurisca nel dato aritmetico-contabile, una concezione moderna del patrimonio ove esso rilevi quale entità strutturalmente unitaria e insieme di beni e utilità tra loro funzionalmente collegati. L’area della risarcibilità non è dunque definita da altre norme recanti divieti - e quindi costitutive di diritti, con conseguente tipicità dell’illecito -, bensì da una clausola generale espressa dalla formula «danno ingiusto», in virtù della quale è risarcibile il danno arrecato non iure. Le Sezioni Unite, nella sentenza di S. Martino (11 novembre 2008, n. 26973), delineando lo statuto risarcitorio del danno alla persona stabiliscono che il principio generale in tema di illecito civile è quello dell’integrale riparazione del danno che impone di dover provvedere al risarcimento di tutti gli aspetti della persona lesi. In precedenza la Consulta (sentenza n. 233/2003) aveva espressamente riconosciuto la categoria del danno esistenziale, da intendersi quale terza sottocategoria di danno non patrimoniale. Secondo altre decisioni di legittimità, il danno esistenziale consisterebbe in qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana, e si distinguerebbe sia dal danno biologico, perché non presuppone l’esistenza di una lesione in corpore, sia da quello morale, perché non costituirebbe un mero patema d’animo interiore di tipo soggettivo; in altre decisioni si afferma che nell’assetto vigente dell’ordinamento, basato sulla preminenza del dettato costituzionale - nel quale, all’art. 2, sono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo - , il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Per il tramite della rilettura costituzionalmente orientata dell’art. 2959 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, trova adeguata collocazione nella norma stessa anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.); come pure il danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. Alla luce della sentenza 7315/2018 della Cassazione, sia nell’ambito del danno esistenziale che in quello più ristretto del danno morale, sembra destinata a venir meno, sia pure in linea di principio, la necessità che il bene colpito vanti un «rango costituzionale». Per la medesima Corte: Il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell’uno come nell’altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria. Le analoghe “sentenze-decalogo” emanate dalle Sezioni semplici nel 2018 rappresentano una grande novità del diritto vivente e sono esemplificative di un nuovo modo di far giurisprudenza: esse hanno tracciato una linea interpretativa volta a riconoscere il dolore e la qualità della vita come voci autonome – disattendendo apparentemente contrarie indicazioni delle Sezioni Unite – delineando altresì lo statuto del nuovo modo con il quale sarà liquidato il danno non patrimoniale nel decennio a venire. Nella case law a titolo esemplificativo richiamata, rileva la responsabilità dell’ostetrico e del ginecologo, assieme al connesso risarcimento del danno.
2019
9788849539035
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4742857
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact