Trattasi dell’introduzione alla raccolta di scritti pubblicata in occasione del decennale della scomparsa di Alfonso Catania. Il suo itinerario di ricerca, al confronto con l’attuale filosofia del diritto, sembra una ferrovia dismessa, un tempo percorsa da numerosi treni e tutti moderni, ma ora ricoperta da erbacce, quasi isolata dal resto della rete e ricordata solo da nostalgici di un tempo in cui fare filosofia del diritto significava fare teoria, nientemeno che generale, del diritto. E tuttavia, della filosofia del diritto di Alfonso Catania è rimasto molto, ne è rimasto il «seme». Fare filosofia del diritto per Alfonso Catania equivaleva, innanzitutto, a conoscere il diritto. Conoscere il diritto significa, in primo luogo, assumere il punto di vista esterno, il che equivale a mantenersi all’altezza di un compito della filosofia del diritto che era ed è tuttora quello critico: far vedere il diritto non per quello che dicono i suoi utenti, ma per quello che esso è, al di là dell’esoterismo che ha sempre circonfuso il sapere giuridico. Ma fare filosofia del diritto per Alfonso Catania significava al tempo stesso riconoscere il diritto. Significa non rassegnarsi all’idea che dietro al velo del diritto non vi sia altro che il volto pietrificante della Gorgone, che non sia possibile distinguerlo da una banda di briganti; e significa, quindi, che esso non serve solo per sanzionare negativamente una realtà riottosa alle sue pretese normalizzanti, ma è anche tecnica promozionale, posta neutralmente al servizio della vasta fenomenologia storica degli interessi dei suoi utenti comuni.
Alfonso Catania dieci anni dopo. E oltre
Bisogni, Giovanni
2023
Abstract
Trattasi dell’introduzione alla raccolta di scritti pubblicata in occasione del decennale della scomparsa di Alfonso Catania. Il suo itinerario di ricerca, al confronto con l’attuale filosofia del diritto, sembra una ferrovia dismessa, un tempo percorsa da numerosi treni e tutti moderni, ma ora ricoperta da erbacce, quasi isolata dal resto della rete e ricordata solo da nostalgici di un tempo in cui fare filosofia del diritto significava fare teoria, nientemeno che generale, del diritto. E tuttavia, della filosofia del diritto di Alfonso Catania è rimasto molto, ne è rimasto il «seme». Fare filosofia del diritto per Alfonso Catania equivaleva, innanzitutto, a conoscere il diritto. Conoscere il diritto significa, in primo luogo, assumere il punto di vista esterno, il che equivale a mantenersi all’altezza di un compito della filosofia del diritto che era ed è tuttora quello critico: far vedere il diritto non per quello che dicono i suoi utenti, ma per quello che esso è, al di là dell’esoterismo che ha sempre circonfuso il sapere giuridico. Ma fare filosofia del diritto per Alfonso Catania significava al tempo stesso riconoscere il diritto. Significa non rassegnarsi all’idea che dietro al velo del diritto non vi sia altro che il volto pietrificante della Gorgone, che non sia possibile distinguerlo da una banda di briganti; e significa, quindi, che esso non serve solo per sanzionare negativamente una realtà riottosa alle sue pretese normalizzanti, ma è anche tecnica promozionale, posta neutralmente al servizio della vasta fenomenologia storica degli interessi dei suoi utenti comuni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.