Il contributo intende presentare una panoramica sulla diffusione geografica degli allevamenti intensivi in Italia, a partire dai dati ISTAT e dagli studi esistenti, provando a fare chiarezza tra le posizioni di chi ne attesta gli impatti negativi sull'ecosistema e chi ne ridimensiona la portata. L'incertezza in proposito nasce dal numero ancora ridotto di ricerche scientifiche sul tema. Uno dei primi studi di ampia portata è del 2006, allorché la Fao pubblica un rapporto (Livestock’s long shadow) secondo cui l’allevamento animale rappresenta una grande minaccia per l’ambiente, con un impatto profondo e diffuso. Le principali imputazioni contro gli allevamenti intensivi riguardano il consumo idrico, la dispersione dei reflui nei suoli e nelle acque, l'emissione di gas serra nell'atmosfera (in particolare biossido di carbonio, metano e protossido di azoto). Vi si aggiungono gli effetti collaterali: dall'ingente produzione di cereali destinati al consumo animale alla deforestazione, all'erosione dei suoli, alla perdita di biodiversità per arrivare all'ingiustizia sociale e alla diffusione di patologie. I dati attestano tuttavia un incremento del consumo di carne: secondo lo Statistical Year Book della FAO (2020), la produzione complessiva mondiale dal 2000 al 2018 è aumentata del 32%, passando da 233 a 342 milioni di tonnellate all'anno, destinati a diventare 465 milioni entro il 2050. Le criticità legate all'ambiente e alla salute collettiva, tuttavia, nonché la maggiore sensibilizzazione dei consumatori verso il benessere degli animali, stanno favorendo l'orientamento verso altre soluzioni (allevamenti estensivi) e maggiormente rispettose della natura e degli animali stessi. Si tratta di un processo di cambiamento culturale ancora in atto, ma favorito da iniziative formative (come le fattorie didattiche) e dall'esistenza di alcune produzioni italiane legate a pratiche di allevamento alternative, con prospettive diverse e più sostenibili per il futuro del comparto.
GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI IN ITALIA TRA FOOD SAFETY E SOSTENIBILITÀ. UN’ANALISI GEOGRAFICA
Silvia Siniscalchi
2022-01-01
Abstract
Il contributo intende presentare una panoramica sulla diffusione geografica degli allevamenti intensivi in Italia, a partire dai dati ISTAT e dagli studi esistenti, provando a fare chiarezza tra le posizioni di chi ne attesta gli impatti negativi sull'ecosistema e chi ne ridimensiona la portata. L'incertezza in proposito nasce dal numero ancora ridotto di ricerche scientifiche sul tema. Uno dei primi studi di ampia portata è del 2006, allorché la Fao pubblica un rapporto (Livestock’s long shadow) secondo cui l’allevamento animale rappresenta una grande minaccia per l’ambiente, con un impatto profondo e diffuso. Le principali imputazioni contro gli allevamenti intensivi riguardano il consumo idrico, la dispersione dei reflui nei suoli e nelle acque, l'emissione di gas serra nell'atmosfera (in particolare biossido di carbonio, metano e protossido di azoto). Vi si aggiungono gli effetti collaterali: dall'ingente produzione di cereali destinati al consumo animale alla deforestazione, all'erosione dei suoli, alla perdita di biodiversità per arrivare all'ingiustizia sociale e alla diffusione di patologie. I dati attestano tuttavia un incremento del consumo di carne: secondo lo Statistical Year Book della FAO (2020), la produzione complessiva mondiale dal 2000 al 2018 è aumentata del 32%, passando da 233 a 342 milioni di tonnellate all'anno, destinati a diventare 465 milioni entro il 2050. Le criticità legate all'ambiente e alla salute collettiva, tuttavia, nonché la maggiore sensibilizzazione dei consumatori verso il benessere degli animali, stanno favorendo l'orientamento verso altre soluzioni (allevamenti estensivi) e maggiormente rispettose della natura e degli animali stessi. Si tratta di un processo di cambiamento culturale ancora in atto, ma favorito da iniziative formative (come le fattorie didattiche) e dall'esistenza di alcune produzioni italiane legate a pratiche di allevamento alternative, con prospettive diverse e più sostenibili per il futuro del comparto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.