Questo articolo parla di ‘libertà’ e di come l’organismo statale ne possa essere il promotore. Il punto problematico però è che a tale concetto si ricollegano delle visioni assai diverse, e persino parzialmente incompatibili. Parleremo pertanto di libertà politica, economica e sociale, per distinguerle, e lo faremo perloppiù con l’aiuto dei classici del pensiero sociologico. A partire dalla proposta weberiana di Stato – dalla quale sembra piuttosto emergere un organismo che contrasta la libertà politica a causa della razionalizzazione delle procedure cui esso stesso è sottoposto per tramite dei funzionari – considereremo due visioni teoriche accomunate dal fatto di ritenere lo Stato un organismo che piuttosto dà impulso alla libertà individuale: l’ordoliberalismo tedesco, per il quale ha senso parlare di libertà economica, e la proposta durkheimiana di libertà sociale, oggi riattualizzata da Axel Honneth e altri. Mentre la prima è ben rappresentata dall’operatore di mercato, dall’individuo auto-responsabile in competizione con altri individui, la seconda è piuttosto un tipo di libertà che attribuisce all’individuo precisi obblighi verso-gli-altri e condizionata da impegni sociali. Se la libertà politica e quella economica sono debitrici della tradizione ‘liberale’ classica (Costant 1819, tr. 1992; Berlin 1959, tr. 2000; Bobbio 1995) – che non considereremo in questa sede – per la quale libertà è possibilità di procedere senza ostacoli e senza costrizioni esterne alla realizzazione di obiettivi e propositi posti autonomamente, l’ultima ha radici diverse, in quanto rivendica il valore della dimensione societaria e solidaristica, oltre, e non contro, quella individuale. Rivendica, in altre parole, il valore del ‘sociale’.

Lo Stato della libertà, oltre Weber. Dalla ‘libertà dallo Stato’ alle ‘libertà dello Stato’

massimo pendenza
2021-01-01

Abstract

Questo articolo parla di ‘libertà’ e di come l’organismo statale ne possa essere il promotore. Il punto problematico però è che a tale concetto si ricollegano delle visioni assai diverse, e persino parzialmente incompatibili. Parleremo pertanto di libertà politica, economica e sociale, per distinguerle, e lo faremo perloppiù con l’aiuto dei classici del pensiero sociologico. A partire dalla proposta weberiana di Stato – dalla quale sembra piuttosto emergere un organismo che contrasta la libertà politica a causa della razionalizzazione delle procedure cui esso stesso è sottoposto per tramite dei funzionari – considereremo due visioni teoriche accomunate dal fatto di ritenere lo Stato un organismo che piuttosto dà impulso alla libertà individuale: l’ordoliberalismo tedesco, per il quale ha senso parlare di libertà economica, e la proposta durkheimiana di libertà sociale, oggi riattualizzata da Axel Honneth e altri. Mentre la prima è ben rappresentata dall’operatore di mercato, dall’individuo auto-responsabile in competizione con altri individui, la seconda è piuttosto un tipo di libertà che attribuisce all’individuo precisi obblighi verso-gli-altri e condizionata da impegni sociali. Se la libertà politica e quella economica sono debitrici della tradizione ‘liberale’ classica (Costant 1819, tr. 1992; Berlin 1959, tr. 2000; Bobbio 1995) – che non considereremo in questa sede – per la quale libertà è possibilità di procedere senza ostacoli e senza costrizioni esterne alla realizzazione di obiettivi e propositi posti autonomamente, l’ultima ha radici diverse, in quanto rivendica il valore della dimensione societaria e solidaristica, oltre, e non contro, quella individuale. Rivendica, in altre parole, il valore del ‘sociale’.
2021
978-88-351-1603-5
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