The inspirational, strategic and rhetorical role of the photographic paradigm in the poetics and artistic production of Yves Klein is well known (as shown, among others, by Jean-Michel Bouhours, Nicole Everaert-Desmedt, Alexandra Müller and Denis Riout) - at least as much as that, on several counts complementary and no less articulate and partisan, of literary and philosophical exemplarity (Bachelard above all). I will dwell on the iconology at play in the various occasions and discursive variations around his being an artist, rather than on the indexical iconography - or ichnography - of some of Yves le Monochrome's works and performances. Having found in an edition of Delacroix's Journal edited by René Huyghe the idea of painting as a "trace of the immediate", precisely like photography, Klein will say that his dream is "to become a journalist-reporter" (Klein 2003: 218, 282 ff.). In the light of this curious self-portrait, I will also interrogate the construction of Klein's performative auto-fiction as an artist of the immaterial from a summer day in 1947 on the beach in Nice, désœuvré and empty-handed in front of a cloudless blue sky - not far from, among other things, the first version of André Bazin's founding article on the ontology of the analogue photographic image, contemporary with the first edition of André Malraux's Musée imaginaire, Sartre's Baudelaire and Situations I, but also with the establishment of the Magnum agency in Paris, and the subject of several retrospective takes and variations in a repeated narrative staging of such a primary and autobiographical scene, already richly intertextual in itself.

Il ruolo ispiratore, strategico e retorico del paradigma fotografico nella poetica e nella produzione artistica di Yves Klein è ben noto (come hanno mostrato, tra gli altri, Jean-Michel Bouhours, Nicole Everaert-Desmedt, Alexandra Müller e Denis Riout) – almeno quanto quello, a più titoli complementare e non meno articolato e partigiano, dell’esemplarità letteraria e filosofica (Bachelard su tutti). Mi soffermerò sull’iconologia in gioco nelle diverse occasioni e variazioni discorsive intorno al suo essere artista, piuttosto che sull’iconografia indessicale di alcune opere e performance di Yves le Monochrome. Ritrovata in un’edizione del Journal di Delacroix curata da René Huyghe l’idea della pittura come “traccia dell’immediato”, appunto come la fotografia, Klein dirà che il suo sogno è “diventare un giornalista-reporter” (Klein 2003: 218, 282 ss.). Alla luce di questo curioso autoritratto, interrogherò anche la costruzione dell’autofiction performativa di Klein in quanto artista dell’immateriale a partire da un giorno d’estate del 1947 sulla spiaggia di Nizza, désœuvré e a mani vuote di fronte un cielo blu senza nuvole - non lontana, tra l’altro, dalla prima versione dell’articolo fondativo di André Bazin sull’ontologia dell’immagine fotografica analogica, contemporanea alla prima edizione di Musée imaginaire di André Malraux, a Baudelaire e Situations I di Sartre, ma anche all’istituzione dell’agenzia Magnum a Parigi, e oggetto di diverse riprese e variazioni retrospettive in un reiterato allestimento narrativo di tale scena primaria e autobiografica, già di per sé riccamente intertestuale.

Tracce dell’immediato e miti illustrati. Ritratto dell’artista come fotoreporter

Filippo Fimiani
2022-01-01

Abstract

The inspirational, strategic and rhetorical role of the photographic paradigm in the poetics and artistic production of Yves Klein is well known (as shown, among others, by Jean-Michel Bouhours, Nicole Everaert-Desmedt, Alexandra Müller and Denis Riout) - at least as much as that, on several counts complementary and no less articulate and partisan, of literary and philosophical exemplarity (Bachelard above all). I will dwell on the iconology at play in the various occasions and discursive variations around his being an artist, rather than on the indexical iconography - or ichnography - of some of Yves le Monochrome's works and performances. Having found in an edition of Delacroix's Journal edited by René Huyghe the idea of painting as a "trace of the immediate", precisely like photography, Klein will say that his dream is "to become a journalist-reporter" (Klein 2003: 218, 282 ff.). In the light of this curious self-portrait, I will also interrogate the construction of Klein's performative auto-fiction as an artist of the immaterial from a summer day in 1947 on the beach in Nice, désœuvré and empty-handed in front of a cloudless blue sky - not far from, among other things, the first version of André Bazin's founding article on the ontology of the analogue photographic image, contemporary with the first edition of André Malraux's Musée imaginaire, Sartre's Baudelaire and Situations I, but also with the establishment of the Magnum agency in Paris, and the subject of several retrospective takes and variations in a repeated narrative staging of such a primary and autobiographical scene, already richly intertextual in itself.
2022
9788833644639
Il ruolo ispiratore, strategico e retorico del paradigma fotografico nella poetica e nella produzione artistica di Yves Klein è ben noto (come hanno mostrato, tra gli altri, Jean-Michel Bouhours, Nicole Everaert-Desmedt, Alexandra Müller e Denis Riout) – almeno quanto quello, a più titoli complementare e non meno articolato e partigiano, dell’esemplarità letteraria e filosofica (Bachelard su tutti). Mi soffermerò sull’iconologia in gioco nelle diverse occasioni e variazioni discorsive intorno al suo essere artista, piuttosto che sull’iconografia indessicale di alcune opere e performance di Yves le Monochrome. Ritrovata in un’edizione del Journal di Delacroix curata da René Huyghe l’idea della pittura come “traccia dell’immediato”, appunto come la fotografia, Klein dirà che il suo sogno è “diventare un giornalista-reporter” (Klein 2003: 218, 282 ss.). Alla luce di questo curioso autoritratto, interrogherò anche la costruzione dell’autofiction performativa di Klein in quanto artista dell’immateriale a partire da un giorno d’estate del 1947 sulla spiaggia di Nizza, désœuvré e a mani vuote di fronte un cielo blu senza nuvole - non lontana, tra l’altro, dalla prima versione dell’articolo fondativo di André Bazin sull’ontologia dell’immagine fotografica analogica, contemporanea alla prima edizione di Musée imaginaire di André Malraux, a Baudelaire e Situations I di Sartre, ma anche all’istituzione dell’agenzia Magnum a Parigi, e oggetto di diverse riprese e variazioni retrospettive in un reiterato allestimento narrativo di tale scena primaria e autobiografica, già di per sé riccamente intertestuale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4817651
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