Il presente articolo si interroga sulla legittimità del divieto di indossare il velo islamico (e, più in generale, indumenti atti a dissimulare il viso) proponendo un’analisi comparata della giurisprudenza degli organi internazionali che ne hanno interpretato l’uso quale espressione del diritto fondamentale alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Nel tentativo di individuare i corretti parametri interpretativi per promuovere, garantire ed equilibrare la diversità e la libertà, la Corte europea dei Diritti umani, la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, propongono, però, conclusioni non del tutto convergenti. Cionondimeno, le pronunce esaminate rimangono degne di nota, non solo nell’ottica di riconoscere le esigenze del “living togheter” quale legittimo obiettivo ai fini della limitazione della libertà di religione, quanto anche nel quadro della “autonomia interpretativa” delle istituzioni internazionali in tema di forum externum della libertà di religione e diritto di indossare il velo islamico oltre che, infine e soprattutto, nella prospettiva di rafforzare il ruolo delle istituzioni sovranazionali nella promozione e nel monitoraggio del rispetto degli standard internazionali da parte degli Stati.
Il divieto di velo islamico nella giurisprudenza internazionale: tra parità di genere, neutralità religiosa e living together/The Ban on the Islamic Veil in International Jurisprudence: Between Gender Equality, Religious Neutrality, and “Living Together”
oriolo
2023-01-01
Abstract
Il presente articolo si interroga sulla legittimità del divieto di indossare il velo islamico (e, più in generale, indumenti atti a dissimulare il viso) proponendo un’analisi comparata della giurisprudenza degli organi internazionali che ne hanno interpretato l’uso quale espressione del diritto fondamentale alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Nel tentativo di individuare i corretti parametri interpretativi per promuovere, garantire ed equilibrare la diversità e la libertà, la Corte europea dei Diritti umani, la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, propongono, però, conclusioni non del tutto convergenti. Cionondimeno, le pronunce esaminate rimangono degne di nota, non solo nell’ottica di riconoscere le esigenze del “living togheter” quale legittimo obiettivo ai fini della limitazione della libertà di religione, quanto anche nel quadro della “autonomia interpretativa” delle istituzioni internazionali in tema di forum externum della libertà di religione e diritto di indossare il velo islamico oltre che, infine e soprattutto, nella prospettiva di rafforzare il ruolo delle istituzioni sovranazionali nella promozione e nel monitoraggio del rispetto degli standard internazionali da parte degli Stati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.