Quando si parla di responsabilità, il riferimento alla libertà è inevitabile. Non c’è l’una in assenza dell’altra. Tant’è che non esiste un equivalente di responsabilità individuale nelle società antiche, dove ancora l’idea di soggetto libero che spezza le leggi deterministiche della natura è assente o debole. Nello specifico, un’azione può essere definita responsabile solamente quando compiuta intenzionalmente e volontariamente, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Per essere responsabili bisogna quindi innanzitutto essere pienamente ‘liberi di’ agire, di esercitare, cioè, la propria libertà ‘postiva’ (Berlin 1969). Il che significa che la responsabilità dipende dallo sviluppo della società e dal tipo di libertà che lo Stato sostiene. Non a caso, lo studio weberiano sull’agire razionale rispetto allo scopo riflette il suo interesse verso la teoria dello Stato. Ciò che emerge è che nella società moderna la responsabilità individuale è protesa al massimo: a partire dalla politica, in cui la Verantwortungsethik (etica della responsabilità) domina sulla vecchia Gesinnungsethik (etica della convinzione); fino alla società civile, in cui il calvinista, protagonista indiscusso della nascita e dello sviluppo del Geist capitalistico, è slegato dai legami sociali tradizionali e, rifugiatosi in una dimensione individuale, vive conscio del fatto che il successo o il fallimento dipendono dal tipo di condotta etica scelta. Una condotta che, tuttavia, appare giusta solo se segue dei valori etici determinati che attengono per lo più alla sfera economica e che, più precisamente, si concretizzano nella valorizzazione dell’interesse e nella moralizzazione del lavoro. La scelta di fronte alla quale il protestante si trova è, in altre parole, legata ad una specifica libertà che lo Stato moderno sostiene: quella di mercato. Da qui l’idea che Weber sia stato uno dei primi ad assistere al lento processo di rovesciamento della doxa vigente tale per cui l’individuo, lungi dall’essere considerato un ‘prodotto’ dell’ambiente circostante, è viceversa ritenuto il solo responsabile della propria sorte e ogni sua attività guidata da uno spirito competitivo . Un processo, questo, che ha seguito un’impennata nel corso del tempo, soprattutto con l’avvento del neo-liberalismo, quando l’idea di un individuo dotato di una morale e di una libertà congenite rende, da una parte, lo Stato un guardiano dedito a sorvegliare la difesa di questi principi individuali e, dall’altra, il mercato l’unico luogo nel quale sarà possibile esercitare la propria libertà di agire (libertà positiva).

Dall'"etica della responsabilità" a quella del "self-responsibility". La libertà positiva del soggetto moderno

Vanessa LAMATTINA
2021-01-01

Abstract

Quando si parla di responsabilità, il riferimento alla libertà è inevitabile. Non c’è l’una in assenza dell’altra. Tant’è che non esiste un equivalente di responsabilità individuale nelle società antiche, dove ancora l’idea di soggetto libero che spezza le leggi deterministiche della natura è assente o debole. Nello specifico, un’azione può essere definita responsabile solamente quando compiuta intenzionalmente e volontariamente, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Per essere responsabili bisogna quindi innanzitutto essere pienamente ‘liberi di’ agire, di esercitare, cioè, la propria libertà ‘postiva’ (Berlin 1969). Il che significa che la responsabilità dipende dallo sviluppo della società e dal tipo di libertà che lo Stato sostiene. Non a caso, lo studio weberiano sull’agire razionale rispetto allo scopo riflette il suo interesse verso la teoria dello Stato. Ciò che emerge è che nella società moderna la responsabilità individuale è protesa al massimo: a partire dalla politica, in cui la Verantwortungsethik (etica della responsabilità) domina sulla vecchia Gesinnungsethik (etica della convinzione); fino alla società civile, in cui il calvinista, protagonista indiscusso della nascita e dello sviluppo del Geist capitalistico, è slegato dai legami sociali tradizionali e, rifugiatosi in una dimensione individuale, vive conscio del fatto che il successo o il fallimento dipendono dal tipo di condotta etica scelta. Una condotta che, tuttavia, appare giusta solo se segue dei valori etici determinati che attengono per lo più alla sfera economica e che, più precisamente, si concretizzano nella valorizzazione dell’interesse e nella moralizzazione del lavoro. La scelta di fronte alla quale il protestante si trova è, in altre parole, legata ad una specifica libertà che lo Stato moderno sostiene: quella di mercato. Da qui l’idea che Weber sia stato uno dei primi ad assistere al lento processo di rovesciamento della doxa vigente tale per cui l’individuo, lungi dall’essere considerato un ‘prodotto’ dell’ambiente circostante, è viceversa ritenuto il solo responsabile della propria sorte e ogni sua attività guidata da uno spirito competitivo . Un processo, questo, che ha seguito un’impennata nel corso del tempo, soprattutto con l’avvento del neo-liberalismo, quando l’idea di un individuo dotato di una morale e di una libertà congenite rende, da una parte, lo Stato un guardiano dedito a sorvegliare la difesa di questi principi individuali e, dall’altra, il mercato l’unico luogo nel quale sarà possibile esercitare la propria libertà di agire (libertà positiva).
2021
9788835115786
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4758972
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